Ordinanza n. 268 del 1995

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ORDINANZA N.268

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 117 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa l'8 novembre 1994 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Padova nel procedimento penale a carico di Righetto Sandro ed altri, iscritta al n. 777 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri.

RITENUTO che il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Padova ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 117 del codice di procedura penale, nella parte in cui "si limita a facultizzare ..., anzichè obbligare il pubblico ministero del procedimento originario a trasmettere all'ufficio omologo le copie degli atti ritenute necessarie dal giudice che procede"; che il giudice remittente premette in sintesi quanto segue: a) con missiva 5 gennaio 1994 la Procura della Repubblica di Venezia -- direzione distrettuale antimafia -- trasmetteva alla Procura della Repubblica di Padova copia delle trascrizioni delle conversazioni intercettate nel corso di indagini relative a procedimento che veniva seguito da quel la autorità giudiziaria, e ciò ravvisando nell'autorità giudiziaria di Padova la competenza, per materia e territorio, a procedere per i reati configurabili; b) a seguito di ciò, la Procura della Repubblica di Padova esercitava l'azione penale con richiesta di rinvio a giudizio degli imputati in ordine ai reati di cui agli artt. 1, 2, 4 e 6 della legge n. 895 del 1967 e all'art. 648 del codice penale; c) nel corso dell'udienza preliminare, su specifica richiesta della difesa degli imputati, il giudice invitava il pubblico ministero a trasmettere determinati atti, analiticamente indicati, e ciò perchè riteneva che i provvedimenti autorizzativi alle intercettazioni telefoniche ed ambientali del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Venezia fossero motivati per relationem; d) successivamente, il pubblico ministero produceva una missiva con la quale la Procura della Repubblica di Venezia -- D.d.a. -- manifestava "di non intendere trasmettere al G.I.P. del Tribunale di Padova gli atti da questi indicati nell'ordinanza 19 luglio, posto che tali atti sono tuttora coperti da segreto ed ineriscono ad un procedimento tuttora in corso relativo ad indagini avviate anche nei confronti di soggetti diversi da quelli che figurano imputati avanti l'Autorità giudiziaria di Padova"; che, tutto ciò premesso, il giudice a quo, rilevato che in tema di necessità che il pubblico ministero trasmetta al giudice dell'udienza preliminare l'intera documentazione relativa agli atti compiuti nel corso delle indagini preliminari aventi rilievo ai fini della decisione si è già pronunciata questa Corte con la sentenza n. 145 del 1991, osserva che, tuttavia, non sembrano esservi norme che pongano tale obbligo in capo a tutti i rappresentanti della pubblica accusa che in concreto abbiano avuto parte nel procedimento; che, in conclusione, ad avviso del remittente, la norma censurata non appare conforme ai dettami della Carta costituzionale, poichè un concreto comportamento tenuto dal rappresentante della parte pubblica condiziona, da un lato, in modo incisivo ed irragionevole, l'esercizio del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, della Costituzione), e, dall'altro, lo stesso momento valutativo e di decisione del giudice (art. 101, secondo comma, della Costituzione); che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.

CONSIDERATO che il giudice a quo lamenta in sostanza che l'art. 117 del codice di procedura penale attribuisce all'autorità giudiziaria destinataria di una richiesta di copie di atti da parte di un pubblico ministero la facoltà di rigettare la richiesta medesima, anzichè porre l'obbligo della trasmissione degli atti, così violando, a suo avviso, gli artt. 24, secondo comma, (per compressione del diritto di difesa) e 101, secondo comma, (per soggezione del giudice non alla legge, ma ad un comportamento di altra autorità giudiziaria) della Costituzione; che la questione si rivela chiaramente inammissibile, in quanto appare evidente la inapplicabilità della norma denunciata al caso di specie; che l'impugnato art. 117 del codice di procedura penale disciplina la richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del pubblico ministero all'"autorità giudiziaria competente", "quando è necessario per il compimento delle proprie indagini": occorre, quindi, da un lato, che la richiesta sia finalizzata all'attività di indagine e, dall'altro, che l'autorità giudiziaria destinataria della richiesta sia quella competente (per materia e territorio) in ordine ad un determinato procedimento penale, del quale, appunto, si richiedono, a fini conoscitivi, copie di determinati atti; che tutt'altra vicenda processuale si è verificata nel giudizio a quo, in quanto, come risulta dall'ordinanza di rimessione, la Procura della Repubblica di Venezia, direzione distrettuale antimafia, trasmise alla Procura della Repubblica di Padova copia di atti (trascrizioni di intercettazioni telefoniche), avendo individuato nella stessa autorità giudiziaria di Padova "la competenza, per materia e territorio, a procedere per i reati ravvisabili"; che, successivamente, il giudice a quo, in sede di udienza preliminare, lamentava la incompletezza della documentazione trasmessa, ai fini dell'adozione delle decisioni a lui spettanti; che, ciò posto, è indubbio che l'art. 117 del codice di procedura penale viene dal remittente censurato fuor di proposito, sia perchè l'autorità giudiziaria competente, nella fattispecie, è proprio quella di Padova, sia perchè la richiesta non è certo finalizzata al compimento delle indagini, bensì, come detto, a colmare la presunta incompletezza del fascicolo processuale trasmesso al giudice dell'udienza preliminare; che è, comunque, il caso di osservare, infine, che, proprio perchè nella fattispecie non ricorre l'ipotesi di cui alla norma impugnata, la trasmissione degli atti all'autorità giudiziaria competente non può che essere integrale, spettando, poi, al giudice a quo individuare il rimedio che l'ordinamento offre in caso di concreta inosservanza di tale obbligo. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 117 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Padova con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/06/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 19/06/95.