Ordinanza n. 341 del 1995

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ORDINANZA N. 341

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa il 21 gennaio 1994 dal Pretore di Verbania nel procedimento civile vertente tra Graber Bleicher Ulrich Hermann ed altra e il Comune di Oggebbio iscritta al n. 319 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 28 giugno 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli.

RITENUTO che nel corso del processo di opposizione all'ordinanza del Sindaco del Comune di Oggebbio con la quale veniva ingiunto ai coniugi Graber Bleicher Ulrich Hermann e Bleicher Barbel il pagamento di una sanzione amministrativa, il Pretore di Verbania ha sollevato, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, 3 e 5 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), "nella parte in cui prevede che si applichi in ogni caso la disposizione penale salvo che quest'ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali"; che nell'ordinanza di rimessione si espone che i coniugi ricorrenti - per aver eseguito interventi edilizi di ristrutturazione di un immobile di loro proprietà situato in area sottoposta a vincolo paesaggistico - erano stati imputati dei reati di cui all'art. 20, lettera c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e 1-sexies della legge 8 agosto 1985, n. 431, ed entrambi condannati in primo grado, mentre nel giudizio di appello Bleicher Barbel era stata assolta per non aver commesso il fatto e nei confronti di Graber Bleicher Ulrich Hermann era stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, essendo stata rilasciata concessione in sanatoria; che, inoltre, dalla stessa ordinanza si evince che l'ingiunzione di pagamento a titolo di sanzione amministrativa - in applicazione degli artt. 13 e 16, comma 4, lettera b), della legge della Regione Piemonte, 3 aprile 1989, n. 20 (Norme in materia di tutela di beni culturali, ambientali e paesistici) - è stata riferita agli stessi lavori di ristrutturazione oggetto del processo penale; che il giudice remittente osserva che lo stesso fatto - costituito dalla ristrutturazione di un immobile in zona vincolata, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, senza concessione edilizia e senza preventiva autorizzazione paesistica - risulta punito da una disposizione penale (art. 20, lettera c), l. n. 47 del 1985) e da una sanzione amministrativa prevista da norma regionale (artt. 13, comma 1, lettera b), e 16, comma 4, lettera b), della legge regionale n. 20 del 1989), ricorrendo, di conseguenza, l'ipotesi di concorso di norme prevista dall'art. 9, secondo comma, della legge n. 689 del 1981, richiamato anche dall'art. 16, comma 6, della legge della Regione Piemonte n. 20 del 1989; che ad avviso del giudice a quo, poichè la disposizione penale di cui all'art. 20 della legge n. 47 del 1985 avrebbe natura sussidiaria rispetto ad altre norme penali che disciplinano la materia, l'unica disposizione applicabile al caso di specie, ai sensi dello stesso art. 9 della legge n. 689 del 1981, sarebbe quella regionale, che prevede la sola sanzione amministrativa; che, pertanto, secondo la prospettazione del giudice remittente, la disposizione impugnata consentirebbe alle Regioni di intervenire, con norme di "carattere primario" suscettibili di modificare o sostituire disposizioni penali, in contrasto con i principi della riserva di legge statale in materia penale e di eguaglianza dei cittadini sull'intero territorio nazionale; che nel giudizio davanti alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata.

CONSIDERATO che l'art. 9, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, impugnato nel presente giudizio, in deroga alla regola generale di cui al primo comma dello stesso articolo - che disciplina il concorso tra norme nelle ipotesi in cui per lo stesso fatto siano previste sanzioni penali e sanzioni amministrative disposte da leggi statali stabilendo l'applicabilità della disposizione speciale - dispone che, in caso di concorso tra norme penali e norme regionali o delle province autonome di Trento e Bolzano, "si applica in ogni caso la disposizione penale, salvo che quest'ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali", e che da quest'ultimo inciso del secondo comma dell'art. 9 il giudice a quo fa discendere l'applicabilità, nel caso di specie, della sola sanzione amministrativa regionale, ritenendo di natura sussidiaria la norma penale di cui all'art. 20 della legge n. 47 del 1985; che, secondo quanto emerge dalla stessa ordinanza di rimessione, il fatto illecito che ha legittimato l'ingiunzione sindacale opposta nel giudizio a quo risulta sanzionato sia dalla norma penale statale prevista dall'art. 1- sexies della legge 8 agosto 1985, n. 431, di conversione del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, che rinvia quoad poenam all'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, sia dagli artt. 13 e 16 della legge della Regione Piemonte 3 aprile 1989, n. 20, che prevedono per il medesimo fatto una sanzione amministrativa; che, secondo quanto esposto dal giudice remittente, il giudizio penale relativo al fatto illecito contestato ai ricorrenti nel giudizio a quo ha avuto corso sia in primo grado, sia in fase di appello; che l'art. 20 della legge n. 47 del 1985, entrato in vigore successivamente alla disposizione impugnata, nel disciplinare le sanzioni penali relative ai reati urbanistici ed edilizi, fa espressamente salva anche l'applicazione delle sanzioni amministrative previste da altre norme di legge riferite ai medesimi fatti, disponendo, in deroga al criterio previsto dall'art. 9, secondo comma, della legge n. 689 del 1981, la concorrenza nella materia urbanistica ed edilizia della sanzione penale con quella amministrativa; che, di conseguenza, la norma impugnata non può trovare applicazione nel giudizio a quo, in virtù della deroga richiamata di cui all'art. 20 della legge n. 47 del 1985, che, in riferimento ai fatti illeciti ivi sanzionati, ha stabilito il principio del concorso materiale della sanzione penale con quella amministrativa; che, pertanto, la questione sollevata va dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, 3 e 5 della Costituzione, dal Pretore di Verbania con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/07/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 20/07/95.