Sentenza n. 384 del 1995

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SENTENZA N. 384

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna, notificato il 23 febbraio 1995, depositato in Cancelleria il 2 marzo 1995, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali 6 dicembre 1994, con il quale è stato disposto lo scioglimento del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei sindaci di nomina assembleare del Consorzio agrario provinciale di Piacenza e con il quale è stato, altresì, decretato il commissariamento e nominato il Commissario governativo fino al 31 dicembre 1995, ed iscritto al n. 5 del registro conflitti 1995. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 luglio 1995 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

uditi l'avv. Franco Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna e l'Avvocato dello Stato Claudio Linda per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Emilia-Romagna ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro della Risorse agricole, alimentari e forestali 6 dicembre 1994, con il quale è stato disposto lo scioglimento del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei sindaci di nomina assembleare del Consorzio agrario provinciale di Piacenza, e con cui è stato altresì decretato il commissariamento dello stesso e nominato il Commissario governativo fino al 31 dicembre 1995. A parere della Regione ricorrente, tale decreto viola gli artt. 117 e 118 della Costituzione, in riferimento all'art. 2 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; agli artt. 66 e ss. del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; agli artt. 1, comma 2, e 2, comma 3, della legge 4 dicembre 1993, n. 491.

Ritiene la Regione ricorrente che a seguito dell'evoluzione normativa rappresentata dalle disposizioni richiamate, nessuna giustificazione sarebbe rinvenibile in merito alla persistenza del potere di vigilanza statale sui Consorzi, se non l'unico richiamo, peraltro assai lontano ed indiretto, contenuto nell'art. 71, lett. d) (recte: b) del d.P.R. n. 616 del 1977.

La successiva istituzione dell'AIMA (legge n. 303 del 1966, riordinata con legge 14 agosto 1982, n. 610) ed ora dell'EIMA (legge (recte: decreto-legge) 26 gennaio 1995, n. 23), quale strumento di intervento statale nel mercato agricolo, eliminerebbe qualsiasi residuo coinvolgimento dei consorzi provinciali in questa attività. In sostanza, la funzione dei Consorzi agrari si ridurrebbe oggi alla mera cura degli interessi degli operatori consorziati, tipicamente riferibili alla dimensione locale. Diversamente ragionando, si giungerebbe alla assurda conseguenza di sottrarre alle regioni qualsivoglia competenza sugli operatori economici in materia agricola, conseguenza in contrasto con le ampie attribuzioni riconosciute dagli artt. 66 e 67 del d.P.R. n. 616 del 1977.

Come ulteriore circostanza, rileva la Regione ricorrente che la legge 4 dicembre 1993, n. 491 ha trasferito tutte le competenze in materia alle regioni, salvo quelle espressamente attribuite allo Stato: ed in nessuna delle competenze mantenute in capo al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali è possibile ritrovare il benchè minimo appiglio che giustifichi la permanenza delle funzioni di vigilanza sui Consorzi provinciali.

2. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso della Regione Emilia-Romagna sia rigettato.

La difesa erariale ritiene insussistente la ritenuta violazione di competenze regionali sia in quanto sarebbe da escludere che l'elencazione delle competenze statali operata dall'art. 2 della legge n. 491 del 1993 determini l'automatico trasferimento dei compiti di vigilanza sui consorzi agrari dal Ministero alle regioni, sia in quanto il disposto di cui all'art. 6, comma 1, lettera c), della stessa legge, demanda ad un regolamento governativo il riordino o la soppressione degli enti vigilati dall'ex Ministero dell'agricoltura: non essendo ancora stato emanato il relativo regolamento, il potere di vigilanza deve ritenersi tuttora di competenza dello Stato.

Considerato in diritto

 

1. - La Regione Emilia-Romagna ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali 6 dicembre 1994, con il quale è stato disposto lo scioglimento del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei sindaci di nomina assembleare del Consorzio agrario provinciale di Piacenza, e con cui è stato altresì decretato il commissariamento dello stesso e nominato il Commissario governativo fino al 31 dicembre 1995. A parere della Regione ricorrente, tale decreto viola gli artt. 117 e 118 della Costituzione.

2. - Dopo aver richiamato un lontano precedente di questa Corte in merito al potere di vigilanza sui consorzi agrari (sentenza n. 63 del 1969), la Regione sottolinea come, rispetto a quell'epoca, siano cambiati i presupposti normativi, le cui tappe sono rappresentate dall'art. 2 del d.P.R. 15 gennaio del 1972, n. 11, e dagli artt. 66 e seguenti del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sulla cui base nessuna giustificazione parrebbe trarsi in merito alla persistenza del potere di vigilanza statale sui Consorzi, se non l'unico richiamo, peraltro assai lontano ed indiretto, riguardante "gli interventi di interesse nazionale per la regolazione del mercato agricolo" (art. 71, primo comma, lett. b) del d.P.R. n. 616 del 1977).

La successiva istituzione dell'Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA) mediante la legge 13 maggio 1966, n. 303, successivamente riordinata con legge 14 agosto 1982, n. 610, ed in tempi recentissimi dell'Ente per gli interventi nel mercato agricolo (EIMA), mediante decreto-legge 26 gennaio 1995, n. 23, successivamente reiterato mediante i decreti- legge 27 marzo 1995, n. 87 e 26 maggio 1995, n. 192, quale strumento di intervento statale nel mercato agricolo, eliminerebbe qualsiasi residuo coinvolgimento dei consorzi provinciali in questa attività: pertanto, la ratio della sentenza n. 63 del 1969 di questa Corte sarebbe oggi superata. In sostanza, la funzione dei Consorzi agrari si ridurrebbe oggi alla mera cura degli interessi degli operatori consorziati, tipicamente riferibili alla dimensione locale. Diversamente ragionando, si giungerebbe alla conseguenza, secondo la ricorrente, di sottrarre alle regioni qualsivoglia competenza sugli operatori economici in materia agricola, conseguenza in contrasto con le ampie attribuzioni riconosciute dagli artt. 66 e 67 del d.P.R. n. 616 del 1977.

Come ulteriore circostanza, rileva la Regione ricorrente che la legge 4 dicembre 1993, n. 491, ha trasferito tutte le competenze in materia di agricoltura alle regioni, salvo quelle espressa mente attribuite allo Stato e che in nessuna delle competenze mantenute in capo al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali è possibile ritrovare il benchè minimo appiglio che giustifichi la permanenza delle funzioni di vigilanza sui Consorzi provinciali.

3. - Il presente ricorso va respinto.

Dal punto di vista normativo, è opportuno ricordare anzitutto il decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, che, tra l'altro, stabilisce (art. 35) : "Ai Consorzi agrari ed alla Federazione italiana dei consorzi agrari sono applicabili le disposizioni degli artt. 2542 e 2545 del codice civile. I poteri previsti dalle predette disposizioni sono esercitati dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste, il quale inoltre ha facoltà:

a) di disporre ispezioni sul funzionamento dei Consorzi agrari e della Federazione;

b) di sospendere l'esecuzione di deliberazioni o atti che ritenga illegittimi o contrari alle finalità degli enti o al pubblico interesse;

c) di annullare in ogni tempo gli atti contrari alle leggi, ai regolamenti e, di concerto con il Ministero del lavoro, quelli contrari agli statuti.

I Consorzi e la Federazione debbono dare comunicazione al Ministero delle proposte di modifiche statutarie, dei bilanci, delle deliberazioni del Consiglio, dei Comitati e delle assemblee".

Diverse disposizioni del trentennio successivo all'entrata in vigore del decreto hanno attribuito ai consorzi agrari numerose attività di competenza statale, prevedendo nel contempo provvidenze e contributi economici per l'assolvimento dei compiti assegnati. Così, la legge n. 364 del 1970, nel prevedere provvidenze ai consorzi da parte del Ministero, ribadiva (art. 18) che "i consorzi sono sottoposti alla vigilanza del Ministero dell'agricoltura e delle foreste che ha la potestà di intervenire, pure in via surrogatoria, per assicurarne il buon funzionamento e la regolare attuazione dei fini istituzionali, anche mediante lo scioglimento dell'amministrazione ordinaria e la nomina di un commissario."

4. - Il d.P.R. n. 616 del 1977, nel ripartire le competenze fra lo Stato e le regioni, attribuisce al primo "gli interventi di interesse nazionale per la regolazione del mercato agricolo; la garanzia della sicurezza degli approvvigionamenti, l'organizzazione del commercio con l'estero; la ricerca e informazione di mercato a livello nazionale ed internazionale". Venendo alle più recenti disposizioni contenute nella legge n. 491 del 1993, va rilevato che da essa si deduce una sostanziale conferma del precedente orientamento normativo e giurisprudenziale.

Ed infatti: a) l'art. 2 affida al Ministero l'attività necessaria ad assicurare la partecipazione alla programmazione ed all'attuazione delle politiche nazionale e comunitaria in materia agricola, alimentare e forestale; b) a tal fine viene istituito il Comitato permanente delle politiche agroalimentari e forestali, presieduto dal Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali e composto dai presidenti delle regioni e delle province autonome; spetta a tale Comitato concertare, tra l'altro, criteri e indirizzi per interventi relativi "alla cooperazione agro-industriale e alimentare; c) l'art. 6 stabilisce che il Governo procederà entro un certo termine, tra l'altro, "a riordinare o sopprimere gli enti vigilati dal Ministero, prevedendo, d'intesa con il Comitato di cui all'art. 2, comma 6, anche la possibilità di trasferire le funzioni alle regioni".

5. - Questa Corte ha avuto poche occasioni per pronunciarsi su argomenti attinenti alla questione oggetto del presente conflitto. Con la sentenza n. 63 del 1969 fu ritenuto di competenza dello Stato l'esercizio della vigilanza e del controllo sui Consorzi agrari provinciali, anteriormente al d.P.R. n. 616 del 1977 e pur sempre dopo l'avvio del trasferimento alle Regioni a statuto speciale (v. d.P.R. n. 111 del 1965) delle competenze in materia di agricoltura; ciò soprattutto in considerazione dello svolgimento di attività dello Stato da parte di detti enti, i cui collegi sindacali sono integrati da tre membri di nomina statale (art. 44 del decreto- legge n. 125 del 1948).

Circa il trasferimento delle competenze in materia agricola alle regioni, la stessa Corte, nella sentenza n. 142 del 1972, successiva all'emanazione del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 (richiamato dalla Regione ricorrente), nel delineare i vari limiti di detto trasferimento, ribadì che dovevano rimanere fuori da tale obbligo "tanto le competenze non rientranti nella materia, obiettivamente considerata, quanto le altre che, se pure ad essa riconducibili, riguardassero interessi trascendenti la sfera regionale".

Al riguardo, la difesa erariale fa notare, nel presente conflitto, in primo luogo che i consorzi agrari svolgono una serie di compiti non strettamente rientranti nell'ambito agricolo; in secondo luogo che gli stessi operano su tutto il territorio nazionale, sia pure mediante il loro collegamento con i Consorzi di altre province e con la Federazione italiana dei consorzi agrari.

Rileva anche ricordare la recente sentenza n. 115 del 1993, secondo cui la disciplina delle figure soggettive della cooperazione è affidata alla competenza statale; nè le attribuzioni regionali che si esprimono in ordine ai settori nei quali le cooperative operano e alla regolamentazione delle materie che formano oggetto della loro attività sono idonee a toccare o ad assorbire tale competenza.

6. - Alla luce di questi elementi legislativi e giurisprudenziali può concludersi che i Consorzi agrari costituiscono a tutt'oggi strumenti dell'intervento pubblico sul mercato agricolo, e risultano pertanto ancora ispirati al conseguimento di finalità nazionali; finalità che in questa materia non risultano essere soddisfatte in via esclusiva da altri organismi (AIMA o EIMA). Da ciò discende che, allo stato attuale, la Regione non potrebbe esprimere quella visione integrata degli interessi pubblici complessivi che giustifica l'attribuzione del controllo ad organismi di livello statale. In questo senso si pongono peraltro anche le proposte di legge pendenti al Parlamento per una riforma della disciplina dei consorzi agrari.

Per queste considerazioni, per la natura dei compiti tradizionalmente svolti dai Consorzi agrari, nonchè per la loro proiezione oltre i limiti regionali, devono ritenersi spettanti ancora allo Stato la vigilanza ed il controllo sugli stessi.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta allo Stato, e per esso al Ministro per le risorse agricole, alimentari e forestali, ai sensi dell'art. 35 del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, disporre lo scioglimento del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei sindaci di nomina assembleare del Consorzio agrario provinciale di Piacenza, decretare il commissariamento dello stesso e nominare il Commissario governativo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 25 luglio 1995.