Sentenza n. 62 del 1996

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SENTENZA N.62

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 58, secondo comma, dell'allegato A al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), promosso con ordinanza emessa il 29 marzo 1995 dal Tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra Giuliano Nocentini e ATAF (Azienda Trasporti Area Fiorentina), iscritta al n. 334 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visti gli atti di costituzione di Giuliano Nocentini e dell'ATAF, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica del 12 dicembre 1995 il giudice relatore Riccardo Chieppa;

uditi gli Avvocati Giorgio Bellotti per Nocentini Giuliano e Paolo Fanfani per l'ATAF, nonchè l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.-- Nel corso del giudizio di appello -- promosso da G. Nocentini, dipendente dell'Azienda Trasporti Area Fiorentina (ATAF) -- avverso la sentenza del Pretore 15-29 novembre 1994, con la quale era stato dichiarato il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria a conoscere della domanda, avente per oggetto un provvedimento irrogativo di una sanzione disciplinare -- il Tribunale di Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, secondo comma, dell'allegato A al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione) nella parte in cui prevede che la giurisdizione relativa alle "controversie insorgenti dalle pronunce dei collegi disciplinari" spetti al giudice amministrativo e non al giudice ordinario.

L'ordinanza non ignora che questa Corte ebbe a pronunciarsi su analoga questione con la sentenza n. 208 del 1984, dichiarandola non fondata.

Ritiene, tuttavia, che successivamente alla succitata pronuncia siano intervenute "profonde modifiche" del quadro normativo in materia, tali da suggerire un riesame della questione.

In particolare il giudice a quo ripropone la questione ponendo come nuovo tertium comparationis la disciplina attuale del rapporto di lavoro dei ferrovieri, a seguito e per effetto della legge 17 maggio 1985, n. 210, che ha operato una riforma radicale e della Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato e del rapporto di lavoro del personale.

Con riguardo a quest'ultimo aspetto si sottolinea che, in virtù della citata legge n. 210 del 1985, i rapporti di lavoro dell'Ente Ferrovie dello Stato sono stati trasformati da rapporti di lavoro pubblico in rapporti di diritto privato ed è stata, altresì, demandata alla cognizione dell'autorità giudiziaria ordinaria ogni controversia, compresa quella in materia disciplinare.

Ad avviso del giudice a quo ciò ha costituito il primo passo di una progressiva tendenza volta a "ricondurre nella sfera giurisdizionale della magistratura ordinaria ... l'intero contenzioso del pubblico impiego".

Alla luce delle suesposte innovazioni normative il giudice a quo ritiene superate le statuizioni contenute nella sentenza n. 208 del 1984 con riguardo alla censura concernente l'art. 3 della Costituzione in quanto, in virtù della citata legge n. 210 del 1985, si affermerebbe l'esigenza di conformare il trattamento dei dipendenti dell'Ente Ferrovie dello Stato a quelli delle aziende autoferrotranviarie, attesa l'omogeneità delle due categorie, evidenziata anche dal fatto che entrambe insisterebbero in un settore di particolare rilevanza pubblica.

Più in particolare, il giudice a quo sostiene che -- ferma la constatazione per la quale non può, in via di principio, affermarsi che la tutela del dipendente dinanzi al giudice amministrativo sia meno vantaggiosa di quella ottenibile dal giudice ordinario -- l'evoluzione dell'ordinamento positivo, nel senso sopra richiamato, ha comportato l'emersione di un trattamento differenziato, nella materia in esame, che sarebbe in conflitto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, nonché con quello di tutela giurisdizionale di cui all'art. 24, primo comma, della Costituzione, "sotto il profilo di una giurisdizione in linea con le qualificazioni sostanziali delle posizioni lese".

2.-- Nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituita la parte privata -- appellante nel giudizio a quo -- la quale, in aderenza alle argomentazioni svolte con l'ordinanza di remissione, chiede che la norma censurata sia dichiarata costituzionalmente illegittima.

3.-- Si è, altresì, costituita dinanzi alla Corte l'Azienda Trasporti Area Fiorentina (ATAF), concludendo per la infondatezza della proposta questione.

In particolare si sostiene che la circostanza in virtù della quale alcuni soggetti sono sottoposti alla giurisdizione amministrativa mentre altri sono sottoposti alla giurisdizione della autorità giudiziaria ordinaria non vale a qualificare una disuguaglianza di carattere negativo. E ciò, avuto particolare riguardo a quanto ritenuto dallo stesso remittente per il quale "non può affermarsi, in via di principio, che dinanzi al giudice amministrativo il dipendente abbia una tutela meno vantaggiosa di quella che avrebbe dinanzi al giudice ordinario".

Si ritiene, inoltre, che la questione sia stata già risolta da questa Corte con la sentenza n. 208 del 1984.

4.-- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri -- rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato -- il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o "quanto meno non fondata".

Ad avviso dell'Avvocatura la circostanza che lo stesso giudice a quo riconosca che la tutela dinanzi al giudice amministrativo non è, in via di principio, "meno vantaggiosa" di quella che si avrebbe dinanzi al giudice ordinario, priverebbe di giustificazione l'evocazione del parametro posto dall'art. 24 della Costituzione.

Quanto alla censura relativa al principio di uguaglianza, si osserva che mancherebbe, nell'ordinanza di rimessione, qualsivoglia indicazione idonea a superare sul punto la sentenza n. 208 del 1984.

Si rileva, infine, che l'ambito di operatività della disposizione impugnata, è stato circoscritto da più sentenze delle Sezioni unite civili della Corte di cassazione.

Considerato in diritto

1.-- Il Tribunale di Firenze dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 58, secondo comma, dell' allegato A, al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), nella parte in cui devolve alla cognizione dell'autorità giurisdizionale amministrativa, anziché al giudice ordinario, il sindacato sulla legittimità delle sanzioni disciplinari, irrogate a carico dei dipendenti di aziende autoferrotranviarie in concessione.

Ad avviso del remittente la violazione dell'art. 3 della Costituzione consisterebbe nella disparità di trattamento che si verrebbe a creare tra autoferrotranvieri e dipendenti delle Ferrovie dello Stato, soprattutto a seguito della legge 17 maggio 1985, n. 210, che ha privatizzato il rapporto di lavoro del personale ferroviario, demandando la cognizione delle relative controversie al giudice ordinario.

Sarebbe, altresì, violato l'art. 24 della Costituzione in quanto la tutela giurisdizionale, prevista dalla norma censurata, non sarebbe "in linea con le qualificazioni sostanziali delle posizioni lese".

2.-- La questione non è fondata.

Questa Corte ha ritenuto (sentenza n. 208 del 1984) che la devoluzione al giudice amministrativo della cognizione delle controversie, concernenti i provvedimenti disciplinari, irrogati al personale addetto ai pubblici servizi di trasporto in concessione, non contrasta con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.

E ciò avuto riguardo "ai peculiari caratteri della materia ... i quali hanno indotto il legislatore, nella sua discrezionalità, a preferire la giurisdizione amministrativa per quel che attiene alle controversie disciplinari ...", nonché, avuto riguardo al risalto dell'interesse pubblico che connota il servizio di trasporto in concessione (sentenza n. 208 del 1984).

Il giudice a quo ripropone la questione assumendo come nuovo tertium comparationis la disciplina attuale del rapporto di lavoro dei ferrovieri, a seguito e per effetto della citata legge n. 210 del 1985, che -- operando una radicale riforma dell'Azienda delle Ferrovie dello Stato -- ha, altresì, privatizzato il rapporto di lavoro del relativo personale, demandando alla cognizione dell'autorità giudiziaria ordinaria le relative controversie di lavoro, comprese quelle in materia disciplinare.

Senonché la legge n. 210 del 1985 non ha inciso sul quadro normativo, concernente sia la natura (multiforme) dei soggetti pubblici e privati che gestiscono in concessione il trasporto autoferrotranviario, sia il rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, che è restato differenziato, anche in sede di contrattazione, dalla disciplina del rapporto di lavoro dei ferrovieri, nonostante i tratti di analogia che connotano le rispettive attività lavorative.

Al riguardo questa Corte ha costantemente affermato, alla stregua della vigente normativa, la specialità del rapporto di lavoro autoferrotranviario (sentenze n. 39 del 1969; n. 130 del 1970; n. 168 del 1973; n. 257 del 1984 e n. 300 del 1985) escludendo, successivamente e per conseguenza, che con riguardo a detto rapporto possa trovare applicazione la disciplina prevista per i ferrovieri con la legge n. 210 del 1985 (sentenza n. 500 del 1988). La Corte, tuttavia, e proprio con la sentenza n. 500 del 1988, ha espresso l'auspicio che il legislatore provvedesse all'"ammodernamento" della disciplina degli autoferrotranvieri, attraverso una riforma integrale e non settoriale, ed insieme sollecita. Detto auspicio è stato raccolto dalla legge 12 luglio 1988, n. 270 la quale ha operato un definitivo mutamento, in ordine al sistema delle fonti (art. 1, commi 1 e 2), disponendo la delegificazione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle aziende esercenti servizi di trasporto e, quindi, autorizzando la contrattazione collettiva di categoria a derogare alle disposizioni contenute nel regolamento, allegato A al r.d. 8 gennaio 1931, n. 148. Detta deroga, tuttavia, non si estende alla materia disciplinare ed in particolare alla giurisdizione su di essa, come pure riconosciuto dalla giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato.

Pertanto anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 270 del 1988, secondo una scelta discrezionale del legislatore, continua ad essere affidata al giudice amministrativo, ex art. 58, dell'allegato A al r.d. n. 148 del 1931, la giurisdizione sui ricorsi proposti contro i provvedimenti che abbiano irrogato sanzioni disciplinari, quale che sia l'organo che ha emesso il provvedimento e quale che sia la tipologia del rapporto di lavoro. Sotto questi profili, pertanto, la nuova normativa, rappresentata dalla più volte citata legge n. 210 del 1985, non fa venire meno la specialità del rapporto degli autoferrotranvieri, che trova riscontro anche nella peculiarità organizzativa delle relative aziende. Detta specialità, essendo rimessa alla discrezionalità del legislatore, non è censurabile, in questa sede, se non sotto il profilo della irrazionalità. Discrezionalità che, peraltro, appare correttamente esercitata in quanto preordinata a tutelare l'interesse collettivo -- e pertanto ritenuto dal legislatore preminente -- al buon funzionamento del servizio pubblico del trasporto ferrotranviario, avuto riguardo alle variegate e multiformi (anche per dimensioni) tipologie di gestione da parte di aziende autonome o da parte di soggetti privati, tutti in regime di concessione e con poteri derivanti dal rapporto di concessione in ordine anche alla sicurezza e alla polizia dei trasporti.

Alla luce delle pregresse affermazioni, non sussiste l'omogeneità necessaria a rendere comparabili le situazioni poste a raffronto dal giudice a quo, ed è, quindi, destinato a cadere l'ipotizzato contrasto della norma censurata con l'art. 3 della Costituzione.

Quanto all'ulteriore parametro evocato dal giudice a quo, ovvero all'art. 24 della Costituzione, è costante giurisprudenza di questa Corte il principio, affermato anche nella già citata sentenza n. 208 del 1984 e più recentemente ribadito con la sentenza n. 428 del 1993, in virtù del quale il legislatore può differenziare la tutela giurisdizionale, con riguardo alla particolarità del rapporto da regolare, anche sotto il profilo dell'organo investito della giurisdizione.

In particolare questa Corte ha costantemente affermato che la tutela dinanzi al giudice amministrativo non è, in via di principio, meno valida di quella che si avrebbe dinanzi al giudice ordinario (sentenze n. 140 del 1980 e n. 47 del 1976).

A ciò si aggiunge che il legislatore, nella scelta discrezionale del giudice che il legislatore, nella scelta discrezionale del giudice cui attribuire la competenza per la tutela di specifiche materie con posizioni di diritto soggettivo, può tenere conto dei diversificati poteri istruttori, nonché delle attitudini di apprezzamento specie del vizio di eccesso di potere, e della immediatezza di efficacia del potere di sospensione propri del sistema processuale relativo al tipo di giurisdizione prescelto.

Pertanto, anche riguardo all'art. 24 della Costituzione, la norma censurata supera il vaglio di costituzionalità e di conseguenza la questione prospettata deve ritenersi, sotto ogni profilo, non fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, secondo comma, dell'allegato A al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione) sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal tribunale di Firenze con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 marzo 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria l'8 marzo 1996.