Ordinanza n. 38 del 1996

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ORDINANZA N.38

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 560, 561 e 562 del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 554, comma 1, e 555 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 9 maggio 1995 dal Pretore di Torino nel procedimento penale a carico di Tuorto Domenico, iscritta al n. 438 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 gennaio 1996 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

RITENUTO che il Pretore di Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 560, 561 e 562 del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 554, comma 1, e 555 dello stesso codice, nella parte in cui consentono al pubblico ministero di emettere direttamente ed autonomamente il decreto di citazione a giudizio dell'imputato, deducendone il contrasto:

1) con l'art. 3 della Costituzione, in quanto l'eventuale carenza di indagini del pubblico ministero non può essere colmata, a differenza di quanto avviene nei procedimenti di competenza del tribunale, con nessun meccanismo di integrazione probatoria prima della citazione a giudizio, con negativi riflessi sulla possibilità di celebrare il giudizio abbreviato;

2) con l'art. 24 della Costituzione, in quanto nel rito pretorile sussiste una "impossibilità di integrazione probatoria da parte della difesa prima del rinvio a giudizio" potendo l'imputato aver appreso dell'esistenza del procedimento soltanto con la citazione a giudizio;

3) con l'art. 76 della Costituzione, in relazione alla direttiva numero 37) della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81, giacché il potere-dovere del pubblico ministero di compiere accertamenti anche a favore dell'indagato dovrebbe comportare un adeguato potere di controllo da parte del giudice;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

CONSIDERATO che il giudice a quo, nel censurare la disciplina che regola il provvedimento di rinvio a giudizio nel procedimento pretorile, omette di indicare quale dovrebbe essere la soluzione costituzionalmente imposta, sicché il quesito risulta formulato in termini tali da sollecitare l'adozione di una pronuncia sui generis secondo linee che questa stessa Corte è invitata a ricercare e costruire;

che, d'altra parte, è lo stesso rimettente ad aver conclusivamente osservato come, per superare lo "sbarramento" determinato dalla mancanza della udienza preliminare nel procedimento davanti al pretore, si sarebbe potuto introdurre un meccanismo analogo a quello stabilito per il giudizio immediato, ovvero prevedere "altri sistemi di controllo da parte del giudice sull'attività del pubblico ministero, prima del rinvio a giudizio dell'imputato", rendendo così evidente la pluralità delle possibili opzioni secondo le quali pervenire alla auspicata ricomposizione del sistema;

che, pertanto, richiedendosi a questa Corte un intervento che rientra nella esclusiva sfera della discrezionalità legislativa, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 560, 561 e 562 del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 554, comma 1, e 555 dello stesso codice, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione, dal Pretore di Torino con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Giuliano VASSALLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 12 febbraio 1996.