Ordinanza n. 464 del 1995

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ORDINANZA N. 464

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2, della legge 7 agosto 1982, n. 516 (Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria) promosso con ordinanza emessa il 14 dicembre 1994 dal G.I.P. presso il Tribunale di Mondovì nei procedimenti penali riuniti a carico di Araldo Pierluigi ed altro iscritta al n. 94 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 28 settembre 1995 il Giudice relatore Renato Granata.

RITENUTO che in un procedimento penale nel quale gli imputati erano chiamati a vario titolo a rispondere del reato di cui all'art. 3, comma secondo, della legge 7 agosto 1982, n. 516, per avere omesso di annotare, nell'apposito registro stampati, talune bolle di accompagnamento, il G.I.P. del Tribunale di Mondovì ha sollevato, con ordinanza del 14 dicembre 1994, questione di legittimità, in riferimento all'art. 3 Costituzione, della norma contravvenzionale suddetta, che appunto punisce con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a lire 2 milioni "chi stampa, fornisce, acquista o detiene stampati per la compilazione dei documenti di accompagnamento dei beni viaggianti o delle ricevute fiscali senza provvedere alle prescritte annotazioni" nel registro di cui al D.M. 29 novembre 1978 attuativo del d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627; che, secondo l'autorità remittente, la norma denunciata sarebbe, infatti, priva di ragionevolezza in quanto (continua a punire, forse per dimenticanza del legislatore, chi), con l'omessa annotazione nel registro di carico e scarico degli stampati per la compilazione dei documenti di accompagnamento delle merci, "si rende responsabile di un minus mentre non più punibile è ora" a suo avviso "chi commette indubbiamente un maius" e cioè omette la tenuta stessa di quel registro, per essere tale omissione non più incriminabile per effetto delle modifiche apportate dall'art. 1 della legge 15 maggio 1991, n. 154 all'art. 1, sesto comma, della legge 1982 n. 516, in parte qua; che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, per eccepire la manifesta infondatezza della impugnativa.

CONSIDERATO che la disposizione denunciata la quale, contrariamente a quanto ipotizzato dal giudice a quo, è stata volutamente mantenuta in vigore dal legislatore del 1991 (che, dopo averne inizialmente previsto l'abrogazione con l'art. 4 del d.l. n. 83, ha ritenuto poi "opportuno sopprimere la norma abrogativa" in sede di conversione; v. Atti Camera, Comm. VI, 16 aprile 1991) esprime, tuttora quindi, una consapevole opzione, riconducibile alla sfera della discrezionalità legislativa in tema di individuazione delle condotte incriminabili; che d'altra parte anche seguendo la prospettazione dell'ordinanza di rimessione quanto alla premessa dell'intervenuta depenalizzazione della contravvenzione sub art. 1, sesto comma, legge 1982, n. 516 non per questo ne consegue, ed anzi è all'evidenza da escludere, alcun profilo di irragionevolezza della perdurante incriminazione della condotta omissiva delle suddette annotazioni; che, invero, l'ovvia considerazione, sul piano fattuale, che non si possa procedere alle annotazioni sul registro se quel documento previamente non si istituisca non comporta, di per sè, la necessità in assoluto di ritenere la maggiore gravità di quest'ultima omissione (non dovendosi confondere l'antecedenza cronologica con la continenza logica), ma solo fa emergere il carattere strumentale della correlativa incriminazione rispetto ai doveri di annotazione (degli stampati delle bolle di accompagnamento), la cui inosservanza è appunto sanzionata dalla norma impugnata per agevolare il controllo sulle merci viaggianti, a sua volta finalizzato allo (scopo di assicurare l'applicazione dell'IVA) sui beni medesimi (art. 7 della legge 1976, n. 249); che, pertanto il legislatore in questa ed in ogni analoga sequenza di condotte in rapporto di strumentalità rispetto ad un comportamento finale adempitivo dell'interesse tutelato come è libero, nelle sue scelte di politica criminale, di anticipare la sanzione al livello della condotta antecedente (configurando tipici reati di pericolo) così resta del pari libero di posticipare (ab initio o in prosieguo) la linea di difesa incriminando solo il comportamento successivo nel quale individui in quel momento la manifestazione di un disvalore penalmente rilevante; che, conclusivamente, nella specie si appalesa non irragionevole (inserendosi coerentemente nel quadro delle finalità di "semplificazione delle violazioni formali" perseguite dalla legge del 1991) la scelta del legislatore di concentrare l'intervento penale sulla omessa annotazione, relegando nel limbo del penalmente irrilevante l'omessa predisposizione dell'apposito registro nel tempo anteriore all'acquisto e detenzione degli stampati; che la questione sollevata è quindi manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma secondo, della legge 7 agosto 1982, n. 516 (Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal G.I.P. del Tribunale di Mondovì, con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/10/95.

Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 26/10/95.