Ordinanza n. 77 del 1996

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ORDINANZA N.77

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18, quinto comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), come modificato dall'art. 1 della legge 11 maggio 1990, n. 108 (Disciplina dei licenziamenti individuali), promosso con ordinanza emessa il 6 aprile 1995 dal Pretore di Lucca - sezione distaccata di Pietrasanta, nel procedimento civile vertente tra Delthôtél s.p.a. e Pinarelli Carla, iscritta al n. 394 del registro ordinanze del 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di costituzione della società Delthôtél s.p.a. nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1996 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

RITENUTO che Carla Pinarelli, licenziata per motivo oggettivo dalla società Delthôtél s.p.a., otteneva, dal Pretore di Lucca - sezione distaccata di Pietrasanta, una sentenza dichiarativa di illegittimità del licenziamento con ordine di reintegrazione nel posto di lavoro, e successivamente - avendo optato per l'indennità sostitutiva prevista dall'art. 18, quinto comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, nel testo modificato dall'art. 1 della legge 11 maggio 1990, n. 108 - l'emissione di un decreto ingiuntivo per la somma corrispondente;

che, nel corso del giudizio di opposizione promosso dalla datrice di lavoro, il medesimo pretore, con ordinanza del 6 aprile 1995, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale del citato art. 18, quinto comma, "nella parte in cui non subordina alla sussistenza di 'giusti motivi', da valutarsi caso per caso da parte del giudice, la facoltà del lavoratore di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro un'indennità pari a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto";

che, ad avviso del giudice rimettente, in mancanza della detta condizione - come nel caso di specie, in cui la lavoratrice licenziata ha trovato un posto di lavoro più vantaggioso di quello precedente - la norma denunciata offenderebbe il principio di razionalità finendo "con il configurarsi come una forma di 'arricchimento senza titolo'";

che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è costituita la Società Delthôtél concludendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma impugnata, e riservandosi di depositare una memoria illustrativa, poi prodotta fuori termine;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata: secondo l'interveniente, la ricostruzione dell'istituto operata da questa Corte con la sentenza n. 81 del 1992 e le ordinanze nn. 160 e 426 del 1992 è incompatibile col preteso requisito di motivi giustificativi dell'esercizio dell'opzione, apprezzabili dal giudice, trattandosi di una scelta di carattere squisitamente personale rimessa dalla legge al prestatore di lavoro.

CONSIDERATO che analoga questione è già stata esaminata da questa Corte e - con sentenza n. 81 del 1992 (seguita da due ordinanze di manifesta infondatezza, nn. 160 e 426 del 1992) - dichiarata non fondata, anche in riferimento al principio di razionalità, sia sotto il profilo dell'esonero da qualsivoglia giustificazione della scelta dell'indennità, sia sotto il profilo dell'ammontare forfettario dell'indennità, la quale, essendo un surrogato del diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, spetta al lavoratore indipendentemente dalla circostanza che abbia trovato un altro posto di lavoro e dall'entità del reddito che nel frattempo ne abbia ricavato;

che le ragioni addotte dall'odierna ordinanza di rimessione non sono tali da indurre la Corte a mutare giurisprudenza.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, quinto comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), nel testo modificato dall'art. 1 della legge 11 maggio 1990, n. 108 (Disciplina dei licenziamenti individuali), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Lucca - sezione distaccata di Pietrasanta con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 15 marzo 1996.