Sentenza n. 346 del 1995

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SENTENZA N. 346

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso dalla Regione Liguria, notificato il 3 giugno 1994, depositato in Cancelleria il 22 giugno 1994, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministero dell'industria, del commercio e dell' artigianato - Direzione generale delle fonti di energia e delle industrie di base - n. 680740 in data 30 marzo 1994, avente ad oggetto "3M Italia S.p.A. - autorizzazione alla installazione ed esercizio di una centrale di cogenerazione da 63 MW circa presso il proprio stabilimento di Ferrania, Provincia di Savona, ed iscritto al n. 20 del registro conflitti 1994. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 30 maggio 1995 il Giudice relatore Riccardo Chieppa; uditi l'avvocato Gian Paolo Zanchini per la Regione Liguria e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. -- Con ricorso notificato il 3 giugno 1994, la Regione Liguria ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in ordine al decreto del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato -- Direzione generale delle fonti di energia e delle industrie di base -- n. 680740 in data 30 marzo 1994, da essa conosciuto in data 7 aprile 1994, avente ad oggetto "3M Italia S.p.A. -- autorizzazione alla installazione ed esercizio di una centrale di cogenerazione da 63 MW circa presso il proprio stabilimento di Ferrania, Provincia di Savona". Secondo la ricorrente, l'esercizio della potestà autorizzatoria da parte statale, nel caso di specie, si porrebbe in contrasto con il riparto di competenze tra Stato e regioni in materia di prevenzione dell'inquinamento atmosferico e di regime autorizzatorio delle emissioni nell'atmosfera. Si rileva, al riguardo, nel ricorso, che l'art. 6 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, attribuisce alle regioni la competenza al rilascio delle autorizzazioni agli impianti che producono emissioni in atmosfera. Il successivo art. 17 esclude, peraltro, l'applicabilità dell'art. 6 alle centrali termoelettriche ed alle raffinerie di olii minerali. Secondo la Regione Liguria, detta norma riconoscerebbe la competenza statale solo con riferimento a quegli impianti per i quali l'energia elettrica rappresenta il prodotto finale. A tale conclusione essa perviene attraverso il rilievo che in base alla definizione fornita dal Paragrafo I, numero 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 luglio 1989, recante un atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione e l'interpretazione del d.P.R. n. 203, si può identificare l'"impianto" con l'insieme di macchinari teleologicamente organizzati per fornire un prodotto finale specificamente individuato. Per contro, lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, quando individua la nozione di "centrale termoelettrica" per sottrarla alla sfera autorizzatoria regionale, ex art. 17 del d.P.R. n. 203, si riferirebbe all'impianto finalizzato alla produzione di energia elettrica, cioè all'impianto che produce energia elettrica quale bene finale. E tale scelta appare alla ricorrente ragionevole, perchè essa consentirebbe allo Stato di vigilare direttamente sull'impatto inquinante prodotto dalle imprese del settore energetico, che tradizionalmente, e per molteplici aspetti, ricade sotto il suo controllo. Nel caso in esame, invece, lo Stato avrebbe preteso di autorizzare non l'esercizio di una centrale termoelettrica nel senso definito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1989, ma un impianto di cogenerazione ad uso interno con il quale la 3M S.p.A. di Ferrania alimenta energeticamente il proprio stabilimento di produzione di materiale fotografico. A sostegno della propria tesi, la Regione Liguria ha richiamato la sentenza della Corte costituzionale n. 101 del 1989, secondo la quale il d.P.R. n. 203 ha accentrato a livello statale (solo) i principali poteri anti-inquinamento nel settore energetico, cioè quelli legati alla costruzione di centrali termoelettriche.

2. -- Nel giudizio si è costituito il Presi dente del Consiglio dei ministri con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto il rigetto del ricorso, depositando, poi, nell'imminenza dell'udienza, una memoria con la quale insiste nelle conclusioni rassegnate, ritenendo che qualsiasi impianto che, attraverso un processo termico, indipendentemente dall'alimentazione e dalle finalità, produca energia elettrica, rientra nella sfera di competenza statale in base al punto 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 luglio 1989, come modificato dall'art. 1 del d.P.R. 25 luglio 1991. Questo stabilisce che per centrali termoelettriche, ai sensi dell'art. 17 del d.P.R. n. 203 del 1988, si intendono tutti gli impianti e i componenti funzionali e connessi al ciclo di produzione dell'energia, ivi compresi gli impianti di alimentazione.

Considerato in diritto

1. -- La Regione Liguria ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in ordine al decreto del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato -- Direzione generale delle fonti di energia e delle industrie di base -- n. 680740 in data 30 marzo 1994, avente ad oggetto "3M - Italia S.p.A. - autorizzazione all'installazione ed esercizio di una centrale di cogenerazione da 63 MW circa presso il proprio stabilimento di Ferrania, Provincia di Savona". Sostiene la ricorrente che con tale provvedi mento il predetto dicastero, in pretesa applicazione del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, recante norme in materia di qualità dell'aria relativamente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, avrebbe esorbitato dalla sfera delle proprie potestà, violando il riparto di competenze tra Stato e regioni in materia di prevenzione dell'inquinamento atmosferico e di regime autorizzatorio delle emissioni in atmosfera.

2. -- Il ricorso non è fondato. La contestazione delle attribuzioni esercitate dallo Stato con il decreto impugnato muove da un erroneo presupposto interpretativo concernente la nozione di "centrale termoelettrica" fornita dalla normativa vigente. Com'è noto, l'assetto delle competenze in materia di inquinamento era stato, originariamente, dettato, in attuazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, dagli artt. 101 e 102 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il primo dei quali aveva disposto -- per quanto in questa sede rileva -- il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in ordine alla tutela dall'inquinamento atmosferico di impianti termici ed industriali e da qualunque altra fonte, con esclusione di quello prodotto da scarichi veicolari (art. 101, secondo comma, lettera c)); il secondo aveva, invece, mantenuto ferma in capo allo Stato la competenza alla fissazione dei limiti minimi inderogabili di accettabilità delle emissioni ed immissioni inquinanti nell'atmosfera (art. 102, primo comma, numero 1). La definizione del riparto di competenze così operata aveva, peraltro, carattere precario, limi tata com'era, e come evidenziato nel rapporto finale sui lavori della cosiddetta Commissione Giannini, ad una indicazione "scarna, inadeguata e insufficiente". La esigenza di una nuova, e più puntuale disciplina della materia è all'origine della successiva legge 16 aprile 1987, n. 183, che, all'art. 15, delegava il Governo ad emanare un decreto di attuazione delle direttive CEE in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali. In attuazione della delega venne emanato il d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, che, all'art. 6, attribuisce alle regioni il potere di rilascio delle autorizzazioni per la costruzione di nuovi impianti che producono emissioni inquinanti. Peraltro, il successivo art. 17 esclude l'applicabilità della predetta disposizione alle centrali termoelettriche ed alle raffinerie di olii minerali.

3. -- La Regione Liguria, fondandosi su di una ingiustificata interpretazione riduttiva della citata disposizione, riconosce la potestà autorizzatoria statale solo in riferimento a quegli impianti per i quali l'energia elettrica rappresenta il "prodotto finale", traendo argomento dalla definizione di "impianto" oggetto di autorizzazione, quale fornita dall'art. 2 del citato d.P.R. n. 203 del 1988, secondo cui è tale "lo stabilimento, o altro impianto fisso che serva per usi industriali o di pubblica utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di quelli destinati alla difesa nazionale". La riferita interpretazione sarebbe suffragata, secondo la ricorrente, dalla precisazione, contenuta nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 luglio 1989, recante un atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per l'attuazione e l'interpretazione del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, che al Paragrafo I, numero 2, chiarisce che "uno stabilimento può essere costituito da più impianti. Il singolo impianto all'interno di uno stabilimento è l'insieme delle linee produttive finalizzate ad una specifica produzione..."; e al Paragrafo I, numero 4, che "per centrali termoelettriche, previste dall'art. 17 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, si intendono tutti gli impianti e i componenti funzionali e connessi al ciclo di produzione dell'energia, ivi compresi gli impianti di alimentazione...". Da ciò la regione inferisce che la nozione di "impianto" sarebbe legata al concetto di specifica produzione, cioè alla finalità della produzione di uno specifico bene finale. Le centrali termoelettriche sottratte alla sfera autorizzatoria regionale sarebbero, invece, da individuare nei soli impianti caratterizzati dalla destinazione alla produzione di energia elettrica quale bene finale, mentre, con il decreto impugnato, lo Stato avrebbe preteso di autorizzare ex art. 17 del d.P.R. n. 203 un impianto di cogenerazione con il quale la 3M S.p.A. di Ferrania alimenta energeticamente il proprio stabilimento di produzione di materiale fotografico.

4. -- La interpretazione sopra riferita è arbitraria, siccome non sorretta nè dal dato testuale -- dal quale emerge che il legislatore ha inteso ricollegare il concetto di centrale termoelettrica, ai fini dell'attribuzione della relativa potestà autorizzatoria al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, al solo elemento della produzione di energia elettrica attraverso un processo termico -- nè dal contesto normativo nel quale il dato stesso si colloca. Al riguardo, è sufficiente rilevare che il settore elettrico, fin dall'epoca della legge sulla cosiddetta nazionalizzazione delle imprese produttrici di energia elettrica 6 dicembre 1962, n. 1643, è stato considerato una componente essenziale di tutto lo sviluppo economico del Paese, ed uno strumento al servizio di vitali interessi della collettività, sicchè questa Corte, già con la sentenza n. 13 del 1964, ritenne di spettanza del legislatore statale il potere di regolare con criteri unitari, e, come tali, valevoli per tutto il territorio nazionale, la produzione, oltre che la distribuzione, di energia elettrica in genere. La medesima esigenza è all'origine dell'accentramento a livello statale delle autorizzazioni relative alla costruzione di centrali termoelettriche, a norma dell'art. 81, ultimo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, e successivamente, dell'art. 17 del d.P.R. n. 203 del 1988, sul presupposto, già vagliato da questa Corte e ritenuto "tutt'altro che irragionevole", di unificare nella mano statale i principali poteri anti-inquinamento nel settore energetico" (sentenza n. 101 del 1989). Vero è che la successiva legge 9 gennaio 1991, n. 9, all'art. 22, ha introdotto una liberalizzazione della produzione di energia elettrica a mezzo di impianti che utilizzano fonti di energia rinnovabili ed assimilate, tra cui la cogenerazione di energia elettrica e calore. Peraltro, l'art. 35 della medesima legge ha confermato la perdurante vigenza delle competenze e delle procedure stabilite dall'ordinamento in materia di tutela ambientale ed igienico-sanitaria -- tra le quali sono evidentemente comprese le autorizzazioni rilasciate ex art. 17 del citato d.P.R. n. 203 del 1988 -- per le attività e per gli impianti previsti dalla legge stessa.

5. -- D'altro canto, quanto alla ragionevolezza della previsione normativa, è evidente che il legislatore ha inteso riferirsi all'elemento obiettivo della produzione di energia elettrica mediante centrale termoelettrica, sia per la rilevanza, sul piano dell'ambiente-inquinamento atmosferico, di tale sistema di produzione, sia per le necessarie valutazioni in ordine alle esigenze unitarie attinenti ai profili delle fonti energetiche termiche (con i relativi aspetti degli oneri anche finanziari e di bilancia commerciale). Ciò in modo da consentire una ponderazione degli interessi in gioco, da un lato la preminente tutela dell'ambiente e della qualità della vita, dall'altro gli interessi dell'attività produttiva e della iniziativa economica (di qui l'attribuzione al Ministero dell'industria). Ai suddetti fini sarebbe arbitraria la introduzione, oltre il dato testuale della norma, di una distinzione della destinazione dell'uso della energia prodotta da centrale termoelettrica se ad uso diretto (coincidenza tra produttore ed utilizzatore: c.d. autoproduttore) o ad uso di distribuzione e cessione, in quanto ambedue i casi rientrano nell'obiettivo che il legislatore si è proposto in una scelta di discrezionalità legislativa tutt'altro che irragionevole, come sopra accennato. In ambedue i casi sussistono quelle esigenze della autorizzazione statale. Del resto l'energia elettrica, ancorchè pro dotta per finalità di distribuzione o nell'ambito di uno stabilimento industriale per consumo diretto (a parte la possibilità di trasferire l'energia ad altra sede o ad altro stabilimento dello stesso autoproduttore) non è in senso giuridico-economico un prodotto propriamente finale, in quanto come energia è destinata ad essere trasformata in altra energia, cioè termica, meccanica, luminosa, ed impiegata a sua volta in altra attività produttiva o in altra utilizzazione (illuminazione, utilizzatori terminali ecc.). Nè l'intervento statale in sede di autorizzazione alla installazione ed esercizio di una centrale di energia termoelettrica impedisce alla regione di esercitare i poteri di prevenzione e controllo delle emissioni nell'atmosfera proprie dello stabilimento industriale, alla cui utilizzazione è destinata la centrale termoelettrica. Infatti, la regione conserva tutti gli altri poteri in ordine al settore produttivo (diverso dall'impianto termoelettrico) dello stabilimento, potendo valutare anche i profili di sommatoria delle emissioni inquinanti ed imporre le eventuali prescrizioni incidenti su detta attività produttiva industriale; allo stesso modo la regione conserva, nell'ambito di una leale collaborazione, la facoltà di concorrere con pareri e osservazioni ad una completa istruttoria del Ministero dell'industria in sede di rilascio dell'autorizzazione per la centrale termoelettrica.

6. -- Deve, da ultimo, essere rilevato che, in ottemperanza al dettato del predetto art. 17, comma 2, del d.P.R. n. 203 del 1988, il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato -- come risulta dal preambolo del decreto impugnato -- ha acquisito il parere della Regione Liguria in ordine alla istanza della 3M Italia S.p.A. di autorizzazione alla installazione ed esercizio di una centrale di cogenerazione per la produzione di calore e di energia elettrica.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta allo Stato, e per esso al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, autorizzare la costruzione e l'esercizio di centrali termoelettriche a servizio di singoli impianti industriali alla cui autoalimentazione esse sono finalizzate.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 21 luglio 1995.