Ordinanza n. 48 del 1996

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ORDINANZA N.48

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 604, comma 6, del codice di procedura penale promosso con ordinanza emessa il 10 gennaio 1995 dalla Corte d'appello di Messina nel procedimento penale a carico di Di Bella Mario Giuseppe, iscritta al n. 119 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 1996 il Giudice relatore Enzo Cheli.

RITENUTO che nel corso del procedimento penale nei confronti di Di Bella Mario Giuseppe, la Corte d'appello di Messina - su eccezione del difensore dell'imputato - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 604, comma 6, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 102 della Costituzione;

che la norma denunciata prevede che, qualora il giudice d'appello riconosca erronea la dichiarazione, adottata dal giudice di primo grado, di estinzione del reato o di improcedibilità o improseguibilità dell'azione penale, ordina, occorrendo, la rinnovazione del dibattimento e decide nel merito;

che il giudice rimettente prospetta l'incostituzionalità dell'art. 604, comma 6, del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevede che il giudice d'appello, laddove in primo grado sia stata pronunciata sentenza di improcedibilità dell'azione penale nella fase degli atti preliminari al dibattimento, a norma dell'art. 129 del codice di procedura penale, debba, ove ritenga erronea tale dichiarazione, disporre la trasmissione degli atti al primo giudice" nonché "nella parte in cui non prevede, nella medesima ipotesi, il diritto dell'imputato di accedere ai riti alternativi in appello";

che, ad avviso del giudice rimettente, "in caso di accoglimento, potrebbe derivarne la rimessione degli atti al primo giudice, ovvero il mutamento del rito";

che, sempre secondo il giudice a quo, la norma impugnata integrerebbe una disparità di trattamento tra imputati a seconda che siano destinatari di una sentenza di improcedibilità adottata nella fase predibattimentale o di una sentenza emessa a conclusione del dibattimento, rimanendo privato di un grado di giudizio l'imputato destinatario della prima;

che nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione.

CONSIDERATO che il giudice rimettente non ha esposto i fatti che hanno dato luogo al giudizio, così da poter identificare l'oggetto e i termini dello stesso;

che lo svolgimento dell'ordinanza di rimessione non consente di ricostruire con certezza i presupposti che renderebbero la questione pregiudiziale e rilevante rispetto al giudizio a quo, stante la contraddittorietà che è dato rilevare tra la qualificazione della sentenza impugnata, quale sentenza emessa "nella fase degli atti preliminari al dibattimento", e l'art. 469 del codice di procedura penale, secondo cui la sentenza emessa in camera di consiglio prima del dibattimento è inappellabile;

che, inoltre, la questione di costituzionalità è prospettata in modo perplesso perché i due profili di illegittimità appaiono invocati contestualmente, con la conseguente richiesta contraddittoria di poter rimettere la causa al pretore e di ammettere l'imputato ai riti alternativi in appello;

che, pertanto, la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 604, comma 6, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 102 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Messina con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 febbraio 1996.