Ordinanza n. 51 del 1996

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ORDINANZA N.51

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Dott. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, commi 2 e 3, della legge 12 giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge), promosso con ordinanza emessa il 23 marzo 1995 dal Pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra FNLE CGIL - FLERICA CISL e Azienda Consorziale Servizi Reno, iscritta al n. 382 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visti l'atto di costituzione della FNLE - CGIL territoriale di Bologna nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 1996 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

RITENUTO che nel corso di un procedimento ex art. 28 della legge n. 300 del 1970 - instaurato dalla FNLE-CGIL e dalla FLERICA-CISL al fine di ottenere la dichiarazione dell'antisindacalità delle trattenute dei contributi operate dall'Azienda consortile servizi Reno, in occasione di uno sciopero tenutosi senza l'osservanza dell'obbligo di preavviso minimo di dieci giorni - il Pretore di Bologna, con ordinanza emessa il 23 marzo 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt. 39 e 40 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, commi 2 e 3, della legge 12 giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge);

che - premessa la concreta applicabilità nella fattispecie de qua delle disposizioni di cui al citato art. 4, comma 2 - osserva il rimettente come il prospettato vulnus ai richiamati parametri costituzionali derivi dall'attribuzione al datore di lavoro del potere di applicare sanzioni disciplinari a carico delle associazioni sindacali (sottoposte, così, proprio al soggetto contro il quale esercitano lo sciopero, in assenza di ogni garanzia procedurale che disciplini l'irrogazione delle sanzioni stesse), con sensibile incidenza sulla vita e sulla stessa ragion d'esistere di queste e con conseguente menomazione dei principi relativi alla libertà sindacale e al diritto di sciopero, peraltro riaffermati, nelle sue opzioni ideologiche di fondo, dalla legge n. 146 del 1990;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilità delle questioni o, in alternativa, per la restituzione degli atti al giudice a quo, non avendo il rimettente tenuto conto della sentenza n. 57 del 1995, con la quale questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 2 dell'impugnato art. 4;

che si è altresì costituita la FNLE-CGIL, in persona del segretario territoriale, deducendo il sostanziale superamento delle odierne questioni di costituzionalità per via delle motivazioni e del decisum della citata sentenza n. 57 del 1995.

CONSIDERATO che, con la sentenza n. 57 del 1995, questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 2, della legge 12 giugno 1990, n. 146, "nella parte in cui non prevede che la sospensione dei benefici di ordine patrimoniale ivi previsti avvenga su indicazione della Commissione di cui all'art. 12";

che contestualmente la Corte, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo anche l'art. 13, lettera c), della citata legge n. 146 del 1990, "nella parte in cui non prevede che la segnalazione della Commissione sia effettuata anche ai fini previsti dal comma 2 dell'art. 4";

che in particolare - ritenuta un'irragionevolezza interna allo stesso sistema sanzionatorio riguardante i sindacati - questa Corte ha affermato che l'irrogazione delle misure patrimoniali, previste dal comma 2 dell'art. 4, non possa prescindere da quel presupposto procedimentale (le cui fasi, non sottratte al generale canone audiatur et altera pars, risultano scandite dal successivo art. 12), che, rispetto alla garanzia della libertà sindacale sancita dall'art. 39 della Costituzione, "si configura come un requisito minimo indispensabile per l'insorgenza del potere sanzionatorio, ricollegando questo ad una imparziale valutazione delle circostanze rilevanti ed in tal guisa sottraendolo, nel momento genetico, alla unilaterale determinazione di un soggetto, quale il datore di lavoro, portatore di interessi potenzialmente contrapposti";

che - proprio in considerazione della ratio legis correlata alla estraneità delle problematiche riguardanti il rapporto tra diritto di sciopero ed interessi dell'impresa rispetto alla tutela degli interessi degli utenti approntata dalla normativa de qua - è stato perciò ritenuto che la segnalazione della Commissione di garanzia, quale soggetto super partes dotato di alta competenza, "si impone come necessario presupposto dell'azione sanzionatoria";

che, conseguentemente, in ragione dello specifico thema decidendum prospettato dal rimettente, il quale non ha tenuto conto della menzionata pronuncia di incostituzionalità della denunciata norma, la questione relativa al comma 2 del citato art. 4 va dichiarata manifestamente inammissibile;

che l'ulteriore questione di legittimità costituzionale del comma 3 dello stesso articolo risulta - stante l'esplicita affermazione dello stesso rimettente, secondo cui nel giudizio a quo non viene in contestazione la sanzione della esclusione dei sindacati dalle trattative - manifestamente inammissibile per la sua evidente irrilevanza.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, commi 2 e 3, della legge 12 giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge), sollevate, con riferimento agli artt. 39 e 40 della Costituzione, dal Pretore di Bologna, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 febbraio 1996.