Ordinanza n. 369 del 1995

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ORDINANZA N. 369

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI 

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 15 della legge 11 ottobre 1990, n. 290 (Modifiche e integrazioni alla legge 3 gennaio 1981, n. 6, concernente norme in materia di previdenza per gli ingegneri e architetti), recte: dell'art. 20 della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti), promosso con ordinanza emessa l'8 novembre 1994 dal Pretore di Livorno nel procedimento civile vertente tra Bernacca Ferdinando e la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri e gli architetti, iscritta al n. 124 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 28 giugno 1995 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

RITENUTO che, nel corso di un giudizio civile promosso dall'architetto Ferdinando Bernacca contro la Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri e gli architetti, il Pretore di Livorno, con ordinanza dell'8 novembre 1994, ha sol levato, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 della legge 3 gennaio 1981, n. 6, come modificato dall'art. 15 della legge 11 ottobre 1990, n. 290, nella parte (comma 1) in cui prevede che coloro che cessano dall'iscrizione alla Cassa senza avere maturato i requisiti assicurativi per il diritto alla pensione non possono ottenere il rimborso dei contributi versati prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età;

che, ad avviso del giudice rimettente, il limite cui dalla norma impugnata è assoggettato il diritto al rimborso comporta un sacrificio eccessivo dell'interesse del singolo rispetto all'interesse collettivo della categoria, specialmente nel caso, ricorrente nella specie, in cui l'ex iscritto alla Cassa, essendo titolare di pensione a carico dello Stato, non sia ammesso al beneficio previsto dall'art. 6 della legge n. 290 del 1990, avendo il d.lgs. 30 giugno 1994, n. 479, istitutivo dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP), rinviato a successivi provvedimenti di legge l'individuazione di una gestione autonoma per i trattamenti pensionistici dei dipendenti statali, che dovrebbe consentire anche ai pensionati versanti nella situazione del ricorrente di ottenere la ricongiunzione contributiva presso l'ente erogatore della pensione ai fini della liquidazione di un supplemento;

che la violazione dei parametri costituzionali invocati è argomentata anche dal confronto con gli ordinamenti previdenziali di altre categorie professionali, nei quali la restituzione dei contributi è contestuale alla cancellazione dall'ente di previdenza (art. 21 della legge 20 settembre 1980, n. 576, per gli avvocati e i procuratori legali; art. 21 della legge 29 gennaio 1986, n. 21, per i dottori commercialisti; art.23 della legge 23 novembre 1971, n. 1100, per i consulenti del lavoro), nonchè dal secondo comma dello stesso art. 20 della legge n. 6 del 1981 (modificato dalla legge n. 290 del 1990), che in caso di cessazione dell'iscritto per morte prevede l'immediata restituzione dei contributi ai superstiti non aventi titolo a pensione indiretta;

che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

CONSIDERATO che questa Corte ha già avuto occasione di pronunciarsi sulla questione nella sentenza n. 450 del 1993, che ha giudicato non irrazionali i criteri più restrittivi con cui l'art. 15 della legge n. 290 del 1990 ha ridefinito il con temperamento tra il principio di solidarietà di gruppo e l'interesse individuale dei singoli al rimborso dei contributi in caso di cessazione dall'iscrizione alla Cassa senza avere maturato i requisiti del diritto alla pensione;

che la stessa sentenza ha precisato che la ratio di tale giudizio, per quanto riguarda i liberi professionisti titolari di pensione a carico di altro ente previdenziale, è indipendente dalla possibilità di conseguire un supplemento di pensione mediante ricongiunzione contributiva presso l'ente erogatore, ai sensi dell'art. 6 della legge n. 290 del 1990; che comunque, dopo il trasferimento della gestione delle pensioni statali dal Ministero del tesoro a un ente parastatale (INPDAP), non dovrebbe tardare un provvedimento che rimuova la discriminazione dei pensionati statali contenuta nel citato art. 6;

che, per giurisprudenza costante di questa Corte, ai fini del principio di eguaglianza non sono producenti confronti con altri sistemi previdenziali, dovendosi peraltro rilevare che, a fronte degli esempi citati dal giudice rimettente (l'ultimo dei quali superato), sono più numerosi gli ordinamenti di previdenza per professionisti portanti una norma identica a quella denunciata (cfr. art. 6 della legge 4 agosto 1990, n. 236, per i geometri; art. 23 della legge 12 aprile 1991, n. 136, per i veterinari; art. 21 della legge 5 agosto 1991, n. 249, per i consulenti del lavoro; art. 23 della legge 30 dicembre 1991, n. 414, per i ragionieri e periti commerciali);

che nessun argomento può trarsi dal secondo comma dell'art. 20, nel testo sostituito dall'art. 15 della legge del 1990, il criterio dell'età non essendo evidentemente applicabile in caso di cessazione dell'iscrizione alla Cassa per morte: in questo caso la restrizione del diritto al rimborso dei contributi - precedentemente attribuito agli eredi è attuata dal nuovo testo limitandolo ai superstiti indicati dall'art. 7;

che il riferimento all'art. 38 Cost. non è pertinente, la norma impugnata avendo precisamente una funzione di tutela dei livelli di finanziamento del sistema previdenziale della categoria professionale.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 1, della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti), come sostituito dall'art. 15 della legge 11 ottobre 1990, n. 290 (Modifiche e integrazioni alla legge 3 gennaio 1981, n. 6, concernente norme in materia di previdenza per gli ingegneri e architetti), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Pretore di Livorno con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/07/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 24/07/95.