Ordinanza n. 33 del 1996

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ORDINANZA N.33

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Luigi MENGONI, Presidente

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 22 giugno 1988, n. 221 (Provvedimenti a favore del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie), così come interpretato dall'art. 3, comma 61, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), promossi con due ordinanze emesse entrambe il 2 febbraio 1994 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio rispettivamente sui ricorsi riuniti proposti da Patrizia Degano ed altri contro il Ministero di grazia e giustizia ed altri e sui ricorsi riuniti proposti da Aldo Susi ed altri contro il Ministero di grazia e giustizia, iscritte ai nn. 479 e 755 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 37 e 47, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di costituzione di Salvatore Ambrosino ed altri nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 gennaio 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

RITENUTO che con due ordinanze di identico contenuto, emesse il 2 febbraio 1994 nel corso di altrettanti giudizi promossi da numerosi dipendenti del Ministero di grazia e giustizia e pervenute alla Corte costituzionale rispettivamente il 13 luglio e l'11 ottobre 1995 (R.O. nn. 479 e 755 del 1995), il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 22 giugno 1988, n. 221 (Provvedimenti a favore del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie), così come interpretato dall'art. 3, comma 61, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica);

che l'art. 3, comma 61, della legge n. 537 del 1993 -- autoqualificandosi come norma interpretativa dell'art. 1 della legge n. 221 del 1988, con il quale è stata estesa al personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie l'indennità attribuita dalla legge 19 febbraio 1981, n. 27 ai magistrati -- stabilisce che l'indennità corrisposta al personale amministrativo giudiziario è da considerare nella misura vigente alla data 1· gennaio 1988, quindi senza l'adeguamento automatico triennale previsto per i magistrati;

che, secondo le ordinanze di rimessione, l'interpretazione imposta dalla norma denunciata, discostandosi da quella giurisprudenziale e non consentendo l'adeguamento periodico dell'indennità, determinerebbe una lesione del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione), giacché non sarebbe ragionevole la diversità di trattamento del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie, rispetto ai magistrati, nel calcolo di indennità riferite ad attività connesse. Inoltre la progressiva svalutazione dell'emolumento, non giustificata da una corrispondente diminuzione quantitativa e qualitativa delle prestazioni richieste al personale amministrativo giudiziario né collegata a situazioni di emergenza, lederebbe il principio di adeguatezza e proporzionalità della retribuzione (art. 36 della Costituzione);

che in entrambi giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, del tutto analoghe ad altre in precedenza decise dalla Corte con la sentenza n. 15 del 1995;

che in uno dei giudizi (R.O. n. 755 del 1995) si sono costituite alcune delle parti private del processo principale, chiedendo l'accoglimento della questione, in quanto l'interpretazione autentica disposta dall'art. 3, comma 61, della legge n. 537 del 1993 sarebbe irragionevole ed in contrasto con i principi di eguaglianza e di proporzionalità della retribuzione.

CONSIDERATO che i due giudizi, avendo ad oggetto le medesime disposizioni e proponendo questioni identiche, possono essere riuniti per essere decisi congiuntamente;

che una questione di legittimità costituzionale analoga a quelle ora sollevate è stata già dichiarata non fondata dalla Corte (sentenza n. 15 del 1995). L'art. 3, comma 61, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, che interpreta l'art. 1 della legge 22 giugno 1988, n. 221, non irragionevolmente esclude l'estensione al personale amministrativo del sistema di adeguamento automatico dell'indennità previsto per i magistrati: la diversità di regime giuridico delle indennità in questione è giustificata dalla mancanza di omogeneità tra le due diverse categorie di dipendenti e dal diverso meccanismo di determinazione del loro trattamento retributivo, basato solo per i magistrati sull'aggiornamento periodico nella misura percentuale pari alla media degli incrementi realizzati dai pubblici dipendenti, anziché sulle regole comuni del pubblico impiego applicate invece al personale amministrativo giudiziario;

che, inoltre, il principio di proporzionalità e sufficienza della retribuzione non implica l'indicizzazione delle indennità corrisposte, dovendo in ogni caso essere valutata la retribuzione nel suo complesso e non con riferimento ad uno solo degli elementi che concorrono a comporre il trattamento retributivo totale;

che analoghe questioni sono state dichiarate manifestamente infondate (ordinanze nn. 451 e 98 del 1995);

che non vengono ora addotti profili nuovi e diversi rispetto a quelli già esaminati dalla Corte;

che, conseguentemente, le questioni di legittimità costituzionale devono essere dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 22 giugno 1988, n. 221 (Provvedimenti a favore del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie), così come interpretato dall'art. 3, comma 61, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 1996.

Luigi MENGONI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 12 febbraio 1996.