Sentenza n. 79 del 1996

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SENTENZA N.79

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 8 e 9, della legge della Regione Lombardia 9 settembre 1989, n. 42 (Integrazioni e modifiche alla L.R. 28 giugno 1988, n. 37 "Piano di organizzazione dei servizi per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e norme in materia di raccolta e smaltimento differenziati dei rifiuti urbani") promossi con ordinanze emesse dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia il 14 giugno-17 ottobre 1994, l'8 marzo 1995, l'11 maggio 1995, il 17 maggio 1995 ed il 29 maggio 1995, rispettivamente iscritte ai nn. 251, 422, 423, 490 e 494 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 19, 28 e 38, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visti gli atti di costituzione di Giovanni Comi ed altri, del Comune di Carimate, della Gesam s.p.a., del Comune di Cantù, della Progesam Ecosistemi s.r.l., della Simec s.p.a. e del Comune di Cerro Maggiore;

udito nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1995 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

uditi gli avvocati Gustavo Romanelli per Giovanni Comi ed altri, Luigi Manzi per il Comune di Carimate, Federico Sorrentino per il Comune di Cantù, Aldo Travi e Fabio Lorenzoni per il Comune di Cerro Maggiore, Giuseppe F. Ferrari per la Gesam s.p.a., Giuseppe F. Ferrari e Beniamino Caravita di Toritto per la Progesam Ecosistemi s.r.l., Carlo Mezzanotte per la Simec s.p.a.

Ritenuto in fatto

 

1. -- Con ordinanza emessa il 14 giugno-17 ottobre 1994 (R.O. n. 251 del 1995) nel corso di un procedimento promosso da Giovanni Comi ed altri per l'annullamento della delibera della Giunta regionale della Lombardia di autorizzazione alla costruzione e gestione di una discarica di rifiuti solidi urbani nel Comune di Carimate, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha sollevato, in riferimento agli artt. 117, primo comma, 128 e 97, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 8 e 9, della legge della Regione Lombardia 9 settembre 1989, n. 42 (Integrazioni e modifiche alla L.R. 28 giugno 1988, n. 37 "Piano di organizzazione dei servizi per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e norme in materia di raccolta e smaltimento differenziati dei rifiuti urbani").

La disposizione denunciata prevede, al comma 8, che la Giunta regionale, competente a valutare la conformità alle norme vigenti dei progetti proposti per la realizzazione e gestione di pubbliche discariche controllate di rifiuti solidi urbani e ad ammetterli determinandone la localizzazione ed il bacino d'utenza, si avvale, per gli adempimenti istruttori, di un apposito gruppo di valutazione composto dai responsabili dei servizi regionali interessati. La stessa disposizione stabilisce, al comma 9, che alle riunioni del gruppo di valutazione sono invitati, per l'esame dei singoli progetti, il presidente della Provincia, il sindaco del Comune interessato e, là dove esista, il presidente del consorzio di smaltimento.

Il giudice rimettente osserva che il procedimento previsto dal legislatore regionale è diverso dal modello prefigurato dal legislatore statale. Difatti il decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, nel dettare disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti, stabilisce all'art. 3-bis (introdotto dalla legge di conversione 29 ottobre 1987, n. 441) che la giunta regionale approva i progetti dei nuovi impianti di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti sulla base delle risultanze di una apposita conferenza, alla quale partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti ed i rappresentanti degli enti locali interessati; la conferenza acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali. L'approvazione del progetto costituisce inoltre, se occorre, variante dello strumento urbanistico generale.

La Regione Lombardia aveva in precedenza recepito l'istituto della conferenza tra amministrazioni e uffici interessati (art. 7 della legge regionale 28 giugno 1988, n. 37). Con la disposizione denunciata, invece, alla conferenza è stato sostituito un gruppo di valutazione, alla cui riunione sono invitati a partecipare i sindaci dei Comuni interessati. Successivamente la Regione Lombardia ha introdotto nuovamente la conferenza di servizi (art. 24 della legge regionale 1° luglio 1993, n. 21).

Il giudice rimettente ritiene che la disposizione denunciata violi l'art. 117, primo comma, della Costituzione, per contrasto con la normativa statale di principio, che costituisce un limite per il legislatore regionale. Il principio viene individuato nell'obbligo, che si ritiene espresso dall'art. 3-bis del decreto-legge n. 361 del 1987, di coinvolgere i Comuni nel procedimento di localizzazione delle discariche, in quanto l'approvazione del progetto costituisce variante dello strumento urbanistico generale. L'autonomia comunale sarebbe salvaguardata dalla conferenza di servizi tra enti istituzionalmente competenti ad esprimere valutazioni o provvedimenti finali, ma non dal mero invito a partecipare alle riunioni del gruppo di valutazione, che è un organismo tecnico-burocratico dell'amministrazione regionale.

Ad avviso del giudice rimettente, la disposizione denunciata lederebbe anche, in contrasto con l'art. 128 della Costituzione, l'autonomia del Comune quale ente interessato all'assetto ed alla utilizzazione del territorio. Inoltre il procedimento delineato dalla legge regionale non sarebbe ragionevole né congruo rispetto allo scopo di concentrare i vari momenti valutativi e provvedimentali del procedimento; quindi sarebbe in contrasto con l'art. 97 della Costituzione.

Nonostante sia sopravvenuta una modifica normativa che ha introdotto nuovamente la conferenza per la localizzazione delle discariche, in modo da coinvolgere gli enti locali interessati, la questione di legittimità costituzionale, ad avviso del giudice rimettente, sarebbe ancora rilevante. Difatti la legittimità dei provvedimenti impugnati dovrebbe essere giudicata in base alla legge vigente nel tempo in cui gli stessi sono stati emanati.

1.2. -- Nel giudizio dinanzi alla Corte si sono costituiti Giovanni Comi ed altri, chiedendo che si dichiari l'illegittimità costituzionale della disposizione denunciata.

Richiamate le competenze dei Comuni nell'impianto e nell'esercizio del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani (art. 1 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578; art. 9 della legge 20 marzo 1941, n. 366; art. 3, primo comma, del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915), le parti private sottolineano che, secondo la normativa statale, i Comuni stessi esercitano un controllo diretto sulla ubicazione delle discariche nel loro territorio, presentando progetti e partecipando alle conferenze di servizi previste per l'approvazione dei progetti stessi.

Viceversa, l'invito al Comune a partecipare alle riunioni di un gruppo di valutazione tecnico-burocratico, composto dai responsabili di servizi regionali, che esamina progetti presentati anche direttamente da privati, priverebbe il Comune stesso della garanzia di partecipare al procedimento che modifica gli strumenti urbanistici locali. Sarebbe così leso non solo l'art. 117 della Costituzione, per contrasto con principi fondamentali stabiliti da leggi dello Stato, ma anche il principio autonomistico, garantito dagli artt. 5 e 128 della Costituzione, ed il principio di buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione, stabilito dall'art. 97 della Costituzione, in quanto la procedura prevista dalla disposizione regionale denunciata vanificherebbe le manifestazioni di volontà dei Comuni. Sarebbero violati anche gli artt. 5 e 114 della Costituzione, giacché la legge regionale, attribuendo esclusivo rilievo alle determinazioni dell'amministrazione regionale, disconoscerebbe le autonomie degli enti locali.

1.3. -- Si è costituito in giudizio il Comune di Carimate, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia accolta e riservandosi di illustrare con successiva memoria le proprie ragioni.

1.4. -- Si è costituita anche la società Gesam (Gestione servizi ambientali s.p.a.), eccependo anzitutto la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, giacché l'ordinanza di rimessione mancherebbe della precisa e concreta determinazione dell'oggetto della controversia dedotta dinanzi al Tribunale amministrativo regionale che ha sollevato la questione.

Nel merito, la questione sarebbe manifestamente infondata. Le Regioni hanno una competenza costituzionalmente garantita, già riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 183 del 1987), nella materia della protezione ambientale, che comprende lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. In questo ambito la potestà legislativa regionale si esercita senza dover riprodurre pedissequamente le disposizioni della legge quadro statale, sicché l'art. 3-bis del decreto-legge n. 361 del 1987 non vincolerebbe il legislatore regionale tanto da rendere assolutamente intangibile il procedimento di approvazione dei progetti delle discariche controllate. Se ne deduce che o alla legislazione regionale è stato riservato un margine di discrezionalità per specificare i principi della legislazione statale o, alternativamente, la legge statale contiene anche norme di dettaglio e cede quindi nei confronti della legislazione regionale.

La società Gesam ritiene che la legge regionale si sarebbe, in ogni caso, limitata ad apportare modifiche marginali o nominalistiche al coinvolgimento degli enti locali nel procedimento previsto dalla legge statale, definendo meglio la fase istruttoria. Non sarebbe quindi in nessun caso violato l'art. 117 della Costituzione. Inoltre le finalità e le competenze del gruppo di valutazione, previsto dalla legge regionale, sarebbero identiche a quelle della conferenza, in base alla legge statale.

Non sarebbe neppure violato l'art. 128 della Costituzione, giacché il procedimento nel quale operano sia la conferenza che il gruppo di valutazione avrebbe ad oggetto non la mera localizzazione delle discariche di rifiuti (regolata dall'art. 6, lettera b), del d.P.R. n. 915 del 1982), ma l'approvazione dei progetti per la realizzazione e la gestione delle discariche. Sia la legge regionale che quella statale prevedono l'accesso degli enti locali interessati alla fase istruttoria, nella quale vengono rappresentati e valutati gli interessi di cui essi sono portatori.

La società Gesam ritiene, infine, inammissibile la denuncia di violazione dell'art. 97 della Costituzione, in quanto l'ordinanza di rimessione non motiva in ordine alla non manifesta infondatezza. Questa censura sarebbe comunque infondata, giacché l'esigenza di concentrazione e di rapidità del procedimento ispira tanto la scelta del legislatore statale che quella del legislatore regionale.

2.1. -- In prossimità dell'udienza la difesa di Giovanni Comi ed altri ha depositato una memoria, ribadendo che, in base alla legge regionale n. 42 del 1989, l'approvazione del progetto costituisce direttamente variante degli strumenti urbanistici, senza che nel procedimento sia assicurata un'effettiva e sostanziale partecipazione degli enti territoriali coinvolti. Sarebbe così menomata l'autonomia del Comune, privo di reale partecipazione alla fase deliberativa, ma solo invitato a partecipare a riunioni istruttorie. Ciò in contrasto con il modello di procedimento delineato dalla norma statale di principio, che prevede il coinvolgimento in apposita conferenza degli organi degli enti locali interessati.

2.2. -- In prossimità dell'udienza anche la società Gesam ha depositato una memoria, riassumendo le vicende processuali del giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo regionale e ribadendo l'eccezione di inammissibilità della questione, per non essere stati adeguatamente descritti i fatti di causa nell'ordinanza di rimessione.

La società Gesam prospetta anche un ulteriore profilo di inammissibilità, in quanto il giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia avrebbe dovuto essere interrotto, essendo stato ceduto alla Progesam Ecosistemi s.r.l. il ramo d'azienda interessato dalla controversia che ha originato il giudizio di legittimità costituzionale. La questione sarebbe irrilevante, perché sollevata nel corso di un procedimento destinato a concludersi con una pronuncia di improcedibilità per sopravvenuta cessazione della materia del contendere.

Sarebbero inoltre inammissibili le censure formulate dalle parti private Comi ed altri, che nella memoria di costituzione indicano quali parametri di valutazione della legittimità costituzionale anche gli artt. 5 e 114 della Costituzione, non compresi nell'ordinanza di rimessione.

Nel merito, la sostanza della questione, incentrata sull'asserita insufficienza delle forme di partecipazione dei Comuni al procedimento di localizzazione delle discariche di rifiuti solidi urbani, deriverebbe in realtà da un equivoco interpretativo. I meccanismi e le scansioni del procedimento delineato dalla legge statale e dalla legge regionale sarebbero identici. La disciplina che viene contestata attiene alla fase istruttoria, sicché non potrebbe essere dedotta un'insufficiente partecipazione del Comune al provvedimento modificativo delle previsioni urbanistiche, che è successivo alla fase istruttoria nella quale si innesta la partecipazione comunale.

Inoltre la diversa qualificazione terminologica dell'organo istruttorio ("conferenza" per la legge statale e "gruppo di valutazione" per quella regionale) non inciderebbe sulla sostanza delle competenze ad esso attribuite, né muterebbe il peso della partecipazione comunale. Alla conferenza, chiamata a compiere gli adempimenti istruttori, partecipano i rappresentanti degli enti locali interessati. Al gruppo di valutazione è invitato il sindaco del Comune interessato, costituendo l'invito lo strumento per consentire la partecipazione. In definitiva la legge regionale avrebbe razionalizzato e snellito le procedure, senza diminuire la presenza degli enti locali nella fase istruttoria né pregiudicarne gli interessi. Il provvedimento finale rimarrebbe di competenza regionale, anche secondo la normativa statale, per la quale il parere della conferenza è obbligatorio ma non vincolante.

La società Gesam osserva che la legge regionale è stata adottata nell'ambito di una situazione di emergenza, che avrebbe potuto, in ipotesi, autorizzare il legislatore regionale a derogare all'assetto ordinario delle competenze. Ricorda, infine, che la giurisprudenza costituzionale, con riferimento ai rapporti tra Stato e Regione, ha valutato positivamente la disciplina di un settore che valorizzi, nell'assetto delle competenze di più enti, i principi di collaborazione e coordinamento, anche con la costituzione di organi misti (sentenze nn. 366 del 1992 e 85 del 1990). Questo sarebbe il caso di specie, nel quale il gruppo di valutazione costituisce organo misto di collaborazione e coordinamento per lo svolgimento di funzioni comuni, equiparabile ad una conferenza di servizi e comunque conforme alle previsioni della legge statale.

3.1. -- Con ordinanze emesse l'8 marzo 1995 (R.O. n. 422 del 1995), l'11 maggio 1995 (R.O. n. 423 del 1995), il 17 maggio 1995 (R.O. n. 490 del 1995) ed il 29 maggio 1995 (R.O. n. 494 del 1995), nel corso di altrettanti giudizi promossi per l'annullamento di delibere della Giunta della Regione Lombardia concernenti le discariche di rifiuti solidi urbani ubicate nei Comuni di Carimate, Mozzate, Cerro Maggiore, Rescaldina e Buscate, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha sollevato, in riferimento agli artt. 117, primo comma, 128 e 97, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 8 e 9, della legge della Regione Lombardia 9 settembre 1989, n. 42.

Nelle ordinanze di rimessione il Tribunale amministrativo, richiamando la propria precedente ordinanza emessa il 14 giugno-17 ottobre 1994, con la quale ha sollevato identica questione di legittimità costituzionale, ritiene opportuno proporre nuovamente le questioni per motivi analoghi a quelli enunciati nella sua prima ordinanza, ai quali rinvia, anche per consentire alle parti interessate di partecipare al giudizio di legittimità costituzionale.

3.2. -- In tutti i giudizi si è costituito il Comune di Cantù, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano accolte.

Il Comune ritiene che il procedimento delineato dall'art. 3-bis del decreto-legge n. 361 del 1987 per la dislocazione degli impianti di smaltimento di rifiuti solidi urbani consentirebbe all'ente locale, attraverso la partecipazione all'apposita conferenza istruttoria, di esercitare le proprie competenze in materia di gestione del territorio, essendo ciò determinante in un procedimento che si conclude con un provvedimento che sostituisce le concessioni di competenza comunale e può costituire variante dello strumento urbanistico generale.

Il procedimento delineato dalla norma statale di principio non sarebbe vincolante in ogni particolare; ma ben diversa rispetto alla conferenza di servizi sarebbe la configurazione del gruppo di valutazione, composto dai funzionari regionali responsabili dei servizi interessati, che esproprierebbe sostanzialmente gli enti locali delle loro competenze in materia di assetto ed utilizzazione del territorio.

Il procedimento di localizzazione e di autorizzazione delle discariche, previsto dalla legge regionale, altererebbe anche la distribuzione delle competenze tra Regione e Comuni in materia urbanistica, incidendo sull'autonomia degli enti locali, in contrasto con l'art. 128 della Costituzione.

3.3. -- Nei giudizi promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con le ordinanze iscritte ai nn. 422 e 423 del R.O. 1995 si è costituita anche la società Progesam Ecosistemi s.r.l., chiedendo che le questioni siano dichiarate manifestamente inammissibili, essendo le ordinanze di rimessione prive della descrizione dei presupposti della questione e motivate solo mediante il rinvio ad altra ordinanza dello stesso Tribunale amministrativo che ha sollevato identica questione.

Nel merito, la società Progesam Ecosistemi ritiene le questioni manifestamente infondate, svolgendo argomentazioni analoghe a quelle proposte dalla società Gesam nel giudizio promosso con l'ordinanza iscritta al n. 251 del R.O. 1995.

3.4. -- Nel giudizio promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con l'ordinanza iscritta al n. 490 del R.O. 1995 si è costituito il Comune di Cerro Maggiore, chiedendo che sia dichiarata l'illegittimità costituzionale della disposizione denunciata. Essa delineerebbe, in contrasto con l'autonomia locale garantita dagli artt. 5 e 128 della Costituzione, un procedimento che ha effetto di variante del piano regolatore generale comunale, rispetto al quale il Comune risulterebbe sostanzialmente estromesso. Inoltre, in contrasto con l'art. 117 Cost., la disposizione regionale denunciata si discosterebbe dai principi sul procedimento di localizzazione delle discariche fissati dalla legge dello Stato.

3.5. -- Nello stesso giudizio (R.O. 490 del 1995) si è costituita la società Simec s.p.a., chiedendone la riunione ai giudizi relativi alle ordinanze nn. 251, 422 e 423 del R.O. 1995 e concludendo per l'inammissibilità o, in subordine, per l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale.

4.1. -- In prossimità dell'udienza il Comune di Cantù, la società Progesam Ecosistemi, il Comune di Cerro Maggiore, la società Simec hanno depositato memorie nei giudizi nei quali si sono costituiti.

4.2. -- Il Comune di Cantù chiede preliminarmente la riunione dei giudizi instaurati con le ordinanze iscritte ai nn. 422, 423, 490 e 494 del R.O. 1995 a quello promosso dallo stesso Tribunale amministrativo regionale con l'ordinanza iscritta al n. 251 del R.O. 1995, alla cui motivazione le ordinanze successive fanno rinvio.

Il Comune di Cantù sostiene l'ammissibilità delle questioni e ribadisce, nel merito, che la legge regionale, concentrando nel gruppo di valutazione l'intera attività istruttoria e riducendo la partecipazione del Comune interessato all'invito ad assistere alle riunioni di tale organo, composto da funzionari regionali, non avrebbe rispettato il principio del necessario coinvolgimento degli interessi locali, previsto dalla legge statale mediante la conferenza di servizi.

La Regione, pur competente in materia di protezione ambientale, non potrebbe approvare la localizzazione degli impianti di trattamento e di smaltimento dei rifiuti senza acquisire previamente e valutare comparativamente gli interessi delle popolazioni locali.

4.3. -- La società Progesam Ecosistemi ribadisce, nella memoria depositata in prossimità dell'udienza, l'eccezione di manifesta inammissibilità, essendo le ordinanze di rimessione prive della necessaria esposizione della fattispecie concreta e motivate solo per relationem.

Nel merito, la difesa della società Progesam Ecosistemi chiede che sia dichiarata l'infondatezza delle questioni, proponendo argomentazioni analoghe a quelle esposte dalla società Gesam nel giudizio promosso con l'ordinanza iscritta al n. 251 del R.O. 1995.

4.4. -- Il Comune di Cerro Maggiore sottolinea, nella memoria depositata in prossimità dell'udienza, che la legge regionale lederebbe l'autonomia costituzionalmente garantita all'ente locale, prevedendo un procedimento che comporta la modifica del piano regolatore ed assorbe provvedimenti puntuali del Comune, senza assicurare l'effettivo coinvolgimento dell'ente locale.

La conferenza di servizi cui devono partecipare tutti gli enti interessati, prevista dall'art. 3-bis del decreto-legge n. 361 del 1987, sarebbe espressione di un principio vincolante per la legislazione regionale, ma non rispettato dalla disposizione denunciata, che configura una partecipazione del Comune al procedimento solo occasionale e meramente consultiva.

4.5. -- La società Simec, nella memoria depositata in prossimità dell'udienza, sostiene l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale per più profili: a) la discarica controllata di rifiuti solidi urbani sarebbe venuta a cessare per esaurimento dal 1993; ed essendo irretrattabile l'attività di smaltimento dei rifiuti già svolta, nessuna concreta utilità potrebbe derivare da una dichiarazione di illegittimità costituzionale; b) al momento dell'adozione dell'ordinanza di rimessione sarebbe mancato l'interesse ad impugnare i singoli provvedimenti amministrativi di autorizzazione e di localizzazione della discarica in concessione alla società Simec, oramai compresa tra le discariche direttamente previste da una fonte legislativa regionale (legge della Regione Lombardia 1° luglio 1993, n. 21); c) il Comune di Rescaldina avrebbe fatto acquiescenza alla delibera regionale impugnata, non avendo impugnato provvedimenti regionali di ampliamento della discarica.

Nel merito, la società Simec ritiene inesatto il presupposto interpretativo dal quale muove l'ordinanza di rimessione. Il coinvolgimento degli enti locali in materia di smaltimento dei rifiuti urbani non risiederebbe nella conferenza di servizi, prevista dall'art. 3-bis del decreto-legge n. 361 del 1987, ma sarebbe disciplinato dall'art. 6, lettera b), del d.P.R. n. 915 del 1982, che prevede l'obbligo di sentire i Comuni interessati per individuare le zone da destinare agli impianti di stoccaggio e di trattamento dei rifiuti. A questo principio si sarebbe uniformata la legge regionale della Lombardia n. 42 del 1989.

La conferenza di servizi, prevista dall'art. 3-bis del decreto-legge n. 361 del 1987, specificherebbe solo una delle possibili modalità di concretizzazione del principio di partecipazione e di consultazione dei Comuni interessati e costituirebbe una disposizione di dettaglio.

In ogni caso la disposizione regionale denunciata assicurerebbe il coinvolgimento dei sindaci, invitati a partecipare alle sedute del gruppo di valutazione. Essa risponderebbe all'esigenza di partecipazione che è alla base della conferenza e consentirebbe la contestuale espressione delle valutazioni, da parte degli uffici regionali e dei rappresentanti dei Comuni interessati, in merito alle decisioni da adottare circa la localizzazione degli impianti.

Considerato in diritto

 

1. -- I dubbi di legittimità costituzionale sollevati dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia investono la legge della Regione Lombardia 9 settembre 1989, n. 42, che integra e modifica la legge regionale 28 giugno 1988, n. 37, concernente il piano di organizzazione dei servizi per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

Il giudice rimettente dubita che l'art. 3, commi 8 e 9, della legge regionale n. 42 del 1989 violi gli artt. 117, primo comma, e 128 della Costituzione e sia in contrasto con il principio di buon andamento dell'amministrazione, enunciato dall'art. 97 della Costituzione.

La disposizione denunciata prevede che la Giunta regionale si avvale, per gli adempimenti istruttori relativi all'approvazione dei progetti per la realizzazione e gestione di pubbliche discariche controllate di rifiuti solidi urbani, di un apposito gruppo di valutazione composto dai responsabili dei servizi regionali competenti, alle cui riunioni per l'esame dei singoli progetti è invitato, tra gli altri, il sindaco del Comune interessato.

Il procedimento, così configurato, sarebbe in contrasto con un principio fondamentale stabilito da una legge dello Stato, che costituisce un limite per la legislazione regionale. Carattere di principio è attribuito dal giudice rimettente alla disciplina dettata dall'art. 3-bis del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, introdotto dalla legge di conversione 29 ottobre 1987, n. 441. Nel contesto di disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti, la legge statale prevede che i provvedimenti di approvazione dei progetti per la realizzazione di discariche pubbliche, che costituisce, ove occorra, variante dello strumento urbanistico generale, sono adottati dalla giunta regionale in base alle risultanze di apposite conferenze, alle quali partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti ed i rappresentanti degli enti locali interessati. I Comuni verrebbero così coinvolti nel procedimento di localizzazione delle discariche, che incide sullo strumento di pianificazione urbanistica.

Ad avviso del giudice rimettente, la disposizione regionale denunciata non rispetterebbe questo principio, stabilito dalla legislazione statale, riducendo la partecipazione dei Comuni ad un mero invito a partecipare alle riunioni di un gruppo di valutazione regionale, che costituisce un organismo tecnico-burocratico. Non sarebbe, quindi, salvaguardata l'autonomia del Comune interessato all'assetto ed all'utilizzazione del territorio. Inoltre il procedimento delineato dalla legge regionale non sarebbe ragionevole, né adeguato al fine di concentrare i momenti di valutazione e di adozione del provvedimento.

2. -- Le questioni di legittimità costituzionale riguardano tutte la medesima disposizione legislativa in riferimento agli stessi parametri. I relativi giudizi possono essere, quindi, riuniti per essere definiti con unica sentenza.

3.1. -- L'eccezione di inammissibilità, proposta per le questioni sollevate con le ordinanze (R.O. n. 422, 423, 490 e 494 del 1995), la cui motivazione si limita a richiamare la precedente ordinanza dello stesso Tribunale amministrativo che ha sollevato identica questione, è fondata.

Il giudice rimettente, nel motivare la rilevanza rispetto al giudizio in corso e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale che intende proporre, deve non solo descrivere la concreta fattispecie sottoposta al suo giudizio, ma anche rendere esplicite le ragioni che lo portano a dubitare della legittimità costituzionale della norma che ritiene di dover applicare. Questa necessaria motivazione deve essere autosufficiente e non può essere sostituita né, se carente, integrata dal rinvio alla motivazione di altra ordinanza di rimessione, sia pure emessa dallo stesso giudice ma relativa ad altro procedimento, tanto più che la riunione dei giudizi in corso in sede di legittimità costituzionale è del tutto eventuale e non può avere effetto sanante della insufficiente o carente motivazione dell'ordinanza di rimessione. Se manca tale motivazione, non sarebbe in alcun modo possibile la necessaria verifica dell'avvenuto apprezzamento da parte del giudice rimettente della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione.

3.2. -- Vanno invece disattese le altre eccezioni di inammissibilità, riferite alla questione sollevata con l'ordinanza iscritta al n. 252 del R.O. 1995.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha descritto la fattispecie sottoposta al suo giudizio in modo tale da dar conto dell'avvenuto apprezzamento della rilevanza della questione, non essendo a tal fine richiesta la completa narrazione delle vicende del giudizio principale.

Gli altri profili di inammissibilità che sono stati prospettati, attinenti in particolare alla condizione delle parti ed all'esito del giudizio principale, tendono a trasferire nel giudizio di legittimità costituzionale questioni e valutazioni che trovano appropriata collocazione nel processo dinanzi al Tribunale amministrativo rimettente.

4. -- Nel merito la questione deve essere esaminata esclusivamente nei limiti fissati dall'ordinanza di rimessione, non potendo quindi essere integrata con altri profili e parametri indicati dalle parti costituite dinanzi alla Corte.

Il dubbio di legittimità costituzionale, riguardante l'istruttoria per l'approvazione dei progetti dei nuovi impianti di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti, muove dalla considerazione che la disposizione regionale denunciata si discosterebbe dai principi fissati dal legislatore statale, escludendo o limitando il coinvolgimento del Comune nel relativo procedimento. Diversa sarebbe, difatti, l'incidenza dell'ente locale nel far valere gli interessi territoriali ed urbanistici dei quali è portatore, a seconda che esso partecipi alla apposita conferenza prefigurata dalla legge statale o, invece, sia solo invitato alle riunioni del gruppo di valutazione previsto dalla legge regionale.

La questione è fondata.

La localizzazione e l'attivazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani coinvolgono molteplici interessi, rappresentati da enti diversi. Tali interessi vengono valutati e ponderati con procedimenti destinati ad attuare il principio di cooperazione, pur quando rimane intoccata l'imputazione della decisione finale ad uno solo degli enti, dovendosi tenere conto dei diversi interessi, senza che possa essere impedita l'adozione di un provvedimento necessario per realizzare impianti ritenuti indispensabili per la comunità.

L'art. 3-bis del decreto-legge n. 361 del 1987 non innova in ordine alle competenze disciplinate da altre disposizioni in materia di smaltimento di rifiuti, ma, dettando la regola del procedimento, delinea la cooperazione tra gli enti a vario titolo coinvolti nelle determinazioni relative alla localizzazione ed alla attivazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani secondo lo schema della "conferenza", alla quale partecipano i rappresentanti degli enti interessati e che ha il compito di acquisire e valutare "tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali".

Si è in presenza di una figura organizzativa non priva di precedenti nell'ambito degli strumenti di coordinamento dell'esercizio di funzioni amministrative diverse. Tale istituto si è sviluppato con ulteriori e puntuali applicazioni successive al decreto-legge n. 361 del 1987 (v. art. 2 del decreto-legge 1· aprile 1989, n. 21; art. 3 della legge 5 giugno 1990, n. 135; art. 3 della legge 29 novembre 1990, n. 380; art. 7 della legge 15 dicembre 1990, n. 385; art. 4 della legge 15 dicembre 1990, n. 396), ed ha trovato poi configurazione generale e sistematica nella conferenza di servizi prevista nella disciplina del procedimento amministrativo (art. 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241).

Per sua natura la conferenza, destinata a costituire un raccordo tra amministrazioni diverse, è caratterizzata, per la struttura, dalla contestuale partecipazione delle amministrazioni portatrici degli interessi coinvolti (sentenze nn. 348 e 62 del 1993 e n. 37 del 1991). Quanto alla funzione, la conferenza risponde non solo all'esigenza di accelerare i tempi del procedimento, rendendo contestuali le determinazioni spettanti a ciascuna amministrazione, ma anche alla possibilità di consentire dialogo e reciproca interlocuzione, quale strumento idoneo a sviluppare e rendere effettiva la cooperazione in vista di obiettivi comuni.

La conferenza viene così ad assumere il rilievo di un metodo che caratterizza il procedimento di raccolta, di valutazione e di espressione dei diversi interessi, anche quando non modifica le competenze in ordine ai singoli atti del procedimento (quali pareri, autorizzazioni, concessioni, nullaosta) ed al provvedimento finale.

A queste caratteristiche di principio non risponde il gruppo di valutazione previsto dall'art. 3 della legge regionale n. 42 del 1989, che è configurato come organismo interno all'amministrazione, composto dai responsabili di servizi regionali. Inoltre, secondo la disciplina regionale, la partecipazione dei Comuni alle riunioni del gruppo di valutazione per l'esame di singoli progetti ai quali sono interessati è resa possibile ma non è necessaria, né è prevista l'adozione del metodo che caratterizza la conferenza tra amministrazioni diverse quale strumento di raccordo, di reciproco coordinamento, di comune valutazione, anche rimanendo intoccate le competenze proprie di ciascun ente.

La sostituzione, operata dal legislatore regionale, di un "gruppo di valutazione" all'"apposita conferenza" non risponde quindi, in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, al principio fondamentale espresso dalla legge statale, relativamente alle modalità di partecipazione dei Comuni al procedimento per l'approvazione dei progetti di nuovi impianti di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti urbani.

Ogni altro profilo rimane assorbito.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, commi 8 e 9, della legge della Regione Lombardia 9 settembre 1989, n. 42 (Integrazioni e modifiche alla L.R. 28 giugno 1988, n. 37 "Piano di organizzazione dei servizi per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e norme in materia di raccolta e smaltimento differenziati dei rifiuti urbani"), nella parte in cui prevede che la Giunta regionale si avvale di un "apposito gruppo di valutazione";

2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 8 e 9, della legge della Regione Lombardia 9 settembre 1989, n. 42, sollevate, in riferimento agli artt. 117, primo comma, 118 e 97, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con le ordinanze iscritte ai nn. 422, 423, 490 e 494 del R.O. 1995, di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 19 marzo 1996.