Ordinanza n. 262 del 1995

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ORDINANZA N.262

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 420 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 dicembre 1993 dal Tribunale militare di Torino nel procedimento penale a carico di Ferraro Gaetano ed altri iscritta al n. 323 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 aprile 1995 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello

RITENUTO che nel corso di un procedimento penale a carico di militari il Tribunale militare di Torino, all'udienza dibattimentale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 420 del codice di procedura penale, nella parte in cui (comma 3) detta norma - diversamente da quanto stabilito per la fase dibattimentale dall'art. 486, comma 5, dello stesso codice - non prevede che, in caso di assenza del difensore dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, il giudice dell'udienza preliminare disponga la sospensione o il rinvio del procedimento, bensì stabilisce che il giudice provveda a norma dell'art. 97, comma 4, del codice, designando come sostituto altro difensore immediatamente reperibile, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione; che nel sollevare la questione il rimettente muove dal rilievo della dichiarazione resa al di battimento da un difensore, in ordine alla verificazione, nel corso dell'udienza preliminare, della situazione regolata dalla norma impugnata e dunque dell'avvenuto svolgimento dell'udienza preliminare, in applicazione di quanto stabilito dalla norma stessa, con l'intervento di sostituto immediatamente reperibile; che ad avviso del giudice a quo la diversificazione di disciplina tra fase dell'udienza preliminare e fase dibattimentale, quanto alla regolazione dell'impedimento del difensore fiduciario, pur se conforme alla direttiva n. 77) dell'art. 2 della legge-delega n. 81 del 1987, ingenera dubbi di illegittimità costituzionale in rapporto all'effettività della tutela del diritto di difesa, data la specificità dell'attività di partecipazione e dell'apporto del difensore fiduciario, non surrogabili dalla sola presenza del sostituto; che l'accennata diversificazione, d'altra parte, non si giustificherebbe, per il rimettente, nè con la - indubbia e "netta" - differenza tra le due fasi del procedimento penale rispettivamente interessate, che non potrebbe giustificare qualunque compressione delle garanzie difensive nell'ambito dell'udienza preliminare, nè con l'esigenza di evi tare utilizzazioni strumentali e dilatorie dell'istituto, giacchè analogo ipotetico rischio è presente nella fase dibattimentale e tuttavia esso non ha ostacolato la previsione della possibilità (recte: dell'obbligo) di rinvio o di sospensione del procedimento ex art. 486, comma 5, del codice di rito; che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che nell'atto di intervento ha concluso per una pronuncia di inammissibilità o di infondatezza della questione, osservando - in successiva memoria - che, per principio acquisito, la tutela costituzionale del diritto di difesa non implica l'identica disciplina in ogni fase e stato del processo, e che, una volta escluso ogni sospetto di incostituzionalità quanto al meccanismo di garanzia previsto nell'art. 97 del codice di procedura penale, è del tutto coerente che nell'ambito dell'udienza preliminare trovi applicazione questo stesso meccanismo, che rappresenta la regola per i casi di impedimento del difensore fiduciario, e non anche la disposizione dell'art. 486 del codice, assunta a termine di raffronto, che rappresenta una ipotesi derogatoria ed eccezionale; che inoltre, osserva l'Avvocatura, non è ravvisabile neppure un profilo di irragionevolezza nella diversa disciplina apprestata in relazione alle due fasi, giacchè un simile rilievo potrebbe essere svolto solo se tra udienza preliminare e di battimento vi fosse identità o analogia di struttura e funzione, il che non è: oggetto della prima è la verifica della fondatezza della richiesta del processo, oggetto della seconda è il giudizio sul merito della responsabilità penale dell'imputato.

CONSIDERATO che la questione, sollevata dal tribunale militare nella fase dibattimentale, ha ad oggetto una norma che regola l'impedimento del difensore nell'ambito della disciplina dell'udienza preliminare, fase del processo che è evidentemente conclusa all'atto della proposizione della questione stessa; che inoltre non risulta dall'ordinanza di rinvio se e in quale modo il giudice a quo debba fare applicazione della norma impugnata, non avendo il rimettente dedotto in relazione a quale evenienza processuale propria della fase dibattimentale la questione sia stata sollevata e non essendo dunque verificabile per quale profilo la risoluzione del quesito possa avere concreta rilevanza in rapporto alla fase in cui si trova il giudizio a quo; che pertanto la questione va dichiarata manifestamente inammissibile (v. ord. n. 156 del 1994; n. 332 del 1987) per difetto di motivazione sulla rilevanza della sollevata questione di costituzionalità, concernente una norma non attinente alla fase del giudizio nella quale essa è proposta, non risultando quale sia l'incidenza, in detta fase, della richiesta sostituzione della disciplina stabilita dalla norma impugnata con quella prevista dalla norma posta a termine di raffronto. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 420 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale militare di Torino, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/06/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

Depositata in cancelleria il 19/06/95.