Ordinanza n. 453 del 1995

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ORDINANZA N.453

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), come sostituito dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359, promosso con ordinanza emessa il 30 settembre 1994 dalla Commissione tributaria di primo grado di Roma sul ricorso proposto da s.p.a. Ifigest in liquidazione contro l'Intendenza di Finanza di Roma, iscritta al n. 289 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di costituzione della società Ifigest in liquidazione;

udito nella camera di consiglio del 28 settembre 1995 il Giudice relatore Massimo Vari.

RITENUTO che la Commissione tributaria di primo grado di Roma, con ordinanza del 30 settembre 1994 (R.O. n. 289 del 1995) -nel corso di un giudizio proposto dalla Società Ifigest in liquidazione nei confronti dell'Amministrazione finanziaria per il rimborso della ritenuta fiscale del sei per mille operata dalla Banca Nazionale dell'Agricoltura sul saldo contabile del suo conto corrente alla data del 9 luglio 1992 -ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 47 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), come sostituito dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359; che, ad avviso del giudice remittente, il tributo previsto dalla disposizione denunciata:

a) presenterebbe "le caratteristiche proprie di un'imposta sul patrimonio finanziario e non su un effettivo reddito";

b) inciderebbe "in maniera ampia su situazioni differenziate, discriminando le posizioni dei soggetti colpiti", risultando ispirato "al principio di proporzionalità piuttosto che a quello di progressività";

c) colpirebbe "maggiormente i risparmi di minima e comunque contenuta entità, lasciando esenti patrimoni cospicui" investiti in utilizzi maggiormente remunerativi dei semplici depositi, gravando talora sopra "disponibilità finanziarie contingenti" e perciò non "sull'effettiva ricchezza, ma su temporanee liquidità" spesso da sottoporre ad ulteriori tassazioni;

d) consentirebbe "soltanto ai possessori di scritture contabili di provare l'ammontare effettivo del saldo disponibile, esistente alla data del 9 luglio 1992", escludendo dalla prova contraria la "generalità dei soggetti d'imposta";

che la norma denunciata risulterebbe, pertanto, in contrasto con:

1) l'art. 3 della Costituzione, "per aver colpito in maniera eguale situazioni differenziate";

2) l'art. 53 della Costituzione, per avere il prelievo "inciso su saldi contabili astratti che non possono essere considerati espressione di capacità contributiva", in violazione del principio di progressività;

3) l'art. 47 della Costituzione, per non aver tutelato nè incoraggiato il risparmio, "inducendo i risparmiatori a maggiori cautele" con sottrazione di ricchezza dal circuito economico; che si è costituita la ricorrente nel giudizio a quo, per chiedere una declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione censurata.

CONSIDERATO che la questione di legittimità costituzionale della disposizione di cui trattasi, negli stessi termini in cui risulta proposta dall'ordinanza in epigrafe, ha già formato oggetto di esame da parte di questa Corte che, con sentenza n. 143 del 1995, l'ha ritenuta non fondata; che pertanto, la questione, in mancanza di profili o argomenti nuovi atti ad indurre in diverso avviso, va dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), come sostituito dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 47 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Roma, con ordinanza emessa il 30 settembre 1994.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/10/95.

Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 24/10/95.