Sentenza n. 310 del 1995

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SENTENZA N. 310

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 25 della legge 2 febbraio 1972 (recte: 1973), n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio), promosso con ordinanza emessa il 24 maggio 1994 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Scala Renato e l'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio (ENASARCO) iscritta al n. 554 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1994. Visto l'atto di costituzione dell'ENASARCO nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 30 maggio 1995 il Giudice relatore Renato Granata; uditi l'avv. Bartolo Spallina per l'ENASARCO e l'Avvocato dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio promosso da Scala Renato, titolare di pensione di vecchiaia a carico dell'ENASARCO con decorrenza 1° settembre 1981, al fine di ottenere da quest'ultimo ente il ricalcolo della pensione senza le riduzioni previste dall'art. 25 della legge 2 febbraio 1973, n.12, ma sulla sola base della media delle provvigioni, il Pretore di Torino con ordinanza del 24 maggio 1994 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 25 cit. in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost. invocando un riesame di analoga questione in precedenza sollevata e ritenuta manifestamente infondata da questa Corte con ordinanza n.366 del 1989. Premesso che la disposizione censurata prevede che qualora l'ammontare annuo della pensione erogata dall'ENASARCO, che ha funzione integrativa di altro trattamento pensionistico (art. 2, primo comma, legge n.12 del 1973 cit.), superi determinati importi, fissati a scaglione da un minimo di o 5.000.000 fino ad oltre o.10.000.000, sulle somme in eccedenza a tali importi deve calcolarsi una detrazione progressivamente crescente da un minimo del 10% per le somme comprese tra o 5.000.000 e o 6.000.000 ad un massimo del 20% per le somme eccedenti o 20.000.000, il pretore rimettente dubita (non della legittimità in sè di tale automatica riduzione del trattamento pensionistico integrativo, bensì) della mancata previsione di un meccanismo di adeguamento degli scaglioni suddetti in ragione della rilevante svalutazione monetaria intervenuta nel tempo e della elevazione dei massimali e delle aliquote contributive; mancato adeguamento che avrebbe incrinato il criterio di razionale proporzionalità tra entità reale del trattamento pensionistico, versamenti contributivi e aliquote percentuali di riduzione. Ed infatti - osserva il pretore rimettente - mentre nel 1973 la riduzione di cui all'art. 25 colpiva la fascia alta di pensioni, essendo il massimale di contribuzione pari a o. 9.000.000 e l'aliquota contributiva pari al 6% (art. 6 legge n.12 del 1973), successivamente da una parte vi è stata una ragguardevole perdita di valore della moneta, d'altra parte il massimale e l'aliquota sono stati progressivamente incrementati (con d.P.R. 24 giugno 1978, n. 460 il massimale era stato portato a L. 12.000.000 e l'aliquota all'8% ed ancora, con d.P.R. 31 marzo 1983, n. 277, il massimale aveva raggiunto l'importo di o 24.000.000 con aliquota al 10% per attestarsi infine, ferma l'aliquota, a o. 34.000.000 per gli agenti monomandatari ed a somme superiori per i plurimandatari). Quindi con il passare del tempo, la riduzione di cui all'art. 25 cit. era venuta a colpire non soltanto la fascia di pensioni alte, ma anche la fascia media e medio-bassa, tenuto anche conto che il trattamento minimo dell'ENASARCO ammonta a circa o.5.000.000 annue. Questa situazione - rileva conclusivamente il pretore rimettente - evidenzia una vulnerazione degli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost. in quanto sono trattate in modo eguale situazioni diseguali; inoltre è violato il principio di effettività delle prestazioni assistenziali e previdenziali, per le quali deve tenersi conto anche di un rapporto di proporzionalità tra quanto l'assicurato è chiamato a versare e quanto andrà poi a percepire come trattamento pensionistico.

2. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata in quanto già dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n.366 del 1989 di questa Corte.

3. - Si è costituito l'ENASARCO chiedendo parimenti - anche con una successiva memoria - che la questione sia dichiarata inammissibile perchè non esiste nell'ordinamento positivo un principio che valga ad assicurare in maniera diretta il meccanismo di adeguamento ipotizzato dal Pretore rimettente, potendo tale risultato essere raggiunto in forme e con articolazioni differenziate e variamente modulate. Comunque - secondo la difesa dell'ENASARCO - la questione è infondata. Nel sottolineare il carattere integrativo della pensione erogata dall'ente, osserva la difesa che l'elevazione nel tempo dell'aliquota contributiva e del massimale annuo provvigionale da sottoporre a contribuzione determinano l'innalzamento dell'ammontare delle pensioni annue, in nulla incidendo nel rapporto tra prestazione liquidata e versamenti contributivi eseguiti; sicchè quindi le riduzioni previste dall'art. 25 censurato trovano applicazione sui più elevati importi, senza che possa ritenersi sussistente la prospettata maggiore e sfavorevole incidenza sul nuovo pensionato rispetto al vecchio pensionato. Mentre la individuazione dei limiti annui pensionistici entro i quali deve operare la riduzione rientra nella discrezionalità del legislatore.

Considerato in diritto

1. - È stata sollevata questione incidentale di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dell'art. 25 della legge 2 febbraio 1973, n.12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio) - in forza del quale, quando l'ammontare annuo della pensione erogata dall'ENASARCO, integrativa di altro trattamento pensionistico, supera determinati importi (fissati a scaglione da un minimo di L. 5.000.000 fino ad oltre L. 10.000.000) deve calcolarsi, sulle somme eccedenti, una detrazione progressivamente crescente (da un minimo del 10% per le somme comprese tra L. 5.000.000 a L. 6.000.000 fino ad un massimo del 20% per le somme eccedenti L. 10.000.000) - in quanto violerebbe il combinato disposto degli artt. 3 e 38 Cost. nella parte in cui non prevede un meccanismo di adeguamento degli scaglioni suddetti in ragione della rilevante svalutazione monetaria intervenuta nel tempo e della elevazione dei massimali e delle aliquote contributive (per effetto delle quali attualmente la detrazione colpisce anche le pensioni di importo vicino al trattamento minimo); e ciò per contrasto sia con il principio di effettività delle prestazioni assistenziali e previdenziali, per le quali deve tenersi conto anche di un rapporto di <razionale proporzionalità> tra entità reale del trattamento pensionistico, versamenti contributivi ed aliquote percentuali di riduzione, sia con il principio di eguaglianza sostanziale, non potendo tale rapporto essere ingiustificatamente sfavorevole per il nuovo pensionato rispetto al vecchio, costretto a versare più contributi per percepire poi una pensione nominalmente più alta, ma in effetti maggiormente decurtata, in virtù dell'applicazione dell'art. 25 censurato.

2. - Va preliminarmente rilevato che l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa dell'ENASARCO non ha carattere pregiudiziale, ma implica la valutazione nel merito della censura di costituzionalità; solo - infatti - ove si riscontrasse la denunciata violazione dei parametri allegati si potrebbe porre utilmente un problema di inammissibilità della questione in ragione della (asserita) pluralità dei rimedi finalizzati alla reductio ad legitimitatem.

3. - Nel merito la questione non è fondata. L'art. 25 censurato - nel più ampio contesto della disciplina del trattamento pensionistico a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio, trattamento che è integrativo di quello dell'assicurazione generale obbligatoria estesa a tale categoria di assicurati dalla legge 22 luglio 1966, n.613 - va correlato con il precedente art. 10 nel senso che il criterio di calcolo dell'importo delle pensioni di vecchiaia è fissato da tale combinato disposto (degli artt. 10 e 25) secondo una sequenza di operazioni che terminano con quella specificamente indicata nell'art. 25. In particolare occorre considerare, nell'ultimo decennio, le provvigioni sulle quali sono stati versati i contributi assicurativi e individuare la media più elevata di quelle calcolate per ognuno dei periodi di tre anni consecutivi compresi nel decennio; su tale media si calcolano tanti quarantesimi del set tanta per cento quanti sono gli anni di anzianità contributiva fino ad un massimo di quaranta; infine - come ultima operazione - si riduce l'importo così calcolato secondo un'aliquota progressiva a scaglioni (a partire dal 10% sugli importi da o 5.000.000 a o 6.000.000 fino al 20% per gli importi eccedenti o 10.000.000). Quest'ultima operazione - di c.d. <riduzione> - svolge non solo una funzione (meramente contabile) di integrare il criterio di calcolo della pensione di vecchiaia quale previsto dal precedente art. 10; ma anche (e soprattutto) quella di operare un moderato effetto di riequilibrio, in chiave solidaristica, tra le pensioni di maggior importo e quelle di minor importo. Sotto il primo profilo la funzione della <riduzione> non è dissimile da quella sottesa al precedente art. 21 che fissa le aliquote di riduzione della pensione ai superstiti; in tal modo la pensione di vecchiaia è anche differenziata dalla pensione di invalidità permanente (totale e parziale), che si calcola sulla base di criteri analoghi, ma senza la riduzione dell'art. 25. Sotto questo aspetto - può subito rilevarsi - la idoneità (ex art. 38 Cost.) del trattamento previdenziale costituito dalla pensione di vecchiaia (a carattere integrativo) non potrebbe che essere valutata nel suo complesso e non già isolando una singola operazione della sequenza di calcolo dell'importo spettante all'assicurato per presentarla - suggestivamente ma impropriamente - come penalizzante compressione del trattamento stesso, mentre si tratta di un momento del più complesso procedimento di calcolo del trattamento previdenziale.

4. - C'è poi la funzione riequilibratrice della <riduzione>, conseguente alla previsione di un'aliquota non già fissa, ma proporzionale all'ammontare della stessa pensione di vecchiaia secondo scaglioni determinati in cifra fissa e rimasti invariati dal 1973. Si ha quindi che il criterio di calcolo in esame, ancorchè neutro (e quindi uniforme) quanto ai parametri indicati nell'art. 10, è invece mirato quanto all'ultima operazione di calcolo (la <riduzione>) in modo da essere più favorevole per le pensioni basse e meno per le pensioni alte. Questa funzione non è insensibile al fenomeno della svalutazione monetaria: rimanendo invariati gli scaglioni correlati alle varie aliquote di riduzione, l'aumento della base imponibile, congiuntamente peraltro ai massimali, ha comportato che un crescente numero di pensioni di vecchiaia sia soggetto alle aliquote di riduzione più elevate, piuttosto che a quelle più basse. Si è quindi verificata una progressiva traslazione di un crescente numero di pensioni di vecchiaia verso le aliquote più elevate sicchè la finalità di riequilibrio si è affievolita (nel senso che mentre originariamente il favor era per la intera platea delle pensioni medio-basse, oggi avvantaggiate sono essenzialmente le pensioni al minimo) ed è destinata a risultare sempre meno incisiva fino, eventualmente, ad azzerarsi nel momento in cui il trattamento minimo di pensione dovesse raggiungere lo scaglione corrispondente all'aliquota massima, la quale a quel punto sarebbe del tutto neutra al pari delle aliquote di riduzione di cui all'art. 21. Ma da una parte tale progressivo svilimento della funzione riequilibratrice della <riduzione> opera per tutte le pensioni di vecchiaia indipendentemente dal momento della erogazione del trattamento previdenziale sicchè non c'è sotto questo aspetto violazione del principio di eguaglianza, come già ritenuto da questa Corte (ordinanza n. 366 del 1989). D'altra parte rientra nella discrezionalità del legislatore la correzione di tale effetto, atteso che in un sistema di previdenza integrativa (quale quella gestita dall'ENASARCO), che garantisce comunque il trattamento minimo di pensione, non sussiste una necessità costituzionale che il criterio di calcolo delle pensioni di vecchiaia sia apprezzabilmente differenziato in ragione dell'importo, più o meno elevato, delle stesse. Correzione questa non necessitata dai parametri evocati ed in particolare dall'art. 38 Cost., tanto più che <il precetto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita dei lavoratori si riferisce principalmente all'organizzazione e alla gestione della previdenza obbligatoria> (sentenza n. 87 del 1995), mentre nella fattispecie si tratta di previdenza integrativa.

5. - Va infine pure considerato che la scelta in ordine al grado di incidenza da attribuire al meccanismo di <riduzione> ex art. 25 della legge n. 12 del 1973 (come in generale <la determinazione del possibile e necessario sistema di indicizzazione della base di computo del trattamento pensionistico erogato agli agenti di commercio>: cfr. sentenza n.265 del 1992) si coniuga, nel contesto di una più complessa valutazione dell'equilibrio finanziario dell'ente previdenziale gestore dell'assicurazione in questione, con l'altra scelta concernente la determinazione delle stesse aliquote contributive e dei massimali progressivamente incrementati nel tempo atteso che, in un complessivo bilanciamento dei molteplici dati di riferimento, viene in rilievo anche il progressivo svilimento della funzione riequilibratrice originariamente sottesa all'art. 25 censurato e la conseguente più ampia operatività della riduzione in esame, che ha influito come fattore di contenimento e di contrappeso rispetto alle esigenze di maggiore provvista. D'altra parte proprio la natura di previdenza integrativa potrebbe giustificare un atteggiamento del legislatore di graduale abdicazione al meccanismo riequilibratore, piuttosto che di sua rivitalizzazione, tanto più che, dopo il riordino di tale sistema previdenziale settoriale operato dalla legge n.12 del 1973, sono stati estesi (ex d.l. 23 dicembre 1977, n.942, convertito in legge 27 febbraio 1978, n.41) alle pensioni erogate dall'ENASARCO il trattamento minimo previsto per l'assicurazione generale obbligatoria e la stessa perequazione, sicchè una nuova tutela è stata introdotta per le pensioni di importo più basso.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25 della legge 2 febbraio 1973, n.12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio) sollevata - in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione - dal Pretore di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 12 luglio 1995.