Ordinanza n. 328 del 1995

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ORDINANZA N. 328

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 1993, n. 75 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, recante disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonchè altre disposizioni tributarie), e, in via derivata, dell'art. 5, commi 1, 2 e 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), dell'intero capo I del predetto decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e dell'art. 2 del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonchè altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 10 novembre 1993 dal Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria sul ricorso proposto dall'Associazione Proprietà Edilizia di Perugia ed altro contro il Comune di Foligno ed altro iscritta al n. 176 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 1994; 2) ordinanza emessa il 25 giugno 1993 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Venezia sul ricorso proposto dall'Ufficio Tecnico Erariale di Venezia contro Bianchi Giulia iscritta al n. 271 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1995 il Giudice relatore Massimo Vari;

udito l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

RITENUTO che con ordinanza emessa il 10 novembre 1993 (R.O. n. 176 del 1994) il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 53, 55, 70, 77, 92, 97, 101, 102, 104, 108, 113 della Costituzione, questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 1993, n. 75 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, recante disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonchè altre disposizioni tributarie); in via derivata dell'art. 5, commi 1, 2 e 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421); dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale) nonchè dell'intero capo I del predetto decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504; che, ad avviso del giudice remittente, l'art. 2, comma 1, seconda parte, della legge 24 marzo 1993, n. 75 e, in via derivata, l'art. 5, commi 1, 2 e 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992, risulterebbero in contrasto con gli artt. 24, 55 e segg., 92 e segg., 97 e segg., 101, 102, 103, 104, 108 e segg., e 113 della Costituzione per avere il legislatore "prevaricato il diritto di difesa dei cittadini (contribuenti) nonchè le prerogative del potere giurisdizionale mediante la sanatoria con efficacia retroattiva di una procedura amministrativa illegittima" e per avere del pari prevaricato, in contrasto con gli artt. 3, 55 e segg., 70 e segg. e 97 della Costituzione, "le prerogative di autotutela della Pubblica amministrazione", esclusiva titolare del "potere-dovere di riesaminare i propri atti allo scopo di emendarli e di renderli conformi alle leggi"; che, al tempo stesso, l'art. 4 della legge n. 421 del 1992 e l'intero capo I (artt. 1-18) del decreto legislativo n. 504 del 1992, prevederebbero "un'imposta comunale sugli immobili avente marcati caratteri di patrimonialità perchè basata su valori di redditività dei medesimi assolutamente astratti e rivalutabili sulla base di parametri non pertinenti e comunque non attendibili", in contrasto con: l'art. 3 della Costituzione, per risultare i contribuenti discriminati "a seconda che siano o meno proprietari di immobili", a prescindere da "altre possibili fonti di capacità contributiva"; l'art. 42, terzo comma, della Costituzione, per attestarsi questa imposta "sullo stesso piano degli istituti ablatori" e senza previsione di alcun ristoro; l'art. 53 della Costituzione, per risulta re violato il principio della capacità contributiva e squilibrata "la stessa capacità di contribuzione a tutto danno del contribuente proprietario di immobili, senza considerazione alcuna in ordine alla pressione tributaria specifica che già opprime tali cespiti rispetto ad altri esentati da tributi diretti"; che dette censure non risulterebbero sminuite, secondo l'ordinanza, dalla disciplina di cui al decreto-legge n. 16 del 1993, convertito, con modificazioni, nella legge n. 75 del 1993, la quale, intendendo comunque "dar corso all'imposizione sulle rendite immobiliari (con forzature di scelta anche nei confronti del libero dibattito parlamentare)" e, disattendendo la pronuncia del TAR del Lazio concernente l'annullamento del decreto ministeriale 20 gennaio 1990, violerebbe il principio della divisione dei poteri, in contrasto con gli artt. 70, 77, 101, 102, 104 e segg. della Costituzione; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per una declaratoria di non fondatezza, atteso che l'ordinanza di rimessione è identica a quelle sulle quali la Corte si è già pronunciata con la sentenza n. 263 del 1994; che con ordinanza emessa il 25 giugno 1993 (R.O. n. 271 del 1994), la Commissione tributaria di secondo grado di Venezia ha sollevato, in riferimento agli artt. 70, 77, secondo comma, 24, 101, 102, 104, 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del già menzionato decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75, nella parte in cui dispone che "fino alla data del 31 dicembre 1993 restano in vigore e continuano ad applicarsi le tariffe d'estimo e le rendite già determinate in esecuzione del decreto ministeriale 20 gennaio 1990"; che, secondo il giudice remittente, le tariffe relative al centro storico di Venezia risulterebbero "enormemente più elevate rispetto a quelle stabilite per i centri storici similari delle città di Palermo, di Napoli e di Firenze", conseguendone la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale "delle tabelle relative al Comune di Venezia (considerato nelle sue varie costituenti) in riferimento all'art. 3 della Costituzione"; che la legge 24 marzo 1993, n. 75, rappresenterebbe il momento conclusivo di una vicenda nella quale il Governo, attraverso la reiterazione di numerosi decreti- legge, avrebbe finito per condizionare "le scelte del Parlamento", fino a far considerare "ineluttabile" la conversione del decreto-legge n. 16 del 1993, per "l'irreversibilità delle situazioni nel frattempo intervenute"; che, in particolare, la norma denunciata contrasterebbe con: -- gli artt. 3 e 53 della Costituzione, non risultando conforme nè al criterio della capacità contributiva nè a quello di progressività una tassazione delle rendite immobiliari fondata "sulla ipotesi di fruttuosità del valore capitale dell'immobile costruito in base a criteri di tipo patrimoniale", abbandonati, con palese "intrinseca irrazionalità", dalla medesima norma per i periodi successivi al 1994; -- gli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione, perchè, per effetto del carattere transitorio della tabella, si differiscono "al periodo d'imposta successivo all'entrata in vigore dei nuovi estimi le possibilità recuperatorie del contribuente e il correlativo contenzioso", realizzandosi "concretamente, medio tempore, una tassazione avulsa dalla capacità contributiva e ripristinatoria di una forma di solve et repete, assolutamente incompatibile col sistema istituzionale vigente"; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la infondatezza della questione, atteso che la stessa è stata decisa con la sentenza n. 263 del 1994 e che "nessun nuovo profilo di illegittimità viene prospettato".

CONSIDERATO che i giudizi possono essere riuniti e decisi con unica pronuncia, concernendo questioni tra loro connesse; che le questioni, salvo un nuovo profilo prospettato nell'ordinanza della Commissione tributaria di secondo grado di Venezia, con riguardo alle tabelle censuarie, sono per il resto identiche ovvero analoghe a quelle sollevate con altre due ordinanze in data 10 novembre 1993 del Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria (R.O. n. 31 del 1994 e R.O. n. 33 del 1994) nonchè con altra ordinanza in data 13 maggio 1993 della stessa Commissione tributaria di secondo grado di Venezia (R.O. n. 656 del 1993), in ordine alle quali questa Corte si è già pronunziata con sentenza n. 263 del 1994, dichiarando le questioni stesse in parte non fondate e in parte inammissibili; che, per i profili o argomenti che hanno formato oggetto di esame in tale precedente sentenza, le questioni proposte vanno, in conformità ad essa, dichiarate in parte manifestamente infondate e in parte manifestamente inammissibili; che la questione sollevata dalla Commissione tributaria di secondo grado di Venezia in riferimento alle tabelle delle tariffe d'estimo relative al Comune di Venezia, per asserito contrasto con l'art. 3 della Costituzione, concerne, a parte ogni altra considerazione, risultati applicativi di un uniforme criterio di determinazione delle tariffe stesse e quindi non è tale da configurare il lamen tato vizio di legittimità costituzionale; che pertanto anche detta ultima questione va dichiarata manifestamente infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale) nonchè dell'intero capo I del predetto decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma, e 53 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria con l'ordinanza in epigrafe;

2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 1993, n. 75 (Con versione in legge, con modificazioni, del decreto- legge 23 gennaio 1993, n. 16, recante disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonchè al tre disposizioni tributarie) e dell'art. 5, commi 1, 2 e 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 55 e segg., 70 e segg., 92 e segg., 97 e segg., 101, 102, 103, 104, 108 e segg. e 113 della Costituzione, dal medesimo Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, con l'ordinanza in epigrafe;

3) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonchè altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, della legge 24 marzo 1994, n. 75 sollevata, in riferimento agli artt. 70, 101, 102, 104 e 77, secondo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Venezia con l'ordinanza in epigrafe;

4) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1994, n. 75, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Venezia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 17 luglio 1995.