Sentenza n. 53 del 1996

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SENTENZA N.53

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta, riapprovata il 13 luglio 1995 dal Consiglio regionale, recante "Nuova disciplina degli interventi regionali di cooperazione e solidarietà con i paesi in via di sviluppo", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 3 agosto 1995, depositato in cancelleria il 12 agosto successivo ed iscritto al n. 45 del registro ricorsi 1995.

Visto l'atto di costituzione della Regione Valle d'Aosta;

udito nella udienza pubblica del 23 gennaio 1996 il Giudice relatore Enzo Cheli;

uditi l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il ricorrente, e l'avvocato Gustavo Romanelli per la Regione.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 3 agosto 1995, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, per contrasto con l'art. 2 dello statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4) e in relazione alla legge 26 febbraio 1987, n. 49 (Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i paesi in via di sviluppo), questione di legittimità costituzionale della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta approvata dal Consiglio regionale il 5 aprile 1995 e riapprovata, a seguito di rinvio da parte della Commissione di coordinamento per la Valle d'Aosta, il 13 luglio 1995, recante "Nuova disciplina degli interventi regionali di cooperazione e solidarietà con i paesi in via di sviluppo".

A giudizio del ricorrente, la legge impugnata, nel disciplinare gli interventi regionali per la cooperazione allo sviluppo, interverrebbe su una materia estranea alla competenza regionale e, quindi, all'ambito di quelle attività, di carattere promozionale o di "mero rilievo internazionale", che la Regione - ai sensi dell'art. 2 delle norme di attuazione dello statuto speciale contenute nel d.P.R. 22 febbraio 1982, n. 182 e dei principi fissati nella sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 1987 - può legittimamente svolgere all'estero.

La cooperazione allo sviluppo, infatti, sarebbe materia attinente alla sfera della politica estera, di esclusiva pertinenza statale, nella quale lo spazio di operatività delle Regioni non potrebbe eccedere la tassativa delimitazione fissata dalla legge n. 49 del 1987, che prevede per le Regioni funzioni esclusivamente propositive ed attuative in relazione a determinate categorie di interventi (art. 2, commi 4 e 5).

La legge impugnata - sempre secondo il ricorrente - travalicherebbe, nel suo complesso, i suddetti limiti di competenza legislativa ed amministrativa della Regione, stabilendo una disciplina volta a promuovere un'autonoma politica della Valle d'Aosta per la cooperazione allo sviluppo. Ciò risulterebbe evidente, in particolare, dalla disposizione dell'art. 11 che prevede una programmazione annuale degli interventi della Regione in questa materia.

La violazione dei limiti di competenza fissati dalla ricordata legge n. 49 del 1987 non sarebbe, peraltro, risolta dalla modifica - ritenuta dal ricorrente marginale ed inidonea a superare i motivi del rinvio - apportata dal Consiglio regionale in sede di riapprovazione del testo rinviato, modifica consistente nell'inserimento all'art. 3, comma 1, in riferimento all'attività che la Regione si prefigge di svolgere, dell'inciso "previo parere favorevole della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo di cui all'art. 10 della legge n. 49/1987".

2.- Si è costituita nel giudizio la Regione Valle d'Aosta per sostenere l'inammissibilità e, comunque, l'infondatezza del ricorso.

Secondo la resistente, il ricorso del Presidente del Consiglio sarebbe inammissibile in quanto genericamente formulato e privo della puntuale determinazione del preteso contrasto fra la legge regionale impugnata, o le sue singole norme, ed i principi costituzionali di cui si assume la violazione.

Il ricorso si limiterebbe, infatti, secondo la resistente, ad un generico richiamo a norme statali ordinarie, come tali non idonee a costituire un valido parametro di costituzionalità, senza individuare specificamente l'oggetto della questione sottoposta al vaglio di questa Corte.

Nel merito, il ricorso sarebbe, comunque, infondato in quanto il provvedimento legislativo in esame costituirebbe un necessario strumento per consentire la partecipazione della Valle d'Aosta alle attività di cooperazione, nei limiti e con le modalità previste dalla legge n. 49 del 1987. Ciò sarebbe inequivocamente sancito dall'art. 2 della legge impugnata, che chiarisce che le iniziative contemplate vengono "promosse ai sensi dell'art. 2 della legge 26 febbraio 1987, n. 49". Lo stesso principio risulterebbe, altresì, ulteriormente evidenziato dalla modifica dell'art. 3, comma 1, introdotta a seguito del rinvio da parte della Commissione di coordinamento, modifica che ha espressamente subordinato l'attività regionale al previo parere favorevole della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, in armonia con le disposizioni della legge n. 49 del 1987, dove si prevede che le Regioni possano formulare proposte alla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo per porre in essere le attività di cooperazione.

Considerato in diritto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna la legge della Regione autonoma Valle d'Aosta approvata il 5 aprile 1995 e riapprovata, a seguito di rinvio, il 13 luglio 1995, recante "Nuova disciplina degli interventi di cooperazione e solidarietà con i paesi in via di sviluppo". Con tale legge la Regione - sostituendo la precedente normazione posta con legge regionale 9 luglio 1990, n. 44 - ha inteso regolare le forme e le modalità del proprio intervento nella cooperazione con i paesi in via di sviluppo ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49 (Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i paesi in via di sviluppo).

Ad avviso del ricorrente la legge impugnata - nonostante le modifiche apportate in sede di riapprovazione - risulterebbe viziata nel suo complesso per avere ecceduto le competenze assegnate dallo statuto speciale alla Regione autonoma e per avere invaso la sfera dei rapporti internazionali riservata, ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. 22 febbraio 1982, n. 182 e della giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 179 del 1987), al potere statuale.

2.- La Regione Valle d'Aosta ha eccepito preliminarmente l'inammissibilità del ricorso in quanto genericamente formulato e privo di un'indicazione puntuale relativa all'esistenza di un contrasto tra la legge regionale (o le sue singole norme) ed i principi costituzionali.

Tale eccezione non può essere accolta.

Il ricorso in esame, pur nella sua schematicità, ha, infatti, indicato con precisione le norme ed i principi costituzionali violati, quando ha richiamato, con riferimento ai profili di impugnativa, sia le competenze regionali elencate all'art. 2 dello statuto speciale (non comprensive della materia c.d. "estera"), sia la riserva di competenza per i rapporti internazionali riconosciuta allo Stato dall'art. 2 del d.P.R. 22 febbraio 1982, n. 182 (dove si ricalca la disciplina posta nell'art. 4, primo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), sia, infine, i principi in tema di determinazione ed attuazione degli indirizzi di politica estera ribaditi nella sentenza di questa Corte n. 179 del 1987. E se è vero che l'impugnativa è stata formulata nei confronti della legge nel suo complesso, è anche vero che da tale formulazione non è dato desumere un motivo di inammissibilità del ricorso, dal momento che dalla prospettazione delle censure risulta possibile dedurre che la questione è stata proposta soltanto nei confronti di alcune norme determinate (v. sentenza n. 212 del 1991). Invero il ricorso, ancorché formalmente diretto contro la legge nel suo insieme, mira palesemente a colpire soltanto le norme espresse negli artt. 3, comma 1, e 11, - nonché, conseguenzialmente, negli artt. 12 e 13 - che, oltre ad essere specificamente richiamate nel contesto del ricorso, appaiono le sole suscettibili di incidere nella sfera del "potere estero" riservata allo Stato, venendo a porre direttamente in gioco i limiti fissati per le competenze regionali dall'art. 2, commi 4 e 5, della legge n. 49 del 1987. Risultano, invece, sostanzialmente estranee all'impugnativa - alla luce dei profili enunciati nel ricorso - le altre norme della legge regionale, che si limitano a parafrasare enunciazioni di ordine generale presenti nella legge statale o a regolare forme organizzative e modalità di esercizio di competenze proprie della Regione e, come tali, non suscettibili di incidere sul piano della politica estera dello Stato.

3.- Con riferimento alle norme cui l'impugnativa va limitata la questione è fondata.

La legge 26 febbraio 1987, n. 49, nel porre la nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i paesi in via di sviluppo, ha qualificato, all'art. 1, comma 1, la cooperazione allo sviluppo come "parte integrante della politica estera dell'Italia". La stessa legge, all'art. 2, comma 3, ha elencato - nelle lettere da a) ad m) - le varie attività attraverso cui la cooperazione può essere sviluppata. Infine, lo stesso art. 2, ai commi 4 e 5, ha delineato lo spazio di intervento delle Regioni, delle Province autonome e degli altri enti locali precisando, in particolare: a) che tali enti possono avanzare "proposte" alla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo al fine di svolgere alcune delle attività di cui al comma 3 (e cioè quelle elencate nelle lettere a), c), d), e), f) ed h)); b) che tali attività possono essere attuate anche attraverso le strutture pubbliche di tali enti, stipulando, ove se ne ravvisi l'opportunità, apposite convenzioni con il Ministero per gli affari esteri.

Tali limiti, in relazione alla natura della materia regolata e alla sua incidenza in uno dei settori della politica estera riservata allo Stato, esigono un'osservanza rigorosa da parte delle Regioni e degli altri soggetti di autonomia, osservanza che non è dato riscontrare nei contenuti espressi dall'art. 3 della legge impugnata.

E invero, con questa norma, la Regione risulta legittimata a svolgere una serie di attività in tema di cooperazione con i paesi in via di sviluppo che vengono, nella sostanza, a ricalcare l'elencazione espressa nell'art. 2, comma 3, della legge n. 49 del 1987. Senonché, mentre questa legge, all'art. 2, commi 4 e 5, conferisce alle Regioni soltanto il potere di avanzare proposte alla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo e di attuare le proposte approvate attraverso le proprie strutture (previa, se del caso, stipula di un'apposita convenzione), l'art. 3 della legge impugnata conferisce direttamente alla Regione un potere di intervento nei settori indicati, richiedendo, per le attività elencate nel primo comma, il "previo parere favorevole della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo". La presenza di tale parere - introdotto in sede di riapprovazione della legge allo scopo di superare i rilievi governativi - oltre ad essere limitata ad alcune attività, non appare, d'altro canto, sufficiente a rendere compatibile la disciplina espressa nella norma regionale con i limiti indicati nell'art. 2, commi 4 e 5, della legge statale, ove si consideri che, in questa legge, il potere di determinazione dell'intervento risulta in ogni caso riservato alla sfera statale (quand'anche ricorra la proposta regionale), mentre nella norma impugnata tale potere risulta direttamente imputato alla sfera regionale (sia pure su parere favorevole dell'organo statale).

Lo spostamento dallo Stato alla Regione della competenza sostanziale relativa alla decisione dell'intervento altera, in un settore rilevante sul piano della politica estera, lo svolgimento della procedura prevista dall'art. 2, commi 4 e 5, della legge n. 49 del 1987 e viene, pertanto, a integrare una lesione, da parte della norma regionale, dei limiti segnati da tale legge, nonché della riserva prevista, per le attività attinenti ai rapporti internazionali, dall'art. 2 delle norme di attuazione dello statuto speciale di cui al d.P.R. n. 182 del 1982.

4.- I rilievi che precedono conducono ad affermare anche l'illegittimità costituzionale dell'art. 11, e, conseguenzialmente, degli artt. 12 e 13 della stessa legge, dove si disciplina il programma annuale degli interventi regionali nel settore della cooperazione e la concessione dei relativi finanziamenti.

Il programma annuale, per esplicita previsione contenuta nell'art. 11, comma 1, si riferisce, infatti, alla realizzazione della attività di cui all'art. 3 ed è tale da sottintendere, per la sua organicità (su cui v., in particolare, il comma 2), non semplici poteri di proposta, bensì poteri di determinazione delle varie attività richiamate nell'art. 3, che, per i motivi già illustrati, non possono ritenersi compresi nell'ambito delle competenze assegnate, dalla legge n. 49 del 1987, alla Regione. La disciplina relativa al programma (art. 11) nonché quella concernente i contributi e le procedure connesse allo stesso (artt. 12 e 13) vanno, pertanto, dichiarate incostituzionali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 3, 11, 12 e 13 della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta riapprovata il 13 luglio 1993, recante "Nuova disciplina degli interventi regionali di cooperazione e solidarietà con i paesi in via di sviluppo".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 27 febbraio 1996.