Ordinanza n. 254 del 1995

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ORDINANZA N.254

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10 del regio decreto-legge 29 luglio 1927, n. 1509, convertito nella legge 5 luglio 1928 n. 1760 (Provvedimenti per l'ordinamento del credito agrario nel regno), promosso con ordinanza emessa il 13 dicembre 1994 dal Pretore di Lecce, sezione distaccata di Campi Salentina, nel procedimento penale a carico di Guarino Antonio ed altro, iscritta al n. 133 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1995 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

RITENUTO che nel corso del procedimento a carico di Guarino Antonio e Guarino Giuseppe, imputati, alla data del 13 dicembre 1991, del reato di cui agli articoli 110 e 388 del codice penale, in relazione all'art. 10 del regio decreto- legge 29 luglio 1927 n. 1509 (Provvedimenti per l'ordinamento del credito agrario nel regno), convertito nella legge 5 luglio 1928, n. 1760, per avere distrutto i macchinari sottoposti al privilegio speciale in favore del Banco di Napoli (che aveva loro concesso un credito agrario per l'acquisto di materiale utile all'agricoltura), il difensore di uno degli imputati ha eccepito, in relazione all'art. 3 della Costituzione, l'incostituzionalità del predetto art. 10 in riferimento all'art. 1, comma 1, lettera a), della legge 28 dicembre 1993, n. 561 (Trasformazione di reati minori in illeciti amministrativi); che, ad avviso del difensore, la legge n. 561 del 1993 avrebbe determinato una ingiustificata disparità di trattamento, stabilendo la depenalizzazione del reato previsto in materia di privilegio automobilistico (art. 10 del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito nella legge 19 febbraio 1928, n. 510) e non, invece, nella materia de qua (sui privilegi collegati ai crediti agrari); che il Pretore di Lecce, sezione distaccata di Campi Salentina, ha convenuto sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza dell'eccepita questione di costituzionalità della disposizione incriminatrice; che il reato, ora depenalizzato, posto a protezione dello speciale privilegio automobilistico e quello a presidio dell'analogo principio agrario, sarebbero entrambi ispirati da una comune ragione volta a garantire due speciali forme di credito; che la mancata depenalizzazione del reato per il quale si procede sarebbe da ascrivere a una mera dimenticanza ovvero a una scelta abnorme e irrazionale del legislatore, tale da violare il precetto costituzionale contenuto nell'art. 3 della Costituzione; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o, in subordine, per la non fondatezza; che, ad avviso dell'Avvocatura, la questione proposta sarebbe irrilevante, atteso che il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), a far data dal 1° gennaio 1994, avrebbe previsto, all'articolo 161, l'abrogazione espressa dell'intero regio decreto-legge n. 1509 del 1927 (convertito nella legge n. 1760 del 1928); che, di conseguenza, sarebbe venuto meno anche l'art. 10 oggetto della questione di costituzionalità (mentre la tutela privilegiata del credito agrario sarebbe ora consegnata alla sola materia civilistica, contenuta negli artt. 44-46 del citato testo unico).

CONSIDERATO che l'art. 10 del regio decreto-legge n. 1509 del 1927 è stato espressamente abrogato dall'art. 161 del decreto legislativo n. 385 del 1993, sì che non è più in essere la disposizione denunciata; che, pertanto, difettando uno dei due termini oggettivi della questione (la disposizione denunciata), questa deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 del Regio decreto- legge 29 luglio 1927, n. 1509 (Provvedimenti per l'ordinamento del Credito agrario nel regno), convertito nella legge 5 luglio 1928, n. 1760, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione dal pretore di Lecce - sezione distaccata di Campi Salentina, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/06/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 16/06/95.