Sentenza n. 250 del 1995

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SENTENZA N. 250

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Provincia autonoma di Trento notificato il 5 agosto 1994, depositato in Cancelleria il 22 agosto 1994, per conflitto di attribuzione in relazione all'art. 5, comma 5, del d.P.R. 20 aprile 1994, n. 373 concernente il "Regolamento recante definizione della funzioni dei Comitati interministeriali soppressi e per il riordino della relativa disciplina" ed iscritto al n. 30 del registro conflitti 1994. Udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1995 il Giudice relatore Renato Granata;

udito l'avv. Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento 

Ritenuto in fatto

La Provincia autonoma di Trento solleva conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione all'art. 5, comma 5, del d.P.R. 20 aprile 1994, n. 373, recante il regolamento per la definizione delle funzioni dei Comitati interministeriali soppressi e per il riordino della relativa disciplina. Osserva la Provincia che l'art. 1, comma 24, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ha demandato al Governo il compito di procedere con regolamenti a definire le funzioni dei Comitati interministeriali soppressi dal comma 21 dell'art. 1 - fra i quali il Comitato interministeriale prezzi - e a "riordinare organicamente la disciplina della normativa nelle relative materie, anche attraverso le modifiche, le integrazioni e le abrogazioni normative necessarie", conformemente ad una serie di criteri, tra i quali assume rilievo quello di cui alla lettera d) dello stesso comma, così formulato: "attribuzione alle regioni della potestà legislativa o regolamentare nelle materie esercitate dai soppressi comitati, che rientrino nella sfera di competenza delle regioni stesse". In particolare l'art. 5, comma 5, del citato regolamento - oggetto del conflitto - ha stabilito che i comitati provinciali dei prezzi, di cui all'art. 3 del d.lgs.lgt. 19 ottobre 1944, n. 347, sono soppressi, con attribuzione delle < residue funzioni> agli uffici provinciali dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e che la Commissione centrale prezzi di cui all'art. 2 del d.lgs.lgt. 19 ottobre 1944, n. 347, è pure soppressa. Ricorda però la Provincia che in precedenza l'art. 52, comma 1, lettera c) del d.P.R. n. 616 del 1977 aveva delegato alle regioni, a far tempo dal 1° gennaio 1979, l'esercizio delle funzioni amministrative relative "all'attività dei comitati provinciali per i prezzi". Inoltre l'art. 111 dello stesso d.P.R. n. 616 del 1977 aveva trasferito alle regioni vari uffici periferici dello Stato, fra cui i comitati provinciali prezzi (tabella A, n. 12), stabilendo che l'esercizio delle funzioni amministrative che continuavano ad essere attribuite dal le leggi e dai regolamenti all'epoca vigenti agli uffici trasferiti, quali organi dello Stato, in materie diverse da quelle contemplate dal citato decreto, era delegato alle regioni, se non diversamente disposto. Riguardo - poi - alle Province autonome di Trento e di Bolzano il d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017 - recante norme di attuazione dello Statuto d'autonomia che hanno disciplinato il trasferimento delle funzioni amministrative alla Provincia, fra l'altro in materia di commercio (art. 1) - ha da una parte previsto la delega alle Province dell'"esercizio delle funzioni amministrative relative all'attività dei comitati provinciali per i prezzi" a far tempo dal 1° novembre 1979 (non essendo intervenute le norme di riforma del sistema dei prezzi controllati ivi previste, e che avrebbe potuto disporre diversamente); d'altra parte ha disposto che nella Regione Trentino-Alto Adige gli uffici provinciali industria, commercio e artigianato fossero soppressi e che le funzioni amministrative, non rientranti nelle competenze provinciali, esercitate da detti uffici quali uffici statali decentrati presso la Camera di commercio, fossero esercitate, "per delega dello Stato, dalle Camere medesime", ad eccezione di quelle riguardanti la difesa nazionale, attribuite al Commissario del Governo. La Provincia ha poi provveduto ad istituire il comitato provinciale prezzi per l'esercizio delle funzioni delegate dello Stato, e a disciplinarne composizione e funzionamento con legge provinciale 2 giugno 1980, n. 15; e ad esso ha attribuito ulteriori funzioni con legge provinciale 3 gennaio 1983, n. 3. Tutto ciò premesso, la difesa della Provincia dubita - in linea generale - che il Governo possa sopprimere uffici già trasferiti alle regioni e che siano in realtà identificabili < residue funzioni> dei Comitati provinciali prezzi che non risultino essere già state delegate alle regioni. Per quanto, poi, in particolare riguarda la Regione Trentino-AltoAdige torna a sottolineare che in questa gli Uffici provinciali industria, commercio e artigianato - ai quali, secondo la norma impugnata dovrebbero essere devolute tali funzioni < residue> - sono stati soppressi dall'art. 4 delle disposizioni di attuazione dello Statuto di cui al d.P.R. n. 1017 del 1978, con delega delle loro funzioni alle Camere di commercio, sicchè potrebbe dubitarsi che la disposizione impugnata riguardi anche la Provincia. Peraltro, se ritenuta invece a questa applicabile, la disposizione stessa sarebbe illegittima perchè lesiva della autonomia provinciale. Infatti la disposta soppressione dei Comitati provinciali prezzi e la devoluzione delle "residue funzioni" agli Uffici provinciali industria, commercio e artigianato (in Trentino-Alto Adige però soppressi e sostituiti dalle Province e dalle Camere di commercio) - dovrebbe intendersi come implicita revoca della delega conferita alla Provincia con l'art. 11 del d.P.R. n. 1017 del 1978. Ma tale delega non avrebbe potuto essere revocata liberamente, senza violare l'autonomia provinciale, trattandosi di delega volta a consentire l'organico esercizio delle competenze statutarie e, comunque, non avrebbe potuto essere revocata con atto non legislativo, quale è il regolamento impugnato, mentre la norma legislativa sulla cui base il regolamento stesso è stato emanato non prevede tale soppressione. Vi sarebbe inoltre la lesione dell'autonomia legislativa e amministrativa della Provincia in materia di ordinamento degli uffici provinciali (art. 8, n. 1 dello Statuto speciale).

Considerato in diritto

 

1. - Il ricorso è inammissibile. Va premesso che, in sede di interventi correttivi di finanza pubblica, la legge 24 dicembre 1993, n.537 ha previsto (all'art. 1) un'ampia delega al Governo per la riorganizzazione della pubblica amministrazione ed in quel contesto, per un verso, ha soppresso il Comitato interministeriale prezzi unitamente ad altre strutture analoghe e, per altro verso, ha assegnato ad uno o più regola menti la determinazione della sorte delle competenze e delle attribuzioni dei Comitati soppressi.

Tali regolamenti, ancorchè delegati ad innovare anche con forza di legge, devono essere in particolare rispettosi dei criteri e principi ispiratori espressamente e specificamente fissati dal comma 24 del medesimo articolo. Da una parte l'attribuzione delle competenze è modulata su un duplice livello: uno generale relativo alle funzioni in materia di programmazione e di politica economica nazionale e comunitaria (assegnato al Comitato interministeriale per la programmazione economica) ed uno specifico relativo alle funzioni ed ai compiti settoriali (assegnati ai singoli ministeri secondo la materia di competenza). D'altra parte dalle competenze dei Comitati soppressi devono essere enucleate quelle materie che rientrino nella sfera di competenza delle regioni per essere attribuite alla loro potestà, sia legislativa che regolamentare. Quindi in sostanza nel disegno riformatore del legislatore le competenze dei Comitati interministeriali soppressi, tra cui il CIP, sono destinate ad essere frammentate e riassegnate (ad opera dei regolamenti delegati) secondo una direttrice sia verticale (tra CIPE e ministeri) che orizzontale (tra Stato e regioni); sicchè - può subito rilevarsi - le attribuzioni delle regioni non soltanto sono rispettate, ma anzi accresciute; inoltre, sia il comma 7 che il comma 19 (ancorchè in altra materia), fanno salve, tra l'altro, le competenze delle province autonome, così testimoniando la volontà del legislatore più in generale, di muoversi nel rispetto di tali competenze.

2. - Orbene il regolamento delegato impugnato (d.P.R. 20 aprile 1994, n.373), nel disciplinare la devoluzione delle funzioni dei Comitati soppressi, in particolare ha (all'art. 5) operato, quanto al CIP, la prevista ripartizione tra le funzioni attribuite al CIPE (soprattutto poteri di indirizzo e di direttiva) e quelle assegnate ai singoli ministeri (nella specie al ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, al ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, al ministro delle poste e delle telecomunicazioni). Inoltre, nel sopprimere anche i Comitati provinciali dei prezzi, quale logica conseguenza della soppressione del CIP, la citata disposizione si è anche fatta carico della devoluzione delle funzioni di tali organismi decentrati, attribuendole agli uffici provinciali (del ministero) dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

3. - La doglianza che muove la Provincia autonoma di Trento si fonda sul presupposto che la soppressione dei Comitati provinciali prezzi di cui al citato art. 5 riguardi non soltanto quelli di cui alle funzioni delegate ex art. 52, comma 1, lettera c), d.P.R. n. 616 del 1977 (uffici trasferiti alle regioni ordinarie in forza del successivo art. 111, ma le cui competenze hanno continuato ad essere regolate dalla normativa statale: d.lgs.lgt. nn. 347 del 1944, 363 del 1946 e 896 del 1947), ma anche quelli le cui funzioni sono state delegate alle province di Trento e Bolzano dall'art. 11 del d.P.R. 31 luglio 1978, n.1017, recante norme di attuazione dello Statuto d'autonomia, e che attualmente risultano disciplinati, quanto alla provincia di Trento, dalle leggi provinciali n. 15 del 1980 e n.3 del 1983. Ma così non è, come emerge dalla stessa disposizione censurata che - attribuendo, come si è appena rilevato, le funzioni residue agli uffici provinciali (del ministero) dell'industria, del commercio e dell'artigianato - presuppone che tali uffici esistano. Invece nelle province autonome tali uffici sono stati soppressi dall'art. 4 del d.P.R. n.1017 del 1978 cit.; nè è ipotizzabile che essi rivivano perchè ciò non è contemplato nei criteri e nei principi dettati dal comma 24 dell'art. 1 della legge n.537 del 1993 cit., nè è affatto previsto dal successivo regolamento. Stante quindi la contraddittorietà della devoluzione delle funzioni del Comitato provinciale prezzi di Trento ad uffici da tempo soppressi, deve ritenersi che l'ambito di applicazione dell'art. 5, comma 5, cit. non possa riguardare il Comitato provinciale prezzi, attualmente regolato dalle citate leggi provinciali n. 15 del 1980 e n.3 del 1983 ed attributario, per delega, delle funzioni previste dall'art. 11 del d.P.R. 31 luglio 1978, n.1017; conclusione - questa - del resto suffragata anche dal diverso rango della fonte dell'originaria delega delle funzioni (prevista in questo caso da una norma di attuazione dello Statuto di autonomia e, nel caso delle regioni ordinarie, da un decreto delegato) e dalla già evidenziata volontà della stessa legge di delega n.537 del 1993 di rispettare le competenze delle province autonome. Conclusivamente il Comitato provinciale prezzi di Trento rimane fuori dall'intervento riorganizzativo descritto e quindi ad esso non si applica il regolamento censurato in parte qua. Pertanto, rettificato il presupposto interpretativo da cui muove il ricorso, si ha che la norma regolamentare censurata non è invasiva delle competenze della Provincia di Trento; consegue l'inammissibilità del conflitto.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione proposto nei confronti dello Stato, in relazione all'art. 5, comma 4, del d.P.R. 20 aprile 1994, n. 373 (Regolamento recante la definizione delle funzioni dei Comitati interministeriali soppressi e per il riordino della relativa disciplina), dalla Provincia autonoma di Trento con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/06/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 16/06/95.