Ordinanza n. 145 del 1995

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ORDINANZA N.145

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 17 settembre 1994, n. 537 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature), promossi con ordinanze emesse il 27 settembre 1994 dal Pretore di Terni, il 4 ottobre 1994 dal Pretore di Trento, il 6 ottobre 1994 dal Pretore di Perugia, il 27 ottobre 1994 dal Pretore di Grosseto, sezione distaccata di Massa Marittima, il 5 ottobre 1994 dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, iscritte rispettivamente ai nn. 677, 720, 729, 765 e 803 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 47 e 50, prima serie speciale, dell'anno 1994 e nn. 3 e 4, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 22 marzo 1995 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

RITENUTO che i Pretori di Terni, Trento, Perugia, Grosseto, sezione distaccata di Massa Marittima, e Roma, sezione distaccata di Tivoli - con ordinanze emesse rispettivamente il 27 settembre, il 4 ottobre, il 6 ottobre, il 27 ottobre e il 5 ottobre 1994, nel corso di altrettanti procedimenti penali per il reato di scarico oltre i limiti di accettabilità (art. 21, terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319) - hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 17 settembre 1994, n. 537 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature); che la disposizione denunciata, nel sostituire il terzo comma dell'art. 21 della legge n. 319 del 1976, prevede che l'inosservanza dei limiti di accettabilità indicati nelle tabelle allegate alla legge (ovvero stabiliti dalle regioni o eventualmente prescritti in sede di rilascio dell'autorizzazione) è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3 a 30 milioni di lire. La stessa disposizione stabilisce che per gli scarichi diversi da quelli provenienti da insediamenti abitativi o adibiti allo svolgimento di attività alberghiera, turistica, sportiva, ricreativa, scolastica e sanitaria, in caso di superamento in misura superiore al 20 per cento dei limiti di accettabilità previsti dalle tabelle allegate alla legge o di quelli fissati dalle regioni la pena è dell'ammenda da 10 a 100 milioni di lire; infine prevede la pena dell'ammenda da 20 a 200 milioni di lire o la pena dell'arresto da due mesi a due anni qualora siano superati i limiti di accettabilità inderogabili per i parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile, indicati al numero 4) del documento unito alla delibera 30 dicembre 1980 del Comitato interministeriale previsto dall'art. 3 della legge n. 319 del 1976, e di cui all'elenco dell'allegato 1 alla delibera medesima; che tutte le ordinanze prospettano il contrasto con l'art. 3 della Costituzione: a) per irrazionale disparità di trattamento giuridico-penale tra le diverse ipotesi di reato previste dalla legge n. 319 del 1976 (le violazioni meno gravi e puramente formali sarebbero punite con la pena dell'arresto o dell'ammenda, mentre il superamento dei limiti tabellari da parte di uno scarico produttivo, che pone in pericolo gli interessi protetti dalla stessa normativa, sarebbe in alcuni casi depenalizzato ed in altri sanzionato con la sola ammenda); b) per il diverso regime penale delle medesime ipotesi di reato, a seconda della data di fissazione del dibattimento, per effetto del susseguirsi di decreti-legge di modifica della fattispecie contravvenzionale prevista dall'art. 21, terzo comma, della legge n. 319 del 1976; che la disposizione censurata violerebbe anche gli artt. 9 e 32 della Costituzione (secondo i Pretori di Terni e di Perugia) o solo quest'ultimo parametro (secondo il Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli), per la contraddittorietà rispetto all'obiettivo di tutelare il paesaggio, inteso oggi anche come complessivo ecosistema, ed all'obbligo di salvaguardare il diritto alla salute, configurabile come diritto all'ambiente salubre; che il contrasto con l'art. 41 della Costituzione, prospettato dai Pretori di Terni, Perugia e Grosseto, sezione distaccata di Massa Marittima, deriverebbe dall'ostacolo che l'art. 3, primo comma, del decreto-legge n. 537 del 1994 introduce all'applicazione del principio "chi inquina paga", essendo favorito chi ha violato la legge e penalizzato invece, anche sul piano della concorrenza, l'imprenditore che ha affrontato rilevanti investimenti per adeguare i propri impianti alle esigenze di tutela ambientale; che alcune ordinanze di rimessione dubitano inoltre del contrasto con la più rigorosa normativa comunitaria, in particolare con la direttiva CEE n. 271 del 21 maggio 1991, con conseguente violazione dell'art. 10 della Costituzione (Pretori di Terni e Perugia) o degli artt. 10 e 11 della Costituzione (Pretore di Grosseto, sezione distaccata di Massa Marittima); che ad avviso dei Pretori di Trento e Roma, sezione distaccata di Tivoli, la norma censurata, in quanto introdotta e reiterata con un decreto-legge, si porrebbe in contrasto con il principio di riserva di legge in materia penale e violerebbe pertanto l'art. 25 o gli artt. 25 e 77 della Costituzione; che in tutti i giudizi (tranne in quello promosso dal Pretore di Grosseto, sezione distaccata di Massa Marittima) è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili, essendo il decreto-legge n. 537 del 1994 decaduto per mancata conversione nel termine costituzionale.

CONSIDERATO che le ordinanze di rimessione prospettano questioni identiche o connesse, concernenti la stessa disposizione, sicchè i giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia; che il decreto-legge 17 settembre 1994, n. 537 non è stato convertito in legge entro il termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione (si veda il comunicato relativo alla mancata conversione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 269, serie generale, del 17 novembre 1994); che pertanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte (da ultimo ordinanze n. 123 e n. 122 del 1995), le questioni di legittimità costituzionale devono essere dichiarate manifestamente inammissibili, tenuto anche conto che il decreto-legge attualmente vigente a seguito di successive reiterazioni (17 marzo 1995, n. 79) presenta un contenuto normativo diverso da quello espresso dalla disposizione denunciata dal giudice rimettente.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 17 settembre 1994, n. 537 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 11, 25, 32, 41 e 77 della Costituzione, dai Pretori di Terni, Trento, Perugia, Grosseto, sezione distaccata di Massa Marittima, e Roma, sezione distaccata di Tivoli, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 4 maggio 1995.