Sentenza n. 363 del 1995

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SENTENZA N. 363

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3, della legge 2 gennaio 1991, n. 1 (Disciplina dell'attività di intermediazione mobiliare e disposizioni sull'organizzazione dei mercati mobiliari), promosso con ordinanza emessa il 31 dicembre 1994 dal Pretore di Tortona nel procedimento civile vertente tra la ECU s.i.m. s.p.a. ed il Ministero del tesoro, iscritta al n. 113 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di costituzione della s.p.a. ECU s.i.m., nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 27 giugno 1995 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

uditi l'avvocato Giuseppe Gianni per la ECU s.i.m. s.p.a. e l'Avvocato dello Stato Antonino Freni per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso del procedimento civile vertente tra la ECU s.i.m. s.p.a. e il Ministero del tesoro, il Pretore di Tortona, con ordinanza emessa il 31 dicembre 1994, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3, della legge 2 gennaio 1991, n. 1 (Disciplina dell'attività di intermediazione mobiliare e disposizioni sull'organizzazione dei mercati mobiliari), nella parte in cui non prevede la responsabilità solidale del rappresentante della società di intermediazione mobiliare (s.i.m.) e della stessa società per il pagamento della sanzione amministrativa ad essa irrogata, nonchè il diritto di regresso nei confronti dell'autore della violazione, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione.

Ritiene il giudice rimettente che la disposizione impugnata, non indicando i soggetti destinatari delle sanzioni e dei provvedimenti cautelari dalla stessa previsti - mentre dalla lettura complessiva della stessa tali sanzioni sembrerebbero doversi riferire alla società di intermediazione, con esclusione dei rappresentanti legali o degli amministratori -, introdurrebbe una diseguaglianza nel trattamento sanzionatorio rispetto a quello stabilito per altre società soggette ad organi di controllo al pari della la ricorrente.

Come tertia comparationis vengono indicate la normativa riguardante le imprese assicuratrici contenuta nell'art. 6, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, e la disposizione relativa all'esercizio dell'attività bancaria di cui all'art. 144 del decreto legislativo 30 (recte: 1o) settembre 1993, n. 385.

L'analogia tra le situazioni poste a raffronto appare al giudice a quo evidente, trattandosi di violazioni commesse nell'esercizio delle funzioni o delle incombenze connesse all'attività sociale da parte di soggetti investiti di poteri di rappresentanza - o di amministrazione o di direzione - o da parte di dipendenti di imprese operanti in particolari settori economici di generale interesse: non avrebbe pertanto razionale giustificazione l'esclusione solo per i soggetti contemplati dalla disposizione impugnata del vincolo di solidarietà nel pagamento della sanzione fra l'autore della violazione e l'ente in rappresentanza o alla dipendenze del quale abbia agito, nonchè del diritto di regresso dell'ente nei confronti dell'autore della violazione.

Sul punto della rilevanza, il giudice a quo sottolinea che qualora fosse dichiarata l'illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, la società opponente potrebbe recuperare l'importo della sanzione agendo in via di regresso contro chi ha dato causa alla sua applicazione.

2. - Nel giudizio davanti a questa Corte si è costituita la ECU s.i.m. s.p.a., chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia accolta.

La parte preliminarmente motiva sulla sicura rilevanza della questione, in primo luogo in quanto dall'eventuale accoglimento della stessa deriverebbe l'illegittimità del provvedimento impugnato (in quanto diretto a sanzionare la sola società e non anche l'autore della violazione); ed in secondo luogo in quanto dall'accoglimento della questione deriverebbe la possibilità per la stessa società di agire in via di regresso nei confronti degli autori dell'illecito.

Quanto al merito della questione, si ribadiscono le argomentazioni svolte nell'ordinanza di rimessione, ritenendo che questa Corte non potrebbe esimersi dal dichiarare l'incostituzionalità della norma avvalendosi del noto concetto di dichiarazione d'incostituzionalità di norma ostativa implicita.

3. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.

L'Avvocatura dello Stato rileva, in primo luogo, che la questione difetta del requisito della rilevanza, in quanto in ogni caso la E.C.U. s.i.m. s.p.a. sarebbe tenuta all'adempimento per l'intero (art. 1292 del codice civile), e non potrebbe sollevare obiezioni in ordine alla scelta del creditore di pretendere da essa l'intero, ovvero, in assenza di un'apposita previsione del c.d. beneficio di escussione, in ordine alla escussione di altri eventuali debitori in solido.

Nel merito, la difesa erariale ritiene che la questione sia (manifestamente) infondata.

Essendo ormai pacifica l'applicabilità delle sanzioni amministrative nei confronti delle perso ne giuridiche (quali le s.i.m.), ed essendo la responsabilità della persona giuridica in relazione all'attività compiuta dai suoi organi comunemente qualificata come responsabilità diretta in ragione del rapporto di immedesimazione organica, ritiene la difesa erariale che la diretta riferibilità della sanzione pecuniaria alla sola società sia coerente con il sistema sanzionatorio delineato dall'art. 13 della legge n. 1 del 1991. La "omessa previsione" denunciata dal giudice a quo non sarebbe da intendersi come "esclusione": sul punto l'ordinanza di rimessione sarebbe pertanto carente, non avendo il giudice cercato di colmare la lacuna mediante il ricorso ai principi generali desumibili dalla disciplina sistematica delle sanzioni amministrative dettata dalla legge n. 689 del 1981.

Peraltro, essendo la funzione della solidarietà passiva quella di garantire il creditore, l'eventuale esclusione dell'obbligazione in solido di altri soggetti per il pagamento della sanzione potrebbe riflettersi (negativamente) solo sulla posizione della pubblica amministrazione creditrice, ma in ragione di una scelta legislativa non arbitraria, bensì coerente al sistema e che potrebbe essere ulteriormente giustificata dalla semplificazione (degli elementi) della fattispecie sanzionata e del procedimento sanzionatorio.

Le suesposte ragioni fanno escludere l'irragionevolezza della disposizione impugnata: se ciò tuttavia non bastasse, rileva l'Avvocatura che nell'ordinanza di rimessione manca qualsiasi spiegazione della preferenza palesata dal giudice a quo per le soluzioni diverse adottate in altri settori, specie tenendo conto che le banche sono assoggettate allo stesso trattamento sanzionatorio delle s.i.m. quando svolgano attività di intermediazione mobiliare e in relazione alle infrazioni riferibili a tale attività non bancaria (art. 12, comma 2, della legge n. 1 del 1991, le cui disposizioni sono state fatte espressamente salve dall'art. 160 del testo unico).

Considerato in diritto

1. - La questione sottoposta all'esame della Corte è se l'art. 13, comma 3, della legge 2 gennaio 1991, n. 1 (Disciplina dell'attività di intermediazione mobiliare e disposizioni sull'organizzazione dei mercati mobiliari), nella parte in cui non prevede la responsabilità solidale del rappresentante della società di intermediazione mobiliare (s.i.m.), nonchè della stessa società, per il pagamento della sanzione amministrativa, nè il diritto di regresso della stessa nei confronti dell'autore della violazione, sia in contrasto con il principio d'eguaglianza stabilito dall'art. 3, primo comma, della Costituzione, in relazione a quanto diversamente stabilito dagli artt. 6, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 e 144 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

2. - La difesa erariale eccepisce preliminarmente l'inammissibilità della questione per difetto di rilevanza nel giudizio a quo, osservando che, anche qualora fosse riconosciuto un obbligo solidale dell'amministratore della società, questa, nella presente ipotesi di responsabilità, ed in mancanza di una specifica previsione del c.d. beneficio di escussione, sarebbe comunque tenuta all'adempimento per l'intero (art. 1292 del codice civile). La sollevata questione sarebbe, invece, rilevante solo nell'eventuale giudizio che il solvens volesse instaurare per rivalersi nei confronti di altri soggetti responsabili.

L'eccezione non è condivisibile, poichè diversa è l'ipotesi di un debito che, pur essendo dovuto per l'intero, è però di natura solidale. Inoltre, l'azione di regresso può essere esercitata solo se consentita dalla legge: per cui nel presente giudizio, riguardante il pagamento della sanzione amministrativa, la società chiamata a rispondere ha interesse a sapere che l'obbligo si estende solidalmente ai suoi amministratori, al fine di porsi eventualmente nella condizione di chiamarli in giudizio per rivalsa.

3. - La questione di costituzionalità è però infondata.

L'Avvocatura dello Stato deduce anzitutto che la responsabilità amministrativa non richiede necessariamente la sua estensione alle persone che hanno agito in rappresentanza, dal momento che detta responsabilità - in forza del rapporto di immedesimazione organica - è direttamente riferibile all'ente. E tale riferibilità è coerente con il sistema sanzionatorio previsto dalla legge n. 1 del 1991, come confermato dalle altre misure della sospensione dall'Albo o dall'esercizio dell'attività.

La deduzione è esatta, avendo in proposito questa Corte affermato che il principio della personalità della pena non ha alcuna attinenza con le sanzioni amministrative (sentenza n. 159 del 1994). Ma ciò non è tuttavia preclusivo dell'esame della questione, in quanto il giudice a quo non contesta che la società sia destinataria della sanzione, ma si duole che di questa non rispondano solidalmente anche gli amministratori, così come altre leggi prevedono per altre imprese omogenee.

4. - Soggiunge la difesa erariale che la solidarietà passiva - peraltro prevista soprattutto per una maggiore garanzia del creditore - non deve necessariamente essere stabilita dalla legge speciale, essendo già offerta a tutte le società in base ad altre leggi, oltre che dal diritto comune.

Questa deduzione è sufficiente a far ritenere infondata la questione. In proposito occorre richiamare l'art. 6, della legge n. 689 del 1981, che, in tema di sanzioni amministrative, stabilisce che "se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta. Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l'intero nei confronti dell'autore della violazione".

Questa disposizione ha valore di principio generale con riguardo alle sanzioni amministrati ve: in quanto tale, essa contribuisce a specifica re la portata normativa della disposizione impugnata, consentendo di superare il vizio di illegittimità costituzionale prospettato in questa sede.

D'altro canto, lo stesso sistema delineato dal codice civile (artt. 2392 e seguenti), contempla l'ipotesi di una responsabilità degli amministratori nei confronti della società, stabilendo i casi ed i modi con cui essa può farsi valere. 5. - L'ultima deduzione della difesa erariale - per contrastare più specificamente la disparità di trattamento normativo fra le società sotto la vigilanza della CONSOB e quelle sotto la vigilanza dell'ISVAP e della Banca d'Italia - risulta superata da quanto sopra osservato (n. 4) circa la sussistenza della responsabilità solidale anche nella situazione che forma oggetto di questo giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3, della legge 2 gennaio 1991, n. 1 (Disciplina dell'attività di intermediazione mobiliare e disposizioni sull'organizzazione dei mercati immobiliari) sollevata, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Tortona con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 luglio 1995.