Sentenza n. 383 del 1995

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 383

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso di Giuseppe Calderisi, Lorenzo Strik Lievers ed Elio Vito, promotori e presentatori dei referendum in materia di commercio, di elezioni comunali e di contributi sindacali, ammessi dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 3, 4, 10 e 13 del 1995, e fissati, con decreti del Presidente della Repubblica del 5 aprile 1995, per la data dell'11 giugno 1995, notificato il 5 giugno 1995, depositato in Cancelleria il 9 giugno 1995, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto-legge 19 maggio 1995, n. 182, recante "Disposizioni urgenti per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie" ed iscritto al n. 18 del registro conflitti 1995.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 luglio 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli;

uditi l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per Giuseppe Calderisi, Lorenzo Strik Lievers ed Elio Vito e l'Avvocato dello Stato Enrico Arena per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso del 30 maggio 1995, depositato il 2 giugno 1995, Giuseppe Calderisi, Lorenzo Strik Lievers e Elio Vito, promotori e presentatori dei referendum in materia di commercio, di elezioni comunali e di contributi sindacali, ammessi dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 3, 4, 10 e 13 del 1995, e fissati, con decreti del Presidente della Repubblica del 5 aprile 1995, per la data dell'11 giugno 1995, hanno sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Garante per la radiodiffusione e l'editoria e del Governo, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, esponendo che i provvedimenti del Garante del 12 aprile 1995, recante "Regolamento per la disciplina della comunicazione sulla stampa e sulla radiotelevisione relativa ai referendum abrogativi per la cui votazione è fissata la data del giorno 11 giugno 1995", del 13 maggio 1995, recante "Integrazioni e modifiche delle disposizioni 12 aprile 1995 relative alle campagne referendarie sulla stampa e sulla radiotelevisione" e del 22 maggio 1995, recante "Disposizioni relative alle campagne referendarie sulla stampa e sulla radiotelevisione", nonchè il decreto-legge 19 maggio 1995, n. 182, recante "Disposizioni urgenti per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie", ri- lesivi dei poteri di rilievo costituzionale spettanti al comitato promotore dei suddetti referendum, con violazione degli artt. 21, 41, 48, 75, 77 e 136 della Costituzione.

Nel ricorso si richiama preliminarmente la consolidata giurisprudenza costituzionale che ha riconosciuto la legittimazione attiva a sollevare conflitto di attribuzione tra poteri ai promotori dei referendum abrogativi e, per quanto concerne il Garante per la radiodiffusione e l'editoria, si espone che la qualifica di potere dello Stato deriverebbe dalla sua posizione di autonomia e indi pendenza dal Governo nonchè dalle attribuzioni di immediata attuazione della Costituzione conferiti a tale organo dalle leggi che lo disciplinano.

Passando all'esame degli atti del Garante impugnati, i ricorrenti osservano che il provvedimento del 22 maggio dispone la prosecuzione dell'applicazione delle norme previste dai due precedenti atti del 12 aprile e del 13 maggio 1995, da considerare decaduti insieme al decreto-legge n. 83 del 1995, non convertito nei termini di legge, e che le norme attualmente in vigore previste dal decreto-legge n. 182 del 1995, che ha disposto la reiterazione con modifiche del precedente decreto-legge, non attribuiscono al Garante alcun potere al fine di disporre limitazioni al diritto politico fondamentale di proporre messaggi pubblicitari durante le campagne referendarie.

Pertanto, nel ricorso si afferma che i provvedimenti impugnati del Garante sono viziati da assoluta carenza di potere.

In relazione al decreto-legge n. 182 del 1995, i ricorrenti contestano la carenza dei presupposti di necessità e urgenza richiesti dall'art. 77 della Costituzione, nonchè il fatto che, in relazione alla materia referendaria, lo stesso decreto-legge risulterebbe incostituzionale per violazione dell'art. 136 della Costituzione, dal momento che l'atto in questione pone limitazioni al diritto alla pubblicità referendaria, in contrasto con quanto affermato dalla Corte nella sentenza n. 161 del 1995. Infine, sempre ad avviso dei ricorrenti, il decreto n. 182 del 1995, essendo frutto di una reiterazione, limiterebbe indebitamente per la seconda volta, dopo il decreto-legge n. 83 del 1995, un diritto politico fondamentale.

2.- Con ordinanza n. 226 del 2 giugno 1995, questa Corte ha dichiarato ammissibile il conflitto nei confronti del Governo, ma non del Garante per la radiodiffusione e l'editoria, dal momento che le attribuzioni di questo organo, disciplinate dalla legge ordinaria (art. 6 della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni e integrazioni), non sono state ritenute di rilievo costituzionale, nè tali da giustificare - nonostante la particolare posizione di indipendenza riservata all'organo nell'ordinamento - la sussistenza del requisito relativo alla competenza a dichiarare in via definitiva la volontà di uno dei poteri dello Stato.

3.- Nel giudizio davanti alla Corte ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che il ricorso sia dichiarato inammissibile ovvero, in subordine, infondato. Nella memoria depositata l'Avvocatura contesta la permanenza di un interesse nella parte ricorrente e, sotto diverso profilo, l'attuale esistenza giuridica della stessa parte ricorrente, osservando che i referendum in questione si sono già svolti in data 11 giugno 1995 e che il comitato dei promotori non può essere configurato come un organo o un potere costituito stabilmente, ma solo in relazione allo svolgimento del referendum.

Secondo l'Avvocatura il conflitto è inammissibile anche sotto un profilo oggettivo, dal momento che nel caso di specie non ricorrerebbe la condizione richiesta dalla sentenza n. 161 del 1995 della Corte costituzionale, consistente nell'esistenza di situazioni non più reversibili nè sanabili, in presenza delle quali il conflitto può trovare ingresso anche nei confronti di atti con forza di legge.

Ad avviso dell'Avvocatura, nella fattispecie in esame, non sussisterebbe neppure la "evidente mancanza" dei presupposti della necessità e dell'urgenza richiesti dall'art. 77 della Costituzione che, secondo la sentenza n. 161 del 1995, consente il sindacato di merito della Corte, dal momento che il provvedimento impugnato risulta adottato nell'imminenza dei referendum ed allo scopo evidente di adeguare il tessuto normativo alla sentenza n. 161.

Infine, nella memoria si contestano anche le censure riferite agli artt. 21, 41 e 48 della Costituzione.

4.- Con atto in data 8 luglio 1995, depositato in cancelleria il 10 luglio 1995, i ricorrenti hanno dichiarato di rinunciare al ricorso.

Considerato in diritto

Con il ricorso in esame Giuseppe Calderisi, Lorenzo Strik Lievers e Elio Vito, promotori e presentatori dei referendum in materia di commercio, di elezioni comunali e di contributi sindaca li, ammessi dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 3, 4, 10 e 13 del 1995, fissati per la data dell'11 giugno 1995, richiedono che questa Corte dichiari la non spettanza al Governo del potere di emanare il decreto-legge 19 maggio 1995, n. 182, recante "Disposizioni urgenti per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie", in quanto ritenuto lesivo delle attribuzioni di rilievo costituzionale spettanti al comitato promotore dei suddetti referendum, in violazione degli artt. 21, 41, 48, 75, 77 e 136 della Costituzione; con il conseguente annullamento, previa sospensione, dello stesso decreto-legge.

Va, peraltro, rilevato che i ricorrenti hanno dichiarato di rinunciare al ricorso e che, nel corso dell'udienza, la rinuncia è stata ritualmente accettata dal Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato. Ai sensi di quanto disposto dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, va, pertanto, dichiarata l'estinzione del processo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara estinto il processo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/07/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 25/07/95.