Ordinanza n. 289 del 1995

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ORDINANZA N. 289

1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del decreto- legge 7 novembre 1994, n. 619 (Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonchè in materia di smaltimento dei rifiuti), promossi con quattro ordinanze emesse il 29 novembre 1994 e il 15 novembre 1994 dal Pretore di Perugia, Sezione distaccata di Assisi e il 14 novembre 1994 dal Pretore di Terni, Sezione distaccata di Amelia, iscritte rispettivamente ai nn. 41, 42, 43 e 90 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6 e 9, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 aprile 1995 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

RITENUTO che nel corso di un dibattimento penale a carico di tre soggetti imputati i primi due del reato di cui all'art. 3, comma 3, e 9 octies, comma 3 , del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475 e il terzo del reato di cui all'art. 25, primo comma, in relazione all'art. 6, lettera d) del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, in riferimento a rifiuti speciali denominati "sansa", il Pretore di Terni - Sezione distaccata di Amelia, ha sollevato, con ordinanza del 14 novembre 1994, questione di legittimità costituzionale del decreto- legge 7 novembre 1994, n. 619 (Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonchè in materia di smaltimento dei rifiuti), "nella sua stesura integrale, intesa nella sinergia inscindibile di tutti gli articoli interconnessi, con particolare riferimento agli artt. 2 e 12 ed agli articoli ivi richiamati", in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 25, 32 e 41 della Costituzione; che il giudice rimettente osserva che la decretazione di urgenza, espressa nel denunciato decreto-legge 7 novembre 1994, n. 619 a seguito di una serie di reiterazioni di precedenti decreti aventi per lo più eguale contenuto si porrebbe in contrasto con gli invocati parametri costituzionali, anzitutto perchè, con un semplice espediente terminologico, talune sostanze, denominate residui anzichè rifiuti, si sottrarrebbero alla disciplina specifica dettata dal d.P.R. n. 915 del 1982, la quale regola tuttora anche le cosiddette materie prime secondarie, dato che il decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, contiene soltanto - come affermato anche dalla Corte di cassazione - una "normativa- quadro" chiamata ad operare quando saranno state emanate le norme di cui ai commi quarto e sesto dell'art. 2 del predetto decreto-legge e dato che tali considerazioni sono confortate anche dalla sentenza n. 359 del 14 febbraio 1988 della Corte europea di giustizia, mentre alle stesse non sono opponibili nè le direttive CEE n. 156 del 18 marzo 1991 e n. 689 del 12 dicembre 1991 nè il regolamento n. 259 del 1° febbraio 1993, ancora da recepire in Italia, con la cui attuazione il decreto-legge è da considerarsi anzi in virtuale contrasto; che lo stesso Pretore di Terni - Sezione distaccata di Amelia, osserva ancora che il decreto-legge denunciato, come quelli che lo hanno preceduto, sottrae a qualsiasi procedura ed obbligo tutti quei materiali che siano quotati in borse-merci o in listini e memoriali ufficiali, costituenti residui di produzione e di consumo, con ciò creando "una zona franca completamente deregolamentata" perchè il mero attestato di quotazione di una camera di commercio ed una "ricognizione positiva" del Ministero dell'Ambiente - in palese contrasto con la riserva di legge - sarebbero sufficienti ad escludere proprio dalla categoria dei "residui" quei materiali che fino ad oggi sono stati considerati - e dovrebbero continuare ad essere considerati - "rifiuti", e che insomma il decreto-legge denunciato porrebbe in essere, in attesa di future regolamentazioni, una disciplina transitoria che sottrae alla disciplina dei rifiuti tutti i residui, anche tossici e nocivi, definiti come materie prime secondarie dall'allegato 1 del decreto ministeriale 26 gennaio 1990, senza neanche considerare che la Corte costituzionale con sentenza n. 512 del 15 ottobre 1990 ha cancellato in gran parte detto decreto; che lo stesso giudice rimettente osserva che l'ambito de c.d. residui "identificati" sarebbe stato allargato per effetto del decreto ministeriale 5 settembre 1994, il cui allegato 3, pure in assenza di strutture e di organi di controllo tecnici comprenderebbe tutti i rifiuti industriali, che finiranno così per essere trasformati in materiali deregolamentati in toto o al massimo in residui, con azzeramento di tutta la disciplina sui rifiuti contenuta nel d.P.R. n. 915 del 1982 ed in contrasto con la specifica direttiva della CEE; che, in conclusione, il predetto giudice rimettente considera che il decreto-legge 7 novembre 1994, n. 619, svuotando del tutto il sistema sanzionatorio fissato con il d.P.R. n. 915 del 1982, si ponga in contrasto: a) con l'art. 41 della Costituzione, favorendo le imprese che non hanno osservato la legge e penalizzando invece quegli imprenditori che hanno affrontato rilevanti investimenti per adeguare i proprii impianti e le proprie procedure di stoccaggio alle esigenze di tutela ambientale; b) con gli artt. 9 e 32 della Costituzione, il diritto alla salute dovendo essere inteso anche come diritto alla salubrità dell'ambiente, in quanto si è creato un sistema che favorisce potenzialmente la dispersione nell'ambiente naturale di rifiuti anche pericolosi; c) con l'art. 10 della Costituzione, perchè, attraverso il ricorso ad una terminologia ("residui") diversa da quella comunitaria ("rifiuti destinati al recupero"), si prevederebbe per taluni materiali un trattamento meno severo e, per certi versi, del tutto privo di regolamentazione, con conseguente mancata conformazione dell'ordinamento giuridico italiano alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute; d) con gli artt. 3 e 25 della Costituzione, perchè, attribuendosi alle Camere di commercio il potere di sottrarre alla disciplina dettata per i rifiuti i materiali inseriti nei listini ufficiali, si sarebbe violato il principio della riserva di legge e creata una inammissibile disparità di trattamento in materia penale; che con tre ordinanze dibattimentali di eguale contenuto, emesse in tre distinti giudizi penali, le prime due in data 15 novembre 1994 e la terza in data 29 novembre 1994, il Pretore di Perugia - Sezione distaccata di Assisi, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 del decreto-legge 7 novembre 1994, n. 619, in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 25, 32 e 77 della Costituzione, espressamente richiamando, per la massima parte dei profili di incostituzionalità, i contenuti della predetta ordinanza 14 novembre 1994 del Pretore di Terni - Sezione distaccata di Amelia; che inoltre, richiamandosi anche a quanto ritenuto dalla Corte costituzionale 9-10 marzo 1988, n. 302, il predetto Pretore di Perugia solleva anche la questione della legittimità costituzionale, a petto del "combinato disposto degli artt. 25 e 77 in materia penale", della reiterazione dei decreti-legge (di cui è saliente esempio il citato decreto-legge 7 novembre 1994, n. 619, che fa seguito ai decreti-legge non convertiti nei termini e ripresentati con modifiche il 9 novembre 1993 con il n. 443, il 7 gennaio 1994 con il n. 12, il 10 marzo 1994 con il n. 169, il 6 maggio 1994 con il n. 279, l'8 luglio 1994 con il n. 438 e il 7 settembre 1994 con il n. 530) perchè "non si comprende come la necessità ed urgenza della decretazione normativa e la connessa provvisorietà della normativa insita nella naturale vocazione del decreto-legge a disporre anche in via definitiva possa conciliarsi in materia penale con la mancanza di alcuna scadenza temporale o di limite al legislatore in sede di conversione, anche qualora la precarietà legislativa si protragga per l'arco di oltre un anno" e sempre che il decreto-legge venga finalmente convertito o definitivamente abbandonato; che nei tre giudizi iniziatisi presso il Pretore di Perugia - Sezione distaccata di Assisi, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello

Stato, eccependo in primo luogo la manifesta inammissibilità delle questioni sollevate per non essere stato convertito il decreto-legge n. 619 del 7 novembre 1994 e contestandosi una per una la fondatezza delle questioni stesse.

CONSIDERATO che le questioni di legittimità costituzionale sollevate nelle quattro ordinanze indicate concernono (salvo la questione attinente alla reiterazione dei decreti-legge sollevata dal solo Pretore di Perugia) le stesse questioni in relazione allo stesso decreto-legge e che pertanto i giudizi possono essere riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia; che il decreto-legge 7 novembre 1994, n. 619, non è stato convertito in legge entro il termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione, come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5 del 7 gennaio 1995; che, successivamente, sono stati emanati il decreto-legge 7 gennaio 1995, n. 3, identico a quello denunciato, il decreto-legge 9 marzo 1995, n. 66, anch'essi non convertiti nei termini di legge (v. comunicati pubblicati rispettivamente nella Gazzetta Ufficiale n. 57 del 9 marzo 1995 e n. 106 del 9 maggio 1995) e il decreto-legge 10 maggio 1995, n. 162 (Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonchè in materia di smaltimento dei rifiuti), quest'ultimo tuttora in vigore che "reitera" i precedenti, ma la cui disciplina è in parte diversa rispetto a quella vigente al tempo delle ordinanze di rinvio e denunciata di incostituzionalità; che, pertanto, essendo mutato il quadro normativo, gli atti vanno restituiti al giudice del rinvio perchè valuti se, alla luce della nuova disciplina, le questioni sollevate siano tuttora rilevanti nei giudizi a quibus.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti di cui alla ordinanza 14 novembre 1994 (R.O. n. 90 del 1995) al Pretore di Terni e degli atti di cui alle ordinanze 15 novembre e 29 novembre 1994 (R.O. nn. 41, 42 e 43 del 1995) al Pretore di Perugia.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Giuliano VASSALLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 29 giugno 1995.