Sentenza n. 376 del 1995

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SENTENZA N. 376

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge regionale della Toscana 6 aprile 1989, n. 22 (Interpretazione autentica dell'art. 3 della legge regionale n. 80 del 1978: Modificazioni e riordino della disciplina relativa alla determinazione della indennità, rimborso spese, trattamento economico e delle missioni al Presidente e ai membri del Comitato regionale di controllo e sezioni decentrate), promosso con ordinanza emessa il 13 aprile 1994, dal Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria sul proposto da Mangiapane Antonino contro la Regione Toscana, iscritta al n. 658 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visti gli atti di costituzione della Regione Toscana e di Mangiapane Antonino;

udito nell'udienza pubblica del 2 maggio 1995 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;

uditi gli avvocati Mario Rampini per Mangiapane Antonino e Carlo Mezzanotte per la Regione Toscana.

Ritenuto in fatto

1. -- Nel corso del procedimento promosso dal dott. Antonino Mangiapane nei confronti della Giunta regionale della Toscana avverso l'annullamento d'ufficio di una delibera di accoglimento di proposta transattiva, il Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria, con ordinanza del 13 aprile 1994 (R.O. n. 658 del 1994), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge regionale della Toscana 6 aprile 1989, n. 22 (Interpretazione autentica dell'art. 3 della legge regionale n. 80 del 1978: Modificazioni e riordino della disciplina relativa alla determinazione delle indennità, rimborso spese, trattamento economico e delle missioni al Presidente e ai membri del Comitato regionale di controllo e sezioni decentrate).

Nell'ordinanza vengono, anzitutto, sintetizzate le varie fasi della vertenza oggetto del giudizio innanzi al Collegio remittente e le lunghe e complesse vicende processuali parallele.

Si espone, in particolare, che essendo stato il dottor Mangiapane -- attualmente Segretario generale del Comune di Perugia -- autorizzato dall'amministrazione di provenienza, per il periodo in cui aveva svolto le funzioni di Segretario generale delle Province di Siena e di Arezzo, a risiedere a Perugia, egli riteneva di aver diritto, per le sedute di quelle sezioni decentrate del Comitato regionale di controllo (CORECO) alle quali aveva partecipato quale membro di diritto, all'applicazione in suo favore dell'art. 3 della legge regionale della Toscana n. 80 del 1978, secondo cui <a tutti i componenti effettivi e supplenti che risiedono in un comune diverso da quello sede del Comitato o delle sezioni spetta il rimborso delle spese di viaggio quando si rechino alle sedute del Comitato o delle sezioni>. Pertanto, egli chiedeva, ed otteneva la emissione di un decreto ingiuntivo per la corresponsione degli importi relativi al periodo novembre 1980 - novembre 1981, relativo allo svolgimento delle funzioni di componente del CORECO di Siena, decreto, peraltro, revocato dal Tribunale di Firenze con decisione confermata in appello.

La Corte di cassazione, con sentenza n. 5194 del 12 giugno 1987, accoglieva il ricorso dell'interessato, con rinvio alla Corte d'appello di Bologna. Nelle more del giudizio di rinvio, la Regione Toscana emanava la legge n. 22 del 6 aprile 1989, il cui articolo unico dispone che l'art. 3 della citata legge regionale n. 80 del 1978 deve intendersi nel senso che il rimborso delle spese di viaggio compete nei soli casi di spostamento del soggetto interessato al fine esclusivo di partecipare alle sedute del Comitato, con esclusione, quindi, del caso in cui il componente del Comitato stesso sia tenuto ad effettuare tale spostamento per motivi inerenti alla propria attività lavorati va, come era nel caso di specie.

La Corte d'appello di Bologna rigettava, poi, il ricorso del dottor Mangiapane, alla stregua della predetta normativa, ed anche la Cassazione si pronunciava negli stessi termini con la sentenza n. 12997 del 9 dicembre 1992, impugnata per revocazione. Ma in pendenza del giudizio di rinvio innanzi alla predetta Corte d'appello, la regione, adeguandosi alla prima sentenza della Cassazione, aveva intrapreso trattative per risolvere transattivamente la vertenza, e, quanto agli importi richiesti dall'interessato per il periodo dicembre 1981 - giugno 1987, aveva deciso di liquidare una somma in suo favore (della quale più tardi avrebbe richiesto la restituzione).

La commissione di controllo annullava, frattanto, la delibera di approvazione della transazione, ma la relativa decisione veniva impugnata con ricorso straordinario al Capo dello Stato, il cui accoglimento determinava la reviviscenza della prima delibera. Questa veniva, poi, nuovamente annullata, questa volta d'ufficio dalla regione, in virtù della sopravvenuta legge n. 22 del 1989.

Il Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria, chiamato a decidere sull'impugnativa nei confronti del disposto annullamento d'ufficio, sospetta la illegittimità costituzionale dell'articolo unico della legge della Regione Toscana 6 aprile 1989, n. 22.

Il Collegio remittente solleva, al riguardo, un dubbio circa la reale connotazione della norma in questione come norma interpretativa, osservando che essa compie una operazione di integrazione testuale, e cioè prevede delle limitazioni alla spettanza del rimborso delle spese non contenute nel previgente disposto normativo. Vi sarebbe, pertanto, un eccesso di potere legislativo nonchè una violazione dei principi costituzionali che regolano la formazione delle leggi e di quello di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione.

Ove, poi, ritenuta norma di interpretazione autentica, la disposizione de qua violerebbe altri parametri costituzionali: caducando gli effetti della menzionata decisione di accoglimento del ricorso straordinario proposto dall'interessato, si porrebbe in contrasto con le norme costituzionali poste a tutela del diritto di difesa, e quindi con gli artt. 24, primo e secondo comma, e 113 della Costituzione e, incidendo su situazioni definite, violerebbe i principi di certezza del diritto, di parità di trattamento, corretto andamento dell'attività dell'amministrazione, lealtà e trasparenza di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Il Collegio remittente ravvisa, altresì, nella disposizione denunciata un contrasto con il principio di irretroattività della legge, di cui all'art. 11 delle preleggi, e, quindi, ancora una volta con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, nella misura in cui la legge interpretativa, in quanto retroattiva, viene a ledere rapporti ormai definiti.

Parimenti, il mancato rispetto di tale limite da parte del legislatore regionale violerebbe l'art. 117, primo comma, della Costituzione.

2. -- Nel giudizio si sono costituiti sia la Regione Toscana, sia la parte privata, la prima chiedendo il rigetto della questione, la seconda insistendo per il suo accoglimento.

3. -- Nell'imminenza dell'udienza entrambe hanno depositato memorie.

In quella presentata nell'interesse della regione, si insiste nelle conclusioni rassegnate alla stregua del carattere realmente interpretativo della legge regionale n. 22 del 1989 che, in presenza di interpretazioni giurisprudenziali diverse, ha chiarito che l'art. 3 della legge regionale n. 80 del 1978 va letto alla luce del principio della rimborsabilità delle sole spese effettivamente sostenute dal componente del CORECO che sia obbligato a spostarsi dal comune di residenza specificamente in ragione della partecipazione alla seduta del Collegio.

Secondo la difesa della regione, quindi, la legge impugnata si sarebbe limitata a privilegiare una delle due possibili interpretazioni, uno dei significati già insiti nella citata norma di cui all'art. 3 della legge regionale n. 80 del 1978. Nè la legge impugnata sarebbe intervenuta, come sostiene il giudice a quo, ad incidere, caducandone gli effetti, sulla decisione di accoglimento del ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto dall'interessato avverso la delibera della commissione di controllo, che aveva annullato quella regionale di approvazione della transazione intervenuta. Il d.P.R. con il quale tale ricorso è stato accolto è, infatti, successivo all'emanazione della legge stessa.

L'interpretazione privilegiata dalla disposizione impugnata, d'altra parte, lungi dall'arrecare vulnus alla parità di trattamento ed al principio di buona amministrazione, sarebbe stata dettata, come si legge nella relazione alla legge n. 22 del 1989, proprio dall'esigenza di evitare lo snaturamento del concetto di rimborso quale ristoro di un onere subito tramutandolo in un beneficio economico supplementare, con conseguente difformità di trattamento tra i vari componenti del Collegio ed aggravio di oneri per l'amministrazione regionale.

Quanto al rilievo del carattere retroattivo della disposizione impugnata, la difesa della regione ha ricordato la giurisprudenza costituzionale secondo la quale, fuori dalla materia penale, al legislatore non è inibito dettare norme con efficacia retroattiva, ed ha rilevato che nella specie non di legge retroattiva vera e propria si tratterebbe, ma di legge che attribuisce carattere vincolativo all'interpretazione autentica della norma preesistente.

La difesa della parte privata ha, invece, insistito per la declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione censurata ponendo l'accento sul carattere non interpretativo, ma in novativo della stessa, e comunque sulla circostanza che la pretesa economica del dottor Mangiapane, basata su effettive esigenze di rimborso spese, era stata riconosciuta fondata da una sentenza della Cassazione, che aveva affermato un principio di diritto poi vanificato dalla legge n. 22 del 1989. Questa, emanata con procedura d'urgenza nella pendenza del giudizio innanzi alla Corte d'appello di Bologna che avrebbe dovuto applicare il principio enunciato dalla Cassazione, avrebbe, quindi, avuto il solo scopo di precludere il definitivo esito favorevole in quel giudizio. Nel contempo, essa avrebbe inciso sulla decisione di accoglimento del ricorso straordinario del Mangiapane al Capo dello Stato.

Considerato in diritto

1. -- Il Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge regionale della Toscana 6 aprile 1989, n. 22.

Secondo la prospettazione del giudice a quo, la disposizione impugnata, sotto lo schermo di una interpretazione autentica dell'art. 3 della legge regionale n. 80 del 1978, introdurrebbe una sostanziale modificazione della disciplina previgente. Essa, pertanto, realizzerebbe un'ipotesi di eccesso di potere legislativo e si porrebbe in contrasto con i parametri costituzionali che regolano la formazione delle leggi -- che vanno individuati, in assenza di espressa menzione nella ordinanza di rimessione, negli artt. 123 e 127 della Costituzione, relativi all'attività legislativa regionale -- nonchè con l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza. Per l'ipotesi in cui la Corte ritenga configurabile la natura interpretativa della disposizione de qua, il Collegio remittente vi ravvisa ulteriori profili di incostituzionalità, in riferimento alle norme poste a tutela del diritto di difesa, e cioè agli artt. 24, primo e secondo comma, e 113 della Costituzione, perchè essa caducherebbe gli effetti della decisione di accoglimento di un ricorso straordinario al Capo dello Stato, e cioè di uno degli strumenti di tutela nei confronti degli atti della Pubblica Amministrazione; nonchè in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto, incidendo su situazioni definite per effetto di accordo tra le parti e con valenza di posizioni di diritto soggettivo, violerebbe i principi di certezza del diritto, di parità di trattamento, di corretto andamento, di lealtà e trasparenza dell'attività della Pubblica Amministrazione;

ed ancora in riferimento al principio di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione poichè, applicandosi retroattivamente, lederebbe rapporti preteriti e quindi intangibili, e all'art. 117 del la Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto, da parte del legislatore regionale, del predetto limite dei rapporti definiti.

2. -- La questione non è fondata.

La legge regionale della Toscana 22 dicembre 1978, n. 80, all'art. 3, primo comma, dispone che <a tutti i componenti effettivi e supplenti che risiedono in un comune diverso da quello sede del Comitato o delle sezioni spetta il rimborso delle spese di viaggio, quando si rechino alla seduta del Comitato e delle sezioni>, stabilendo, poi, al secondo comma, la misura del rimborso in ragione della distanza tra il comune di residenza e quello sede del Comitato e delle sezioni.

Su tale disposizione il legislatore regionale è successivamente intervenuto con l'articolo unico, oggi censurato, della legge 6 aprile 1989, n. 22.

La norma in questione dispone che l'art. 3 della legge regionale 22 dicembre 1978, n. 80 <deve intendersi nel senso che il rimborso delle spese di viaggio compete nei soli casi di spostamento del soggetto interessato al fine esclusivo di partecipare alle sedute del Comitato o delle sue sezioni>, e chiarisce che <comunque il rimborso non compete quando l'interessato sia tenuto a tale spostamento per il compimento di doveri inerenti la propria ordinaria attività lavorativa>.

3. -- Deve essere, anzitutto, premesso che i principi in tema di disposizioni interpretative, definiti dalla giurisprudenza di questa Corte in relazione alle leggi statali, sono estensibili anche alle leggi con le quali una regione interpreta autenticamente proprie precedenti normative (sentenza n. 397 del 1994). Pertanto, ai fini del presente giudizio, va anzitutto verificato il rispetto di tali principi da parte della legge impugnata. Il ricorso a leggi di interpretazione autentica non può, infatti, secondo la costante giurisprudenza della Corte, essere utilizzato, come il giudice a quo sospetta che sia avvenuto nella specie, per attribuire a norme innovative una surrettizia efficacia retroattiva, in quanto in tal modo la legge interpretativa verrebbe meno alla sua funzione peculiare, che è quella di chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero di imporre una delle possibili varianti di senso compatibili col tenore letterale (sentenze n. 15 del 1995 e n. 397 del 1994).

Ritiene questa Corte, in risposta a specifica censura, che nella legge oggetto del presente giudizio, a prescindere dalla sua autoqualificazione, sono ravvisabili i caratteri propri della interpretazione autentica, e che quindi non si tratta di legge sostanzialmente innovativa con effetti retroattivi. Induce a tali conclusioni anzitutto la considerazione della sussistenza, nella fase anteriore alla emanazione della legge regionale n. 22 del 1989, di un dubbio interpretativo di così rilevante portata da aver dato luogo, nei diversi gradi di un medesimo giudizio, come specificato in narrativa, a decisioni contrastanti.

Infatti, sia il Tribunale che la Corte di appello di Firenze avevano negato il diritto al rimborso delle spese di viaggio relative alla partecipazione del dottor Mangiapane alle sedute del Comitato regionale di controllo in considerazione della coincidenza tra il luogo di esplicazione delle sue funzioni e la sede della sezione de centrata del Comitato, diritto poi riconosciuto dalla Cassazione. Inoltre, sulla base dei principi generali del pubblico impiego e del relativo trattamento economico, come applicati dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, deve escludersi la possibilità di missione o trasferta -- e, conseguentemente, di rimborso di spese di viaggio -- nell'ambito del luogo di espletamento delle normali funzioni di istituto da parte del soggetto legato da rapporto di pubblico impiego; e ciò anche con riferimento ad attività diverse da quelle proprie del rapporto fondamentale.

In presenza di siffatto indirizzo giurisprudenziale, ancorchè tutt'altro che univoco, non sono riscontrabili i vizi denunciati. Non può, infatti, censurarsi sul piano della ragionevolezza la scelta interpretativa operata dal legislatore regionale toscano, che è in senso conforme ad analoghe normative di altre regioni (si veda, al riguardo, l'art. 7 della legge regionale delle Marche 2 agosto 1984, n. 20), e, a ben vedere, in armonia con la ratio ispiratrice della norma di cui all'art. 3, terzo comma, lettera b), della legge dello Stato 18 dicembre 1973, n. 836, sul trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali, nella parte in cui esclude l'indennità di trasferta per le missioni compiute nella località di abituale dimora.

Ed invero, l'autorizzazione al dipendente pubblico a risiedere in un comune diverso dalla località sede di servizio, come chiarito anche dalla giurisprudenza amministrativa, viene concessa nell'interesse privato del funzionario, in deroga ad un preciso obbligo giuridico: il relativo onere economico non può, pertanto, essere posto a carico dell'amministrazione.

Nè è lecita alcuna illazione in ordine ad un presunto intento del legislatore strumentale al solo caso riferito, e non diretto ad una generalità astratta di consociati, bensì volto a vanificare il giudizio della Cassazione. Tra l'altro, non apparendo sostenibile che il caso oggetto di quel giudizio fosse l'unico in cui potesse sorgere questione di interpretazione dell'art. 3 della legge regionale della Toscana n. 80 del 1978, era ragionevole un intervento che inquadrasse l'interpretazione e l'applicazione entro i principi generali del pubblico impiego e dei relativi trattamenti economici accessori.

4. -- Il carattere interpretativo della legge in esame non è, tuttavia, decisivo ai fini della verifica di conformità ai precetti costituzionali. La giurisprudenza di questa Corte ha individuato una serie di limiti alla potestà di emanazione di leggi interpretative, nel cui novero vanno considerati, oltre alla ragionevolezza della scelta operata, il divieto di ingiustificata disparità di trattamento, la coerenza e certezza del diritto, il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (sentenza n. 397 del 1994).

In particolare, il giudice a quo ritiene che la normativa impugnata si ponga in contrasto con i principi costituzionali che presidiano il diritto di difesa (artt. 24, primo e secondo comma, e 113 della Costituzione) vanificando gli effetti della decisione di accoglimento del ricorso straordinario al Capo dello Stato, proposto dal Mangiapane. Al riguardo, è sufficiente rilevare, per confutare tale argomentazione, che, come posto in evidenza dalla difesa della Regione Toscana, la legge interpretativa de qua è anteriore, e non successiva, all'accoglimento del ricorso straordinario con il quale il dottor Mangiapane aveva impugnato l'annullamento da parte della Commissione di controllo della delibera di approvazione della transazione intervenuta tra l'interessato e la regione. La decisione di quel ricorso, del resto, era stata determinata da ragioni attinenti alla validità dell'atto transattivo, e del tutto estranee alla interpretazione controversa della norma di cui all'art. 3 della legge n. 80 del 1978.

5. -Quanto alla censurata violazione dei principi di certezza del diritto, parità di trattamento, corretto andamento dell'attività dell'amministrazione, lealtà e trasparenza, di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione, che, secondo quanto si deduce nella ordinanza di rimessione, de riverebbe dall'avere la normativa impugnata inciso su situazioni definite per effetto di accordo tra le parti, va ribadito -- a prescindere dalla considerazione che l'accordo transattivo, come chiarito in narrativa, riguardava solo una parte della lunga e complessa vicenda giudiziaria che è all'origine del presente giudizio -- quanto già affermato in ordine alla ragionevolezza della legge impugnata. La legge stessa è valsa, al contrario di quanto ritenuto dal giudice a quo, ad evitare uno stravolgimento delle finalità della norma regionale interpretata, impedendo -- come osservato nella relazione sulla proposta di legge interpretativa poi approvata -che il concetto di rimborso quale ristoro di un onere subito si tramuti in un "beneficio economico supplementare", con conseguente, irragionevole disparità di trattamento tra i componenti del Collegio e pesante aggravio per l'amministrazione regionale, a parte ogni contrasto con i principi generali relativi agli obblighi di servizio e trattamento economico accessorio del pubblico impiego sopra richiamati.

6. -- L'ultima censura da valutare riguarda il lamentato contrasto della disposizione in esame con il principio di irretroattività della legge e, quindi, ancora una volta, con quello di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, in quanto la legge retroattiva lederebbe rapporti ormai definiti, nonchè con l'art. 117, primo comma della Costituzione, per il mancato rispetto da parte del legislatore regionale dello stesso principio di irretroattività.

Come è noto, il principio di irretroattività delle leggi ha ottenuto in sede costituzionale garanzia specifica soltanto con riguardo alla materia penale ex art. 25, secondo comma, della Costituzione: è pur vero che esso mantiene per le altre materie valore di principio generale ai sensi dell'art. 11, primo comma, delle disposizioni preliminari del codice civile, cui il legislatore deve in via preferenziale attenersi: ma la possibilità di adottare norme dotate di efficacia retroattiva non può essere esclusa, ove esse vengano a trovare un'adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si pongano in contrasto con altri principi o valori costituzionalmente protetti (sentenze n. 397, n. 153 e n. 6 del 1994).

Nella fattispecie, inoltre, non si verte in tema di legge retroattiva, ma di legge interpretativa, in cui il momento della esegesi, come già chiarito, si salda con quello precettivo integrandosi con esso, per dar luogo ad una disposizione unitaria: la legge interpretativa comporta ontologicamente un carattere di riferimento al passato, intendendo che la norma intepretata abbia fin dall'origine un determinato contenuto.

Se siffatto elemento di retroattività connaturale alla legge interpretativa ceda di fronte alla intangibilità del giudicato è problema che non in volge la fattispecie all'esame della Corte, in cui nessun giudicato si era formato. Infatti la Cassazione, con la prima sentenza n. 5194 del 12 giugno 1987, aveva enunciato, sulla base della norma vigente, un principio di diritto, vincolante per il giudice di rinvio nella vigenza della norma stessa, poi travolto da una successiva legge di interpretazione autentica, operante quale ius su perveniens, mentre con successiva sentenza (soggetta a giudizio di revocazione), n. 12997 del 9 dicembre 1992, la stessa Cassazione ha poi confermato la sentenza di appello contenente il rigetto del ricorso.

7. -- Alla stregua delle esposte argomentazioni, viene a cadere, altresì, il dubbio di contrasto con l'art. 117, primo comma, della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge regionale della Toscana 6 aprile 1989, n. 22 (Interpretazione autentica dell'art. 3 della legge regionale n. 80 del 1978: Modificazioni e riordino della disciplina relativa alla determinazione delle indennità, rimborso spese, trattamento economico e delle missioni al Presidente e ai membri del Comitato regionale di controllo e sezioni decentrate), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 123, 127, 24, primo e secondo comma, 113, 97 e 117, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 25 luglio 1995.