Ordinanza n. 45 del 1996

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ORDINANZA N.45

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 498, comma 1, e 499, comma 5, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 14 dicembre 1994 dal Pretore di Pistoia - sezione distaccata di Monsummano Terme - nel procedimento penale a carico di Benigni Giovanni ed altri, iscritta al n. 109 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 dicembre 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri.

RITENUTO che, con ordinanza del 14 dicembre 1994, il Pretore di Pistoia, sezione distaccata di Monsummano Terme, ha sollevato questione di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 498, comma 1, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 194, comma 3, e 100 dello stesso codice, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, "nella parte in cui non prevede che il difensore della parte civile costituita ritualmente in giudizio possa porre domande al testimone per l'accertamento di fatti che non ineriscono direttamente alla posizione sostanziale della parte privata dallo stesso difesa";

b) dell'art. 499, comma 5, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 501, comma 2, e 514, comma 2, dello stesso codice, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, "nella parte in cui non prevede che il testimone vincolato dall'obbligo del giuramento possa avvalersi a supporto della propria memoria - a differenza del perito e del consulente tecnico - di atti quali documenti, note scritte e pubblicazioni, in particolare rappresentativi del legittimo diritto di cronaca";

che, in ordine alla questione sub a), il giudice a quo osserva che la norma impugnata - la quale dispone che "le domande sono rivolte direttamente dal pubblico ministero o dal difensore che ha chiesto l'esame del testimone" - crea una ingiustificata disparità di trattamento tra pubblico ministero e imputato da un lato e parte civile dall'altro, e viola, altresì, il diritto di difesa, limitando l'esercizio dei poteri esercitabili dal difensore della parte civile;

che, quanto alla questione sub b), ad avviso del remittente la norma censurata - secondo cui "il testimone può essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto della memoria, documenti da lui redatti" - viola il principio di eguaglianza posta in raffronto con l'art. 501, comma 2, del codice, il quale autorizza il perito e il consulente tecnico "in ogni caso" a consultare "documenti, note scritte e pubblicazioni";

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che le questioni siano dichiarate infondate.

CONSIDERATO che, in ordine alla questione relativa all'art. 498, comma 1, del codice di procedura penale, non esiste affatto, contrariamente a quanto ritiene il giudice a quo, la denunciata preclusione, in quanto l'art. 499, comma 6, del codice medesimo prevede esclusivamente il requisito della "pertinenza" delle domande, sul quale esplica il proprio potere di vigilanza - ovviamente nei confronti di tutte le parti - il presidente del collegio o il pretore;

che, pertanto, non sussiste alcuna violazione dei parametri costituzionali invocati, ma soltanto un problema di fatto, la cui soluzione è rimessa, caso per caso, alla valutazione del presidente o del pretore;

che anche la seconda questione, concernente l'art. 499, comma 5, del codice di procedura penale, è palesemente infondata, per la evidente diversità della posizione del testimone, il quale deve riferire su fatti in base a ricordi personali e può soltanto - con previsione derogatoria - consultare documenti di provenienza propria, rispetto a quella del perito o del consulente tecnico, che devono rispondere a quesiti di ordine tecnico.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, della norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 498, comma 1, e 499, comma 5, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Pistoia, sezione distaccata di Monsummano Terme, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 febbraio 1996.