Sentenza n. 160 del 1995

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SENTENZA N.160

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori) promosso con ordinanza emessa il 21 luglio 1994 dal Tribunale per i minorenni di Napoli sul ricorso proposto da Manzo Mariarosaria, n.q. contro Delcogliano Erminia iscritta al n. 669 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 5 aprile 1995 il Giudice relatore Renato Granata;

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza del 21 luglio 1994 il Tribunale per i minorenni di Napoli - adito con ricorso di Manzo Mariarosaria proponeva opposizione avverso il decreto dichiarativo dello stato di adottabilità dei suoi tre figli minori emesso dal medesimo Tribunale in data 1° luglio 1993 per irreversibile incapacità della Manzo a gestire il ruolo genitoriale - ha sollevato questione di legittimità costituzionale - in riferimento all'art. 24 Cost. - degli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16 della legge 4 maggio 1983, n.184 nella parte in cui non garantiscono una pienezza di contraddittorio e non prevedono l'obbligatorietà dell'assistenza tecnica dal momento della contestazione ai genitori dello stato di abbandono del figlio minore.

Osserva in particolare il tribunale rimettente che il procedimento bifasico a diverso regime di garanzie, quale quello previsto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, è contemplato dal legislatore solo in caso di prova semipiena (procedimento civile per decreto ingiuntivo) o di applicabilità di una pena che non tocca la libertà personale (decreto penale di condanna), ossia in situazioni tali da consentire un affievolimento delle ordinarie garanzie. Invece nel procedimento di adottabilità non esiste già una prova semipiena perchè la prova si forma solo nel corso del procedimento di volontaria giurisdizione, sicchè non si giustifica che gli elementi di convincimento vengano raccolti in forma diversa e ripetuta in due fasi; anzi la scissione bifasica si rivela, in presenza di un successivo grado di appello e di ricorribilità per cassazione, come una procedura anacronistica ed inutilmente appesantita.

Si ha poi che già nella prima fase il decreto dichiarativo dello stato di adottabilità rimuove uno status (di genitore e di figlio) e proprio per questo si imporrebbe una pienezza di contraddittorio e di prove che non può essere assicurata se non riconoscendo l'obbligatorietà dell'assistenza tecnica ed osservando sin dall'inizio un rito maggiormente strutturato, quale quello attualmente previsto per il giudizio di opposizione.

2. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Sottolinea in particolare l'Avvocatura che il procedimento disciplinato dalla legge sull'adozione soddisfa l'esigenza di celerità e speditezza, imposta dalla imprescindibile necessità di risolvere al più presto una situazione di incertezza (conseguente alla mancanza o insufficienza di assistenza morale e materiale) assai nociva per il minore, sempre offrendo sufficienti garanzie ai genitori di rappresentare e far valere le loro valutazioni riguardo all'interesse del minore.

Inoltre il procedimento, così come è strutturato, consente un adeguato esercizio del diritto di difesa, essendo garantiti da una parte il principio del contraddittorio attraverso la convocazione dei genitori e d'altra parte il diritto di difesa perchè, anche se non è obbligatoria, certo è consentita la difesa tecnica.

Considerato in diritto

1. - È stata sollevata questione incidentale di legittimità costituzionale - in riferimento all'art. 24 Cost. - degli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16 della legge 4 maggio 1983, n.184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori) nella parte in cui non garantiscono la pienezza di contraddittorio e non prevedono l'obbligatorietà dell'assistenza tecnica dal momento della contestazione ai genitori dello stato di abbandono del figlio minore per sospetta violazione del diritto di difesa.

2. - Sussiste il presupposto della rilevanza della questione sollevata perchè, seppur i vizi denunciati si focalizzino essenzialmente sulla fase monitoria, la prospettazione è più radicalmente rivolta a censurare il carattere bifasico dell'intera procedura nel suo complesso e quindi è potenzialmente idonea, nella non implausibile prospettazione del tribunale rimettente, ad incidere sul giudizio a quo, che, seppur già protrattosi fino alla (seconda) fase dell'opposizione, non è ancora esaurito in primo grado.

3. - Nel merito la questione non è fondata.

Non sussiste innanzi tutto la violazione del diritto di difesa per mancata instaurazione del contraddditorio, nei termini dedotti dal giudice rimettente.

Ancorchè il procedimento che conduce alla dichiarazione dello stato d'adottabilità del minore in situazione di abbandono abbia carattere officioso, è sempre garantita ai genitori la conoscenza del procedimento stesso e la possibilità di prendervi parte.

Già al fine dell'adozione nell'interesse del minore dei provvedimenti temporanei ed urgenti l'art. 10 cit. prescrive che siano previamente sentiti i genitori del minore medesimo; i provvedimenti stessi debbono poi essere comunicati ai genitori.

Inoltre l'art. 12 prevede che il presidente del tribunale per i minorenni fissa con decreto la comparizione dei genitori per la loro audizione; ove poi i genitori risultino irreperibili o non sia conosciuta la loro residenza, dimora o domicilio, vengono prima disposte nuove ricerche tramite gli organi di pubblica sicurezza e quindi si provvede alla loro convocazione ai sensi degli artt. 140 e 143 del codice di procedura civile.

Pertanto sia nella iniziale fase d'urgenza che in quella in camera di consiglio ai genitori è assicurata la piena conoscenza del procedimento (la quale degrada a mera conoscibilità soltanto in caso di loro irreperibilità). Altresì lo stesso accertamento dello stato di abbandono e la dichiarazione dello stato di adottabilità coinvolge direttamente e necessariamente i genitori, potendo essere dichiarato soltanto quando essi, convocati, non si presentino senza giustificati motivi; ovvero in sede di audizione mostrino non solo il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale del minore, ma anche l'indisponibilità ad ovviarvi; ovvero abbiano (non incolpevolmente) omesso di ottemperare alle prescrizioni loro già impartite in precedenza (nel medesimo procedimento) dal presidente del tribunale.

Parimenti il decreto con cui il tribunale dichiara lo stato di adottabilità è notificato per esteso ai genitori, che possono proporre ricorso entro trenta giorni dall'opposizione, dando così inizio alla seconda fase, maggiormente strutturata, che dopo l'istruttoria (ove occorra) si conclude con una sentenza.

Parimenti ai genitori è notificato il decreto di fissazione dell'udienza di comparizione ove il ricorso sia proposto da altri soggetti legittimati. In ogni caso, infine, anche decorso il suddetto termine per l'opposizione, i genitori possono domandare la revoca dello stato di adottabilità per essere venute meno le condizioni che ne avevano giustificata la dichiarazione.

Quindi, conclusivamente, nell'una e nell'altra fase del procedimento è sempre garantita ai genitori la possibilità di partecipazione; mentre il fatto che la cognizione sia piena in quest'ultima fase e sommaria nella prima trova sufficiente giustificazione nell'esigenza di maggiore celerità di quest'ultima al fine di provvedere rapidamente sulla situazione di abbandono del minore.

4. - Neppure sussiste violazione del diritto di difesa sotto l'ulteriore profilo della mancata obbligatorietà della difesa tecnica.

Da una parte si ha che in generale il diritto di difesa in senso ampio non si identifica con la indefettibile assistenza del difensore (sentenza n.29 del 1962), potendo essere sufficiente, in procedimenti più snelli, la possibilità di interloquirvi assicurata al soggetto coinvolto. D'altra parte l'obbligatorietà dell'assistenza difensiva, con conseguente necessità che il giudice provveda alla nomina di un difensore d'ufficio in mancanza di un difensore di fiducia, opera con riferimento al processo penale (e parimenti al processo per le misure di sicurezza e a quello per le misure di prevenzione) in cui viene in rilievo il valore fondamentale della libertà personale; altrimenti <<il legislatore ordinario può anche non spingersi fino al punto di imporre la difesa tecnica, restando così libero di prescrivere o no la nomina del difensore d'ufficio in mancanza del difensore di fiducia e, a maggior ragione, di prescrivere o no l'intervento obbligatorio del difensore nel concreto svolgersi del procedimento>> (sentenza n.160 del 1982).

In particolare nel procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità l'assistenza del difensore è ammessa e consentita e quindi è facoltativa; ma, come già ha ritenuto questa Corte (sentenza n.351 del 1989), le speciali caratteristiche del procedimento fanno ritenere che il diritto di difesa sia sufficientemente garantito dalla <<possibilità di tutelare in giudizio le proprie ragioni facendosi assistere da un difensore, senza rendere obbligatoria tale assistenza>>.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16 della legge 4 maggio 1983, n.184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori) sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di Napoli con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/05/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 10/05/95.