Sentenza n. 12 del 1996

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SENTENZA N.12

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 3, della legge 23 gennaio 1991, n. 21 (recte: del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, recante: "Corresponsione ai pubblici dipendenti di acconti sui miglioramenti economici relativi al periodo contrattuale 1988-1990, nonché disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego", convertito in legge, con modificazioni, con la legge 23 gennaio 1991, n. 21), promosso con ordinanza emessa il 27 ottobre 1994 dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria sul ricorso proposto da Anna Lazzarotto ed altri contro l'Università degli studi di Genova, iscritta al n. 116 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di costituzione di Anna Lazzarotto ed altri nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 novembre 1995 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

udito l'avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

1. -- Con ordinanza emessa il 27 ottobre 1994, nel corso di un giudizio promosso da Anna Lazzarotto ed altri dipendenti dell'Università degli studi di Genova appartenenti alla sesta qualifica funzionale dell'area socio-sanitaria per l'annullamento dei provvedimenti con i quali erano state respinte le loro domande di partecipazione a corsi di formazione per l'accesso alla settima qualifica funzionale, il Tribunale amministrativo regionale della Liguria ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 3, della legge 23 gennaio 1991, n. 21 (recte: del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, recante: "Corresponsione ai pubblici dipendenti di acconti sui miglioramenti economici relativi al periodo contrattuale 1988-1990, nonché disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego", convertito in legge, con modificazioni, con la legge 23 gennaio 1991, n. 21).

La disposizione denunciata consente al personale della sesta qualifica funzionale, in servizio alla data del 1° 1979 e con almeno sei anni di anzianità in alcuni profili professionali specificatamente indicati (assistente amministrativo, assistente contabile, assistente tecnico, assistente di elaborazione dati, assistente bibliotecario, assistente poligrafico, assistente di ufficio tecnico), tra i quali non sono compresi quelli dell'area socio-sanitaria, di accedere al profilo professionale della qualifica funzionale immediatamente superiore a quella di appartenenza, superando un corso di aggiornamento professionale con esame finale, organizzato dalle singole università secondo programmi definiti con decreto ministeriale.

Il giudice rimettente, considerato tassativo l'elenco dei profili professionali per i quali è previsto lo speciale accesso riservato alla qualifica funzionale superiore, dubita della legittimità costituzionale della disposizione, in quanto essa non comprende i profili professionali dell'area socio-sanitaria. Ne deriverebbe una ingiustificata disparità di trattamento rispetto ad altre categorie di dipendenti egualmente appartenenti al sesto livello, essendo identica la configurazione del profilo di collaboratore tecnico (settima qualifica funzionale) per l'area tecnico-scientifica e per quella socio-sanitaria. Ad avviso del giudice rimettente, si determinerebbe una lesione del principio costituzionale di eguaglianza (art. 3 Cost.), giacché il differente trattamento non troverebbe giustificazione neppure nell'applicazione al personale dell'area socio-sanitaria degli istituti giuridici ed economici previsti per il corrispondente personale del Servizio sanitario nazionale (art. 22, comma 7, del d.P.R. 3 agosto 1990, n. 319). L'irragionevole frammentazione delle discipline di comparto determinerebbe, inoltre, la violazione dell'art. 97 della Costituzione, in contrasto con il principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione. Risulterebbe anche mortificata la progressione in carriera del personale interessato, che non conseguirebbe, in contrasto con l'art. 36 della Costituzione, benefici economici altrimenti previsti.

2. -- Si è costituita Anna Lazzarotto, unitamente ad altri ricorrenti nel giudizio principale, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata fondata.

Le parti private condividono le prospettazioni dell'ordinanza di rimessione e sottolineano la disparità di trattamento che la disposizione denunciata determinerebbe tra personale delle aree funzionali tecnico-scientifica e socio-sanitaria. Inoltre negare l'accesso ai corsi di aggiornamento, con la conseguente possibilità di progressione in carriera, inciderebbe sulla speranza di un miglioramento delle condizioni economiche, che si assumono tutelate dall'art. 36 della Costituzione.

3. -- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, in quanto diretta a provocare una pronuncia additiva non logicamente necessitata.

Nel merito la questione sarebbe infondata. Con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, il legislatore avrebbe esercitato correttamente il proprio potere discrezionale, non comprendendo il personale universitario non docente dell'area socio-sanitaria tra coloro ai quali è riservato il passaggio alla settima qualifica funzionale mediante corsi di aggiornamento. La scelta legislativa terrebbe conto sia delle peculiarità e delle mansioni svolte dal personale dell'area sanitaria, che dello stato giuridico privilegiato conferito esclusivamente ad esso dall'art. 22, comma 7, del d.P.R. n. 319 del 1990, in forza del quale si applica il più favorevole trattamento previsto per il personale del Servizio sanitario nazionale. Sarebbe inoltre, ad avviso dell'Avvocatura, scarsamente comprensibile il riferimento all'art. 36 della Costituzione.

In prossimità dell'udienza l'Avvocatura ha depositato una memoria, sottolineando la diversità di posizione del personale appartenente all'area socio-sanitaria rispetto a quello di altre aree. Solo per l'area socio-sanitaria l'accesso ai profili professionali della settima qualifica funzionale (caposala, capo ostetrica, capo tecnico di servizi diagnostici, capo tecnico di radiologia, dietista capo, fisioterapista capo, ortottico capo e capo dei servizi sanitari ausiliari) richiede il diploma delle relative scuole dirette a fini speciali (art. 22, comma 8, del d.P.R. n. 319 del 1990).

L'Avvocatura ribadisce che il mancato inserimento di tutti i profili dell'area socio-sanitaria tra quelli tassativamente indicati dalla norma denunciata per il passaggio alla settima qualifica funzionale attraverso corsi di aggiornamento, troverebbe compensazione nell'applicazione al personale di quest'area degli istituti giuridici ed economici, se più favorevoli, riconosciuti al corrispondente personale del Servizio sanitario nazionale. Si attuerebbe così una perequazione tra le diverse figure professionali, mediante benefici contrattuali di diversa natura.

Considerato in diritto

 

1. -- La questione di legittimità costituzionale concerne l'art. 9, comma 3, del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito in legge, con modificazioni, con la legge 23 gennaio 1991, n. 21, il quale, nel contesto di disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego, prevede che il personale non docente delle università, appartenente ad alcuni profili professionali dell'area tecnico-scientifica, specificatamente indicati, della sesta qualifica funzionale, possa accedere al profilo professionale della qualifica immediatamente superiore, mediante un corso di aggiornamento professionale con esami finali, organizzato dalle singole università secondo programmi definiti con decreto ministeriale.

Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria dubita della legittimità costituzionale della mancata inclusione del personale universitario dell'area socio-sanitaria, egualmente appartenente alla sesta qualifica funzionale, tra le categorie che possono fruire dell'accesso agevolato alla settima qualifica funzionale. Ad avviso del giudice rimettente, ne deriverebbe un'irragionevole disparità di trattamento tra personale inquadrato nelle aree tecnico-scientifica o socio-sanitaria, in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Inoltre la mancata progressione in carriera del personale non compreso nel beneficio, comportando riflessi economici, determinerebbe una lesione dell'art. 36 della Costituzione.

2. -- La questione di legittimità tende ad estendere lo speciale meccanismo di passaggio dalla sesta alla settima qualifica funzionale, riservato dalla disposizione denunciata ad alcuni profili professionali del personale non docente universitario, anche agli appartenenti all'area funzionale socio-sanitaria, muovendo da una piena equiparabilità delle diverse figure.

Questo presupposto interpretativo non può essere condiviso. Nell'area sanitaria i profili professionali della settima qualifica funzionale (capo sala, capo ostetrica, capo tecnico dei servizi diagnostici o di radiologia, dietista capo, capo dei servizi sanitari ausiliari) richiedono, secondo la disciplina vigente (art. 22 del d.P.R. 3 agosto 1990, n. 319), il possesso di uno specifico titolo (diploma delle relative scuole universitarie a fini speciali o altro titolo culturale e professionale previsto per i corrispondenti profili del Servizio sanitario nazionale), al quale non può essere equiparato il corso di formazione disciplinato dalla disposizione denunciata.

Inoltre, in ragione delle funzioni svolte nell'ambito dell'assistenza sanitaria e della corrispondente disciplina prevista per quel comparto, il personale universitario appartenente a profili professionali speciali della sesta qualifica funzionale era già stato inquadrato nella settima qualifica funzionale in forza dell'art. 20, comma 6, del d.P.R. 28 settembre 1987, n. 567.

Il personale universitario non docente appartenente all'area sanitaria è destinatario, quindi, di una disciplina complessiva che ha caratteristiche peculiari ed in parte differenziate rispetto a quella prevista per altre categorie del personale universitario. Non è dunque irragionevole la scelta legislativa che tenga conto sia della diversità di requisiti richiesti per l'accesso alla qualifica funzionale di livello superiore sia della parallela disciplina prevista per il corrispondente personale del Servizio sanitario nazionale.

Il dubbio di legittimità costituzionale, prospettato con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, non è pertanto fondato. Né si vede come possa essere leso l'art. 36 della Costituzione, posto che la pretesa di un trattamento retributivo maggiore è prospettata come conseguenza del mancato accesso ad una qualifica funzionale superiore ed all'esercizio quindi delle relative mansioni, cui il miglioramento retributivo è collegato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 3, del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344 (Corresponsione ai pubblici dipendenti di acconti sui miglioramenti economici relativi al periodo contrattuale 1988-1990, nonché disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego), convertito in legge, con modificazioni, con la legge 23 gennaio 1991, n. 21, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 29 gennaio 1996.