Ordinanza n. 297 del 1995

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ORDINANZA N. 297

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera e), della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale), come sostituito dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n.16 (Norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali), promosso con ordinanza emessa il 10 ottobre 1994 dal Tribunale di Patti nel procedimento civile vertente tra Milio Luciano e Sindoni Vincenzo Roberto, iscritta al n. 709 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 31 maggio 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri.

RITENUTO che, con ordinanza del 10 ottobre 1994, il Tribunale di Patti ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera e), della legge 19 marzo 1990, n. 55, come sostituito dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16, "nella parte in cui riferisce la in candidabilità e, quindi, la ineleggibilità anche alla condotta di detenzione di sostanza stupefacente come regolamentata a seguito del d.P.R. 5 giugno 1993, n. 171"; che il giudice remittente premette che il ricorrente ha chiesto l'annullamento dell'elezione a Sindaco del Comune di Capo d'Orlando di Sindoni Vincenzo Roberto, rinviato a giudizio con decreto del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Patti del 18 febbraio 1993 quale imputato del reato di detenzione di g. 0,286 di cocaina, previsto dall'art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990; che il giudice a quo rileva che, a seguito del d.P.R. 5 giugno 1993, n. 171 -- emesso in forza del risultato positivo del referendum abrogativo del 18/19 aprile 1993 --, la fattispecie di reato contestata al Sindoni continua ad assumere rilevanza penale solo in presenza di destinazione a terzi della sostanza (è stata praticamente depenalizzata la detenzione per uso personale): per altro verso, però, essendo inibito al giudice dell'azione elettorale l'accertamento anche incidentale della ipotesi di cui alla contestazione, dovrebbe pervenirsi ad una statuizione di ineleggibilità per fatti la cui rilevanza penale è ormai più che dubbia anche sulla scorta della sola formulazione del capo di imputazione; che, pertanto, si appalesa di dubbia legittimità l'art. 15, comma 1, lett. e), della legge citata, nella parte in cui sancisce la incandidabilità, con conseguente nullità della elezione, di coloro che siano stati solo rinviati a giudizio per il reato di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, ben potendosi configurare una situazione sostanziale di detenzione per uso personale -- perciò depenalizzata -- non accertabile dal giudice dell'azione elettorale; che, in particolare, ad avviso del remittente, la norma si pone in contrasto: a) con l'art. 3 della Costituzione, venendosi ad equiparare, in difetto di un effettivo potere di valutazione, posizioni molto diverse, quali quella dello spacciatore e del detentore ad uso personale, il quale abbia subito l'esercizio dell'azione penale sulla scorta della normativa previgente (e quindi una condotta penalmente rilevante ed una che non lo è più); b) con l'art. 51 della Costituzione, in quanto nel caso di specie l'applicazione della norma porterebbe a statuire la ineleggibilità anche in ipotesi di assenza di una preclusione legislativa, assenza che sarebbe certamente tale ove il giudice penale ritenesse (in mancanza di elementi indiziari a supporto della destinazione a terzi) l'avvenuta depenalizzazione del fatto; che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l'infondatezza della questione.

CONSIDERATO che il Tribunale di Patti dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione, dell'art. 15, comma 1, lettera e), della legge 19 marzo 1990, n. 55, come sostituito dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16, nella parte in cui sancisce la "non candidabilità" (con conseguente nullità dell'eventuale elezione) ad una serie di cariche elettive di coloro che siano stati rinviati a giudizio per il delitto di detenzione di sostanza stupefacente (previsto dall'art. 73 del testo unico approvato con d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), pur potendo trattarsi, nella fattispecie, di detenzione per uso personale, e cioè di una condotta che, successivamente al rinvio a giudizio, è stata depenalizzata ad opera del d.P.R. 5 giugno 1993, n. 171, ma il cui accertamento è riservato al giudice penale; che tale disciplina viola, ad avviso del remittente, gli indicati parametri costituzionali, in quanto irragionevolmente equipara, in materia di elettorato passivo, due posizioni -- quella del detentore per uso personale e quella dello spacciatore -- di cui la prima non è più penalmente rilevante e potrebbe, in ipotesi, essere quella ricorrente nel caso di specie; che, rispetto alla decisione in ordine alla questione particolare sollevata dal remittente, si rivela pregiudiziale valutare la legittimità costituzionale della norma la quale stabilisce in generale la "non candidabilità" a cariche elettive di coloro per i quali sia stato disposto il giudizio per determinati delitti; che il dubbio di legittimità costituzionale della norma anzidetta va posto in riferimento all'art. 27, secondo comma, della Costituzione, secondo cui l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, nonchè agli artt. 2, 3 e 51, primo comma, della Costituzione, in base ai quali è demandata al legislatore la disciplina, nel rispetto del principio di eguaglianza e di ragionevolezza, del diritto fondamentale di accesso alle cariche elettive; che, in conclusione, è necessario sollevare incidentalmente, in riferimento agli artt. 2, 3, 27, secondo comma, e 51, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera e), della legge n. 55 del 1990, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 16 del 1992, nella parte in cui prevede la "non candidabilità" alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali di coloro per i quali, in relazione ai delitti indicati nella precedente lettera a), è stato disposto il giudizio, ovvero che sono stati presentati o citati a comparire in udienza per il giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dispone la trattazione innanzi a sè della questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera e), della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale), come sostituito dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16 (Norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali), nella parte in cui prevede la "non candidabilità" alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali di coloro per i quali, in relazione ai delitti indicati nella precedente lettera a), è stato disposto il giudizio, ovvero che sono stati presentati o citati a comparire in udienza per il giudizio, in riferimento agli artt. 2, 3, 27, secondo comma, e 51, primo comma, della Costituzione; ordina il rinvio del presente giudizio, per poter trattare la questione relativa congiuntamente a quella di cui al capo precedente; ordina che la Cancelleria provveda agli adempimenti di legge; ordina che la presente ordinanza sia pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/06/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 05/07/95.