Sentenza n. 278 del 1995

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SENTENZA N. 278

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del T.U. delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato) e della legge 23 marzo 1983, n. 78 (Aggiornamento della legge 5 maggio 1976, n. 187, relativa alle indennità operative del personale militare), promosso con ordinanza emessa il 30 novembre 1993 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna sui ricorsi riuniti proposti da SANNA Giovanni ed altro contro l'ENPAS, iscritta al n. 249 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1994. Udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1995 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto in fatto

Nel corso di due giudizi in cui i ricorrenti, sottufficiali in quiescenza, avevano richiesto dichiararsi il loro diritto al computo dell'indennità operativa nell'indennità di buonuscita, il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, con unica ordinanza emessa il 30 novembre 1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del T.U. delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato) e della legge 23 marzo 1983, n. 78 (Aggiornamento della legge 5 maggio 1976, n. 187, relativa alle indennità operative del personale militare), nella parte in cui non consentono di comprendere l'indennità di servizio operativo nell'indennità di buonuscita. Premette il giudice a quo di dover disattendere una decisione del Consiglio di Stato, richiamata dai ricorrenti, che tale computo ammette a decorrere dall'entrata in vigore della legge n. 78 del 1983, la quale ha reso pensionabile l'indennità operativa. Argomenta infatti il remittente che la legge da ultimo citata non avrebbe sostanzialmente modificato la natura dell'indennità in argomento rispetto a come risultava già delineata dalla legge 5 maggio 1976, n. 187 (concernente il riordinamento di indennità ed altri provvedimenti per le Forze armate). A tale conclusione il T.A.R. perviene confrontando diverse disposizioni dei due provvedimenti legislativi, e rileva che anche anteriormente alla legge n. 78 del 1983, l'emolumento in questione era computabile - seppure entro certi limiti - ai fini pensionistici ex art. 147 della legge 11 luglio 1980, n. 312. Inoltre resterebbe sempre insuperabile il dato normativo, su cui si fonda il diniego di computo opposto dall'amministrazione, costituito dall'art. 3, secondo comma, del d.P.R. n. 1032 del 1973, norma che per la determinazione della buonuscita rinvia all'art. 38 dello stesso decreto, il quale, nella tassativa elencazione delle voci computabili, non comprende l'indennità operativa. Ciò posto, il Tribunale sottolinea la natura retributiva dell'indennità, corrisposta, anche se con criteri e misure differenziate, a tutti i militari perfino non in costanza di servizio, nonchè la circostanza della sua erogazione su tredici mensilità e la pensionabilità da ultimo riconosciuta. A riguardo il remittente richiama la sentenza di questa Corte n. 243 del 1993, concernente la declaratoria d'illegittimità delle norme che non consentivano il computo dell'indennità integrativa speciale nei trattamenti di fine rapporto del personale statale e sottolinea l'analogia della situazione in esame sotto il profilo della difficoltà di ipotizzare una pronuncia additiva. Infatti, poichè la buonuscita del militare è commisurata all'ultima retribuzione da questi percepita e poichè l'indennità operativa varia in aumento o diminuzione nel passaggio da un reparto ad un altro, può accadere che un soggetto venga trasferito nell'ultimo periodo di servizio attivo, presso un'unità che comporti un'indennità operativa diversa da quella fino ad allora percepita, con il conseguente variare dell'indennità "in relazione a circostanze casuali e che comunque attengano ad un tempo limitato rispetto all'intero rapporto di servizio militare". Nel complesso, quindi, l'esclusione dell'indennità parrebbe in contrasto con il principio della proporzionalità tra retribuzione, qualità e quantità del lavoro svolto, nonchè con il principio di parità di trattamento rispetto agli altri dipendenti pubblici ed in particolare rispetto ai dirigenti che, ex art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973, si vedono computare l'indennità di funzione percepita durante il servizio nella liquidazione della buonuscita.

Considerato in diritto

1. - Il T.A.R. per la Sardegna dubita della legittimità costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 e della legge 23 marzo 1983, n. 78, nella parte in cui non consentono di comprendere l'indennità operativa nella base di computo dell'indennità di buonuscita. Tale esclusione risulterebbe lesiva dei princìpi di proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione e della parità di trattamento in confronto ad altre categorie di pubblici dipendenti, in particolare dei dirigenti, che vedono includersi l'indennità di funzione nella base di calcolo dell'indennità in parola.

Il denunciato contrasto risalterebbe ulteriormente a seguito della sentenza n. 243 del 1993, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale delle norme che non consentono la computabilità dell'indennità integrativa speciale nella buonuscita.

2. - La questione non è fondata. Le indennità di impiego operativo disciplinate dalla legge 23 marzo 1983, n. 78, radicalmente modificativa del previgente regime, si atteggiano, secondo la stessa definizione legislativa, come un peculiare trattamento economico da porsi in relazione col particolare status dei militari, quale compenso per il rischio, per i disagi e per le responsabilità connesse alle diverse situazioni di impiego. Queste ultime sono valutate, in una molteplicità di previsioni normative, con riguardo alle specializzazioni ed alle attività dei militari, e comportano l'erogazione di svariati incrementi percentuali dell'indennità operativa di base nonchè l'eventuale attribuzione di alcune indennità supplementari. La citata legge prevede all'art. 2 un'indennità operativa di base, indistintamente spettante a tutti i militari, contemplando poi una serie di maggiorazioni percentuali in connessione con l'espletamento di specifiche e più gravose mansioni. La percezione continuativa dell'indennità connessa a particolari situazioni d'impiego per un certo periodo si riflette in termini di incremento permanente sull'indennità di base (cfr. nota b alla tabella I allegata alla legge citata). Il legislatore, inoltre, ha reso integralmente pensionabile l'emolumento in parola (art. 18), così completando il processo avviato con l'art. 147 della legge 11 luglio 1980, n. 312.

3. - Il giudice a quo dà atto della interpretazione del Consiglio di Stato, secondo cui l'elencazione degli emolumenti utili al computo dell'indennità di buonuscita, contenuta nel denunciato art. 38, va integrata con l'indennità operativa, stante la natura retributiva acquisita da questa. Tuttavia non ritiene di poter aderire a tale tesi, considerando insuperabile l'asserita tassatività del dato normativo testuale. Donde il dubbio di illegittimità costituzionale, sollevato proprio in ragione della natura retributiva, anche da esso remittente affermata, dell'indennità medesima.

4. - L'incertezza interpretativa e giurisprudenziale in materia non consente di discostarsi dalla prospettazione del giudice a quo.

Ma, anche accettando la premessa ermeneutica dalla quale questi muove, è comunque da escludere che sussista la lamentata lesione degli evocati parametri costituzionali. Ed invero, come non è sufficiente addurre la natura retributiva di un trattamento economico aggiuntivo per ritenere costituzionalmente illegittima la non pensionabilità, così, reciprocamente, il principio di adeguatezza della retribuzione non implica che un emolumento in quanto pensionabile debba essere anche necessariamente incluso nella buonuscita. Del tutto particolare è il caso dell'indennità integrativa speciale, giudicata da questa Corte uno strumento essenziale per conservare il rapporto di proporzionalità, garantito dall'art. 36, tra retribuzione e quantità e qualità di lavoro, per cui il problema della sua inclusione nei trattamenti di fine lavoro si è posto "in termini diversi rispetto a qualunque altra differenza normativa inerente alle modalità di determinazione dei trattamenti stessi " (sentenza n. 243 del 1993.

5. - Se dunque il tema dell'indennità integrativa non può essere utilmente richiamato a sostegno della prospettazione, neppure è proponibile un confronto con altra voce retributiva accessoria, qual è l'indennità di funzione, considerata invece computabile nella buonuscita dall'art. 38 citato: atteso che la valutazione del trattamento economico va sempre operata nel suo complesso e non già isolandone una singola componente. D'altronde l'indennità di funzione, coerentemente con quanto in via generale previsto per la dirigenza nel pubblico impiego, è da ricollegare alla titolarità delle posizioni apicali della gerarchia, accessibili attraverso una particolare selezione e connotate da specifiche responsabilità di comando.

Laddove l'indennità operativa viene corrisposta a tutti, con importi diversificati in ragione delle svariate condizioni d'impiego, e ad essa il legislatore ha comunque inteso attribuire altri effetti, quale ad esempio la maggiorazione di un quinto degli anni di servizio utili a pensione. Sicchè la prima delle dette indennità non può essere assunta quale tertium comparationis per inferire l'illegittimità della mancata inclusione della seconda - del tutto disomogenea - nel computo della buonuscita.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R.29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del T.U. delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato) e della legge 23 marzo 1983, n. 78 (Aggiornamento della legge 5 maggio 1976, n. 187, relativa alle indennità operative del personale militare), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dal T.A.R. per la Sardegna con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/06/95.

Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 27/06/95.