Ordinanza n. 66 del 1996

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ORDINANZA N.66

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Luigi MENGONI, Presidente

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 39, comma 13, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ordinanze emesse: 1) il 28 marzo 1995 dal Pretore di Caltanissetta nel procedimento penale a carico di Armando Cigna, iscritta al n. 456 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1995; 2) il 7 luglio 1995 dal Pretore di Caltanissetta nel procedimento penale a carico di Carmen Lorenza Castrillo, iscritta al n. 591 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 gennaio 1996 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

RITENUTO che il Pretore di Caltanissetta, con due ordinanze di contenuto sostanzialmente identico, emesse nel corso di altrettanti procedimenti penali per violazioni edilizie (ordinanze R.O. nn. 456 e 591 del 1995, rispettivamente in data 28 marzo 1995 e 7 luglio 1995), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, comma 13, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) che prevede, in caso di domanda di concessione edilizia in sanatoria, ai sensi dello stesso art. 39, la riduzione della misura dell'oblazione qualora le opere abusive siano state realizzate al fine di ovviare a situazioni di "estremo disagio";

che, secondo il rimettente, la disposizione in esame si porrebbe in contrasto con gli artt. 25, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, per violazione dei principi di tassatività della fattispecie penale e di uguaglianza dei cittadini, in quanto la indeterminatezza della espressione usata dal legislatore non consentirebbe al giudice di individuarne il contenuto, e, di conseguenza, di stabilire con uniformità di criteri i casi in cui è consentita la decurtazione della sanzione;

che nel giudizio introdotto con l'ordinanza R.O. n. 456 del 1995 è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la infondatezza dei rilievi.

CONSIDERATO che le due ordinanze sollevano la medesima questione e che, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia;

che non è configurabile la violazione dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione, in quanto la norma censurata non concorre a costituire il precetto penale che nella specie risulta violato, formulato nell'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, disposizione nella quale la condotta penalmente sanzionata risulta sufficientemente descritta, sì da consentire di distinguere la sfera del lecito da quella dell'illecito (v., fra le altre, sentenze n. 122 del 1993, n. 185 del 1992, n. 282 del 1990, n. 364 del 1988);

che la impugnata disposizione di cui all'art. 39, comma 13, della legge n. 724 del 1994 nemmeno contribuisce a precisare il contenuto della norma incriminatrice, costituendo, invece, solo il presupposto per l'applicazione di una particolare agevolazione (in sede di autodeterminazione dell'oblazione da parte dell'interessato, di determinazione definitiva da parte del sindaco e di verifica eventuale da parte del giudice sia nel giudizio amministrativo di impugnativa della relativa determinazione, sia in quello penale ai sensi degli artt. 38, secondo comma, e 39 della legge 28 febbraio 1985, n. 47), consistente nella riduzione dell'oblazione;

che, una volta chiarito che la conoscibilità del precetto non è impedita dalla norma impugnata, anche la prospettata violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione mostra la sua inconsistenza;

che, pertanto, le questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 39, comma 13, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sollevate, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Caltanissetta con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 marzo 1996.

Luigi MENGONI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria l'8 marzo 1996.