Sentenza n. 380 del 1995

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SENTENZA N. 380

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 52, comma 4, della legge della Regione Trentino-Alto Adige 4 gennaio 1993, n. 1 (Nuovo ordinamento dei comuni della Regione Trentino-Alto Adige), "trasfuso nell'art. 96 del testo unico approvato con d.P.G.r. 14 ottobre 1993, n. 19/L", promosso con ordinanza emessa il 25 novembre 1994 dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige sul ricorso proposto dal Comune di Tuenno contro la Provincia autonoma di Trento, iscritta al n. 157 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento della Regione Trentino-Alto Adige;

udito nella camera di consiglio del 14 giugno 1995 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto in fatto

1.-- Con ordinanza emessa il 25 novembre 1994 -- nel giudizio sul ricorso proposto dal Comune di Tuenno avverso il provvedimento con il quale la Giunta provinciale di Trento ha disposto l'annullamento di una deliberazione del Consiglio comunale -- il Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 5 e 130 della Costituzione, dell'art. 52, comma 4, della legge regionale del Trentino-Alto Adige 4 gennaio 1993, n. 1 (Nuovo ordinamento dei comuni della Regione Trentino-Alto Adige), "trasfuso nell'art. 96 del testo unico approvato con d.P.G.r. 14 ottobre 1993, n. 19/L", il quale prevede che, nel caso in cui -- nel corso del controllo sulle deliberazioni comunali, svolto, nella Regione Trentino-Alto Adige, dalla Giunta provinciale -- vengano richiesti chiarimenti o elementi integrativi di giudizio all'ente deliberante, il termine per l'annullamento (di venti giorni) riprende a decorrere dal momento della ricezione degli atti richiesti.

La norma sarebbe irrazionale ed in contrasto con i principi costituzionali sul controllo di legittimità degli atti amministrativi, in quanto, nel caso della richiesta di elementi integrativi di giudizio, il termine effettivo di venti giorni, a disposizione dell'organo di controllo, sarebbe eccessivamente compresso, con il rischio, tra l'altro, che i provvedimenti siano trasmessi volutamente incompleti all'organo di controllo, al fine di sottrarre spazio ed efficacia al controllo medesimo.

Ad avviso del remittente, la logica suggerirebbe, invece, di riservare all'esame degli elementi integrativi gli stessi venti giorni previsti per il controllo del primo atto, come era stabilito dall'art. 59 della legge statale del 10 febbraio 1953, n. 62, tanto più che il potere di controllo costituisce "un diritto soggettivo di una persona giuridica di diritto pubblico".

2.-- Nel giudizio di fronte alla Corte costituzionale è intervenuta la Regione Trentino-Alto Adige, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile ovvero infondata.

Rilevato che l'ordinanza richiede una pronuncia additiva, attraverso la sostituzione al sistema della sospensione del termine di quello dell'interruzione, e cioè una pronunzia implicante una scelta ampiamente discrezionale che esula dai poteri della Corte, si osserva che non può costituire parametro, trattandosi di una regione a statuto speciale, dotata di competenza esclusiva in materia di controlli, la legge statale sulle autonomie locali che adotta il sistema della interruzione del termine per il controllo, anzichè quello della sospensione. Inoltre, tra i parametri invocati, l'art. 5 della Costituzione non sembra minimamente coinvolto dalla norma in esame, apparendo, al contrario, il sistema della sospensione maggiormente rispettoso delle autonomie locali.

Circa la lamentata violazione dell'art. 130 della Costituzione, la memoria sottolinea che il sistema della sospensione del termine deve essere giudicato ragionevole, in quanto assicura comunque, sebbene in due fasi, un tempo complessivo di esame non inferiore a quello di venti giorni, previsto per il caso in cui non si faccia luogo a richiesta di chiarimenti; tempo questo che rappresenta il risultato della scelta discrezionale del legislatore.

Considerato in diritto

1.-- Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 52, comma 4, della legge regionale del Trentino-Alto Adige 4 gennaio 1993, n. 1 (Nuovo ordinamento dei comuni della Regione Trentino-Alto Adige), "trasfuso nell'art. 96 del testo unico approvato con d.P.G.r. 14 ottobre 1993, n. 19/L".

La disposizione in questione, dopo aver stabilito, al comma 1, che le deliberazioni degli organi comunali soggette a controllo preventivo di legittimità diventano esecutive se, nel termine di venti giorni dalla ricezione delle stesse, la Giunta provinciale non abbia adottato un provvedimento di annullamento, dandone, entro il medesimo termine, comunicazione all'ente interessato, dispone, al comma 4, che il termine è sospeso per una sola volta se, prima della sua scadenza, il Presidente della Giunta provinciale o l'assessore competente chiede chiarimenti o elementi integrativi di giudizio all'ente deliberante, precisando che, in tal caso, il termine per l'annullamento riprende a decorrere dal momento della ricezione degli atti richiesti.

Secondo il giudice remittente la disposizione censurata, nella parte in cui prevede che il termine di venti giorni resti soltanto sospeso e non interrotto in caso di richiesta di chiarimenti o elementi integrativi di giudizio e riprenda, perciò, a decorrere dal momento della ricezione degli atti richiesti, sarebbe in contrasto con i principi costituzionali sul controllo di legittimità de gli atti amministrativi, di cui agli artt. 5 e 130 della Costituzione, nonchè con l'art. 3 della Costituzione; parametro quest'ultimo che non viene espressamente citato, ma è desumibile dalla motivazione dell'ordinanza, che denuncia, tra l'altro, l'irrazionalità della disposizione impugnata.

2.-- La questione non è fondata.

Va, anzitutto, rilevata l'improprietà del riferimento all'art. 5 della Costituzione, norma che, invero, si limita a sancire i principi dell'autonomia e del decentramento, ponendoli a fondamento dell'ordinamento repubblicano, ma non tocca la materia dei controlli.

Quanto, poi, all'art. 130 della Costituzione, va ricordato che la Regione Trentino-Alto Adige gode di competenza esclusiva nella materia dell'ordinamento degli enti locali, nell'ambito della quale rientrano anche i controlli (art. 4, numero 3, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, come sostituito dall'art. 6 della legge costituzionale 23 settembre 1993, n. 2).

Vero è che detta competenza va esercitata in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato, ma, per quel che può qui interessare, dall'art. 130 della Costituzione null'altro è dato desumere se non il principio che il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali è esercitato da un organo della Regione; principio con il quale la disposizione impugnata è certamente in sintonia.

Per il resto, nel caso della Regione Trentino-Alto Adige, come anche per le altre regioni ad autonomia differenziata, resta affidato al legislatore regionale il compito di disciplinare, tra l'altro, il procedimento e i tempi del controllo, secondo scelte rimesse alla sua discrezionalità, come si desume anche dalle soluzioni seguite dalle altre regioni a statuto speciale che, pur avendo, in linea di massima, accolto, per quanto attiene alla richiesta di chiarimenti, il criterio dell'interruzione, non seguono soluzioni univoche quanto ai termini entro i quali deve esaurirsi la procedura di controllo. Va da sè che la discrezionalità, affidata al legislatore, incontra il limite della ragionevolezza, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, limite che, tuttavia, non sembra travalicato nel caso della legge regionale denunciata.

L'avverarsi dell'ipotesi formulata dal giudice remittente, secondo il quale, esaurita la prima fase di riscontro, potrebbe permanere un tempo residuo eccessivamente ridotto, tale da non consentire una adeguata valutazione dell'atto alla luce degli elementi acquisiti in via istruttoria, dipenderà, a ben vedere, pur sempre dall'organo di controllo, al quale, in definitiva, spetterà di utilizzare il complessivo tempo a disposizione in modo tale che fra il primo esame e quello che interviene in esito all'istruttoria disposta, vi sia una equilibrata ripartizione del complessivo termine di venti giorni.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 52, comma 4, della legge regionale del Trentino-Alto Adige 4 gennaio 1993, n. 1 (Nuovo ordinamento dei comuni della Regione Trentino-Alto Adige), "trasfuso nell'art. 96 del testo unico approvato con d.P.G.r. 14 ottobre 1993, n. 19/L", sollevata, in riferimento agli artt. 3, 5 e 130 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 25 luglio 1995.