Sentenza n. 300 del 1995

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 300

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Lombardia notificato il 23 maggio 1994, depositato in Cancelleria il 27 maggio 1994, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del d.P.R. 15 marzo 1994, n. 197 (Regolamento recante norme per l'organizzazione degli uffici del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali), ed iscritto al n. 17 del registro conflitti 1994. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1995 il Giudice relatore Fernando Santosuosso; uditi l'avv. Giuseppe F. Ferrari per la Regione Lombardia e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al d.P.R. 15 marzo 1994, n. 197 (Regolamento recante norme per l'organizzazione degli uffici del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali), per violazione dell'art. 6, comma 1, lettera a), della legge 4 dicembre 1993, n. 491, nonchè degli artt. 97, 115, 117 e 118 della Costituzione. In primo luogo, la Regione ricorrente appunta i propri rilievi critici sugli artt. 1, 4, 5, 6, 7 e 8 del d.P.R. n. 197 del 1994, in quanto, mentre la premessa del regolamento sembrerebbe far ritenere che esso sia stato adottato in attuazione dell'intero comma 1, lettera a) dell'art. 6 della legge n. 491 del 1993 (e nel rispetto dei criteri e principi di cui alla lettera a) del comma 2), in realtà esso si sarebbe limitato a definire l'organizzazione degli uffici ministeriali, nulla disponendo in ordine alla distribuzione degli organici alle regioni (richiesta dallo stesso comma 1 sopra richiamato), così contraddicendo in modo radicale la logica del trasferimento delle funzioni amministrative alle regioni, che nella prassi si è fino ad oggi orientata in senso opposto. Ciò avrebbe determinato, a giudizio della Regione ricorrente, una lesione della sfera di competenza ad essa costituzionalmente garantita, mentre la richiesta di una "previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome", contenuta nell'art. 6, comma 1, lettera a), della legge n. 491 del 1993, avrebbe senso solo se non è interamente condizionata da un presupposto (l'organizzazione degli uffici statali) che invece le sfugge. Come ulteriore motivo di doglianza, la Regione ricorrente ritiene che le disposizioni sopra indicate si pongano in contrasto altresì con gli artt. 97, 115, 117 e 118 della Costituzione. Al riguardo, la Regione rileva come il decreto abbia determinato un illogico rapporto fra scelte relative alla distribuzione dell'organico del persona le e scelte relative alla riorganizzazione degli uffici statali, facendo sì che le prime siano a queste subordinate, così violando il principio del buon andamento della pubblica amministrazione. Passando all'esame delle singole disposizioni contenute nel d.P.R., la Regione rileva, quindi, che l'art. 4, comma 1, lettera d) si porrebbe in contrasto diretto con l'art. 2, comma 3, lettera c), della legge n. 491 del 1993 (e, di conseguenza, in via mediata con gli artt. 115, 117 e 118 della Costituzione), che consente al Ministero solo la predisposizione di atti e lo svolgimento di attività generali e necessarie per l'attuazione delle determinazioni e dei provvedimenti comunitari. L'art. 5, comma 1, lettera d), violerebbe invece l'art. 2, comma 3, lettera d), della legge n. 491 del 1993, che consente al Ministero di definire le politiche nazionali, non già di adottare puntuali interventi nella materia dell'agricoltura, ormai interamente di competenza regionale (art. 1, comma 2, della stessa legge n. 491 del 1993). Analoghe considerazioni la ricorrente svolge nei riguardi dell'art. 5, comma 1, lettera l). L'art. 6, comma 1, lettera c), sarebbe andato, per sua stessa ammissione, ben al di là dei limiti imposti dall'art. 2, comma 3, lettera d), della legge n. 491. Anche l'art. 6, comma 1, lettera l,) si porrebbe in contrasto con l'art. 2, comma 3, lettera d), della legge n. 491 del 1993. La funzione attribuita al Ministero dall'art. 8, comma 1, lettera d), infine, esorbiterebbe dai limiti che l'art. 2 della legge n. 491 del 1993 fissa in ordine alle competenze ministeriali, instaurando un collegamento fra l'attività di "informazione" (attribuita al Ministero) e quella di promozione commerciale, che è invece del tutto assente nella legge. Conclude la Regione ricorrente ritenendo che mentre la legge n. 491 del 1993, in piena ottemperanza dell'espressione della volontà popolare del referendum del 18 aprile 1993, aveva proseguito sulla strada già percorsa con i trasferimenti di competenze in precedenza effettuati, il regolamento impugnato rovescerebbe invece tale logica, facendo rientrare dalla finestra competenze statali uscite dalla porta a seguito degli interventi normativi precisati.

2. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o sia, comunque, rigettato. In primo luogo, si contesta il rilievo secondo cui l'art. 6 della legge n. 491 del 1993 avrebbe demandato al Governo il compito di definire in modo necessariamente contestuale l'organizzazione degli uffici del Ministero e la distribuzione del personale tra il Ministero e le regioni: si ritiene al riguardo che ciascun regolamento può avere ad oggetto una parte soltanto delle materie indicate dalla norma, anche non coincidente con l'intero ambito previsto da ciascuna lettera. In particolare, si rileva che la previa organizzazione degli uffici del nuovo Ministero non può avere alcun effetto sulla successiva determinazione del personale da trasferire alle regioni, e che i regolamenti di cui all'art. 6 della legge n. 491 del 1993 devono essere adottati secondo le modalità stabilite dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, il quale impone, prima di determinare il contingente di personale da trasferire alle regioni (operazione che presuppone a sua volta necessariamente l'organizzazione degli uffici del nuovo ministero), la preventiva definizione dei carichi di lavoro. In ordine alle specifiche violazioni di prerogative regionali si osserva, quanto alle "misure di accompagnamento" della politica agricola, che trattasi di disposizione in sè inidonea a ledere le competenze regionali in quanto solo gli eventuali atti ad essa conseguenti potrebbero, semmai, comportare l'insorgere di un conflitto di attribuzione qualora fossero effettivamente viziati di incompetenza. Analoga eccezione di inammissibilità viene sollevata riguardo alle altre censure relative agli artt. 5 e 6 del regolamento impugnato. In ogni caso, si rileva che il 14 aprile 1994 è intervenuto un protocollo d'intesa tra il Ministero e la Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome avente ad oggetto anche le disposizioni denunciate.

3.- In prossimità dell'udienza, ha presentato ulteriore memoria la Regione Lombardia, ribattendo ai rilievi di inammissibilità del ricorso prospettati dall'Avvocatura generale dello Stato.

Considerato in diritto

1.- Con il ricorso per conflitto di attribuzione, sollevato dalla Regione Lombardia nei confronti dello Stato, vengono poste a questa Corte due questioni tra loro connesse. In primo luogo, ed in generale, se spetta allo Stato - nel disciplinare, mediante il regolamento governativo emanato con d.P.R. 15 marzo 1994, n. 197, l'organizzazione degli uffici del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali - limitarsi a definire l'organizzazione degli uffici ministeriali, nulla disponendo in ordine alla distribuzione degli organici alle regioni (richiesta dall'art. 6, comma 1, e da altre disposizioni della legge 4 dicembre 1993, n. 491), e se siano pertanto da annullare, per violazione diretta delle norme richiamate, ed indiretta degli artt. 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, gli artt. 1, 4, 5, 6, 7 e 8 del d.P.R. n. 197 del 1994. In secondo luogo, e in particolare, se violino i detti parametri costituzionali: a) l'art. 4, comma 1, lettera d), del d.P.R. citato, per presunto contrasto diretto con l'art. 2, comma 3, lettera c), della legge n. 491 del 1993, che consente al Ministero solo la predisposizione di atti e lo svolgimento di attività generali e necessarie per l'attuazione delle determinazioni e dei provvedimenti comunitari; b) l'art. 5, comma 1, lettere d) ed l), dello stesso d.P.R., per presunto contrasto diretto con l'art. 2, comma 3, lettera d), della legge n. 491 del 1993, che consente al Ministero di definire le politiche nazionali, non già di adottare puntuali interventi nella materia dell'agricoltura, ormai interamente di competenza regionale; c) l'art. 6, comma 1, lettere c) e l), del d.P.R. citato, per aver esorbitato dai limiti imposti dall'art. 2, comma 3, lettera d), della legge n. 491 del 1993; d) l'art. 8, comma 1, lettera d), del d.P.R. 15 marzo 1994, n. 197, instaurativo di un collegamento fra l'attività di "informazione" (attribuita al Ministero) e quella di promozione commerciale, che sarebbe invece assente nella legge.

2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituendosi, ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del ricorso in quanto rivolto a denunziare una invasione delle competenze regionali che allo stato appare del tutto eventuale e che comunque non può considerarsi come effetto del d.P.R. impugnato.

3.- L'eccezione prospettata dall'Avvocatura generale dello Stato merita accoglimento. In ordine al primo dei motivi del conflitto, va osservato che, ai sensi dell'art. 6, comma 1, della legge n. 491 del 1993, relativo al riordina mento delle competenze regionali e statali in materia agricola e forestale, veniva demandato al Governo il compito di provvedere, "con uno o più regolamenti", a "definire l'organizzazione degli uffici del Ministero e distribuire, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, l'organico del soppresso Ministero dell'agricoltura e delle foreste tra Ministero e regioni in relazione alle funzioni assegnate a tali amministrazioni". Da tale disposizione, mentre non risulta la dedotta necessità di distribuire l'organico contestualmente alla definizione dell'organizzazione degli uffici del Ministero, emerge piuttosto l'opportunità che dette operazioni siano poste in essere in momenti successivi: ciò sia per l'esplicito riferimento che la disposizione fa alla pluralità dei regolamenti ed alla previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, sia per l'esigenza logica di rilevare preliminarmente i carichi di lavoro relativi alla mappa delle funzioni e degli uffici ministeriali. Ed invero, secondo le nuove disposizioni (contenute nel decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29), l'organizzazione dei pubblici uffici implica la previa verifica dei cari chi di lavoro, ed il termine per la determinazione delle dotazioni organiche del personale delle pubbliche amministrazioni, susseguenti a tale verifica, risulta oggi fissato al 30 giugno 1995 (art. 16 della legge 23 dicembre 1994, n. 724).

4. - Tanto premesso, va precisato che la Regione Lombardia denunzia solo il primo dei regolamenti da emanarsi in attuazione della citata legge n. 491 del 1993, quello cioè che riguarda l'organizzazione degli uffici del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali. In quanto limitato a tale fine, esso lascia impregiudicato il contenuto di successivi regolamenti, tra cui quello relativo al consequenziale trasferimento del personale alle regioni, previa verifica dei carichi di lavoro in relazione alle funzioni assegnate alle varie amministrazioni. Sotto questo profilo, quindi, il regolamento oggetto del presente giudizio, in nulla pregiudicando le modalità per il futuro e necessario trasferimento di personale alle regioni, non può ritenersi lesivo delle competenze delle stesse regioni in materia di agricoltura.

5. - Con riguardo alle altre particolari doglianze prospettate dalla regione ricorrente, e relative specificamente agli artt. 4, 5, 6 e 8 dello stesso decreto n. 197 del 1994, va rilevato che anche per questi aspetti il conflitto va dichiarato inammissibile, in quanto le indicate disposizioni non attengono alla ripartizione di competenze fra Stato e regioni in materia agricola e forestale. Va ricordato in proposito che il protocollo intervenuto tra il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali e la Conferenza dei Presidenti delle regioni e province autonome 14 aprile 1994, fra le altre interpretazioni chiarificatrici dei dubbi emersi circa le rispettive competenze, ha precisato che "l'intera lettera d) dell'art. 5 s'intende riferita a interventi su strutture di carattere strategico, innovative di processo e di prodotto ad ampia base territoriale, facenti capo a soggetti giuridici singoli, societari e cooperativi;" e - riguardo al successivo articolo 6 - ha chiarito che "per interventi strutturali di carattere nazionale relativamente all'irrigazione, alla bonifica e alla sistemazione del territorio, devono intendersi quelle attività che sono proprie del Ministero nell'ambito di quanto previsto dall'art. 2, comma 4, lettera d) e comma 6 della legge n. 491 del 1993". Tali precisazioni, la cui forza interpretativa è conseguente alla fonte da cui provengono, sono sufficienti a riferire le disposizioni di cui agli artt. 5 e 6 del regolamento impugnato alle sole attività di competenza statale, e ad escludere di conseguenza qualsiasi violazione di competenze regionali.

6.- In ordine ai motivi concernenti l'art. 4, lettera d) (misure di "accompagnamento" della politica agricola comunitaria) e l'art. 8 lettera d) (promozione commerciale dei prodotti in campo nazionale ed internazionale), del d.P.R. n. 197 del 1994, vanno condivisi i rilievi della difesa erariale circa l'inidoneità delle disposizioni in sè considerate a ledere le competenze regionali. Ed invero, da un lato, le disposizioni si ricollegano a precedenti norme (artt. 4 e 71 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) e solo gli eventuali atti ad esse conseguenti potrebbero, in ipotesi, comportare un'effettiva invasione delle competenze in oggetto; d'altro canto le predette funzioni statali devono appunto "accompagnarsi" a quelle spettanti alle regioni, in modo che entrambi gli enti, senza confliggere sulle competenze, doverosamente agiscano in quello spirito di leale collaborazione, necessario al proficuo sviluppo di questi importanti settori della vita del Paese ed alla loro armonica tutela in campo internazionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione, sollevato dalla Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe, nei confronti dello Stato in relazione al d.P.R. 15 marzo 1994, n. 197 (Regolamento recante norme per l'organizzazione degli uffici del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/06/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 06/07/95.