Ordinanza n. 191 del 1995

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ORDINANZA N.191

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 186, comma 2, seconda parte, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza emessa il 2 dicembre 1993 dal Pretore di Forlì nel procedimento civile vertente tra Anacardi Nevio e il Prefetto di Forlì, iscritta - al n. 261 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 20 aprile 1995 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

RITENUTO che in sede di giudizio di opposizione promosso avverso un provvedimento prefettizio di sospensione della patente di guida emesso in data 29 settembre 1993, in relazione a precedente accertamento di guida in stato di ebbrezza rilevato a carico del ricorrente, il Pretore di Forlì ha sollevato, con ordinanza del 2 dicembre 1993, questione di legittimità costituzionale dell'art. 186, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) in riferimento agli articoli 3, 24, primo comma, e 25, primo comma, della Costituzione; che il Pretore osserva che l'art. 186 citato, nel prevedere il reato di guida sotto l'influenza dell'alcool, stabilisce, nella impugnata seconda parte del comma 2, che all'accertamento di detto reato consegua la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, tra un minimo e un massimo ivi fissato; che, trattandosi di sanzione accessoria, e non di provvedimento cautelare, la sospensione della patente implica valutazioni di responsabilità e parametri retributivi propri del giudizio sull'illecito penale, mentre la norma impugnata prevede due distinti procedimenti, quello penale sul reato di guida in stato di ebbrezza e quello amministrativo per l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria in discorso; che ad avviso del rimettente detti procedimenti, essendo autonomi e non collegati da relazioni di pregiudizialità, possono sfociare in determinazioni contrastanti, sia sull'accertamento del fatto che sulle sue conseguenze, in particolare tra il giudice penale ed il giudice investito dell'opposizione avverso il provvedimento prefettizio; che questa disciplina sarebbe lesiva, per il giudice a quo, in primo luogo dell'art. 25, primo comma, della Costituzione, in quanto il pericolo di contrastanti giudizi sulla stessa vicenda confliggerebbe con il principio del giudice naturale: nella specie, tutte le valutazioni inerenti e collegate ad una responsabilità penale dovrebbero essere attribuite al giudice penale; che, in secondo luogo, la previsione della sanzione amministrativa accessoria per il reato in discorso darebbe luogo, per il rimettente, a contrasto con il principio di eguaglianza, nel caso che il processo penale venisse definito con il rito del patteggiamento; anche in questa ipotesi, infatti, risulterebbe applicabile la sanzione amministrativa accessoria in discorso, con disparità di trattamento rispetto ad altre, anche più gravi, ipotesi di reato, suscettibili di definizione con il medesimo rito speciale, ma riguardo alle quali non è consentita, ex art. 445 del codice di procedura penale, l'applicazione di pene accessorie; che, sotto questo profilo, il trattamento complessivo del l'imputato del reato di guida sotto l'influenza dell'alcool risulterebbe conclusivamente deteriore rispetto a quello stabilito per gli imputati di altri reati, e dunque lesivo degli articoli 3 e 24 primo comma, della Costituzione; che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, che ha richiesto una declaratoria di inammissibilità o infondatezza della questione; che, in particolare, con memoria successivamente depositata l'Avvocatura ha osservato che, alla data dell'accertamento della guida in stato di ebbrezza alcoolica (29.9.1993) la disciplina del codice della strada era quella del testo originario del decreto legislativo n. 285 del 1992, che non prevedeva ancora, per la guida in stato di ebbrezza, la misura della sospensione provvisoria della patente di guida; misura, questa, poi introdotta dall'art. 223, comma 3, del codice, nel testo modificato con il decreto legislativo n. 360 del 1993, entrato in vigore il 1° ottobre 1993; che, pertanto, la prospettazione del giudice a quo circa il profilo del contrasto di giudizi sullo stesso fatto non ha ragione di essere, in quanto l'impugnato art. 186 del codice della strada applicabile nel giudizio principale prevedeva solamente che la sanzione amministrativa in argomento conseguisse all'accertamento (definitivo) del reato in sede penale, così rimanendo esclusa in radice ogni ipotesi di contrasto tra le due sedi; che, comunque, neppure risulterebbe fondato il profilo concernente i riflessi applicativi della disciplina del patteggiamento, in quanto, anche a superare il carattere puramente ipotetico della questione, solo l'accertamento del reato avrebbe potuto consentire l'applicazione della sanzione amministrativa, peraltro estranea alla materia penale e dunque legittimamente applicabile all'esito del rito alternativo, al contrario delle sanzioni penali accessorie.

CONSIDERATO che, secondo quanto riferito nell'ordinanza di rinvio, il giudizio a quo ha ad oggetto un provvedimento prefettizio di sospensione della patente di guida adottato in data 29 settembre 1993 e dunque anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 360, recante <Disposizioni correttive e integrative del codice della strada, approvato con decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285>, entrata in vigore stabilita per il 1° ottobre 1993, ex art. 132 dello stesso decreto legislativo; che, pertanto, rispetto all'oggetto del giudizio di opposizione dinanzi al Pretore rimettente non può trovare applicazione la disciplina introdotta con il richiamato decreto legislativo n. 360 del 1993 e, segnatamente, quella - censurata dal giudice a quo sia pure in via mediata, attraverso l'impugnativa dell'art. 186 del codice stradale che, modificando l'art. 223 del nuovo codice della strada, ha previsto (comma 3) la possibilità di adottare la misura della sospensione provvisoria della patente di guida, con provvedimento del prefetto, a seguito di constatazione di varie ipotesi di reato tra cui quella della guida sotto l'influenza dell'alcool prevista dall'impugnato art. 186 del codice in argomento, prima della formazione del giudicato sul reato stesso; una possibilità, questa, in precedenza accordata solo in relazione ad ipotesi di reato caratterizzate da eventi di danno alla persona (art. 223, commi 1 e 2 in relazione all'art. 222, comma 2, del codice, nel testo anteriore alle modifiche di cui al citato decreto legislativo n. 360 del 1993); che, dato questo quadro normativo di riferimento, la questione sollevata dal giudice a quo risulta priva del necessario requisito della rilevanza, giacchè essa denuncia un possibile contrasto tra valutazioni e provvedimenti (del prefetto in sede di applicazione della misura provvisoria, e del giudice in sede di definizione del processo sul fatto-reato) che non può discendere dalla norma impugnata ovvero dalla disciplina a questa collegata (capo II, sezione II del titolo VI del codice), quale delineata dalle norme del nuovo codice stradale che sono applicabili nel giudizio principale; che, risultando pertanto l'esito del giudizio a quo indipendente dalla risoluzione della censura di illegittimità costituzionale, va in conclusione dichiarata la manifesta inammissibilità della questione sollevata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 186, comma 2, seconda parte, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24, primo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Forlì, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17/05/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

Depositata in cancelleria il 23/05/95.