Ordinanza n. 141 del 1995

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ORDINANZA N. 141

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, commi 10 e 11, 7, commi 2, 4, 5 e 6, e 8 del decreto-legge 26 luglio 1994, n. 468 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata) e degli artt. 1, commi 1 e 11, 2, comma 1, 3, comma 2, 4, commi 1 e 2, 5, comma 3, 7, comma 10, 8, commi 2, 5 e 7, e 9, commi 1, 2, 4 e 7 del decreto-legge 27 settembre 1994, n. 551 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata), promossi con ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna, Campania, Toscana, Umbria, Liguria ed ancora Emilia-Romagna, notificati il 17, 24, 26 agosto ed il 26 ottobre 1994, depositati in cancelleria il 26, 29, 30 agosto ed il 4 novembre 1994 ed iscritti ai nn. 60, 61, 62, 63, 64 e 79 del registro ricorsi 1994.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 5 aprile 1995 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

RITENUTO che, con ricorsi notificati il 17, 24 e 26 agosto 1994, le Regioni Emilia-Romagna, Campania, Toscana, Umbria e Liguria, hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3, 5, 9, 24, 77, 97, 113, 115, 117, 118, 119, 128 e 130 della Costituzione - degli artt. 3, 4 e 6, commi 10 e 11, e 8 del decreto-legge 26 luglio 1994, n. 468 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata); che, con riguardo all'art. 3, viene osservato come esso si ponga in contrasto con gli artt. 117, 118, 119 e 128 della Costituzione, in quanto sottrae alla competenza legislativa e amministrativa delle regioni la materia riguardante la determinazione dei criteri di formazione e dei contenuti dei programmi di intervento per il rientro dell'abusivismo di necessità, affidandola al Ministero dei lavori pubblici, con potere attribuito al Ministero del Tesoro di assegnare ai capitoli dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici le somme stanziate per la realizzazione dei menzionati programmi di intervento; che identiche considerazioni in merito alla sottrazione delle competenze istituzionali regionali ed alla invasione delle relative sfere di attribuzioni legislative ed amministrative, vengono svolte da tutte le regioni ricorrenti circa il sancito conferimento ad organi statali delle funzioni di controllo e sostitutive per i provvedimenti di competenza del sindaco mediante la nomina di commissario ad acta prevista dall'art. 4 del decreto-legge n. 468 del 1994, che viene pertanto ritenuto lesivo degli artt. 5, 115, 117, 118 e 130 della Costituzione, nonchè in ordine alla eccessiva analiticità della normativa statale, dettata in materia di opere pubbliche di interesse regionale, dal successivo art. 6, commi 10 e 11, ritenuto contrario agli artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione; che, inoltre, l'art. 8 del decreto-legge n. 468 del 1994 viene censurato con riferimento: a) agli artt. 5, 97, 115, 117, 118 e 128 della Costituzione, in quanto priva i comuni della possibilità di disciplinare nel tempo l'espansione dell'abitato (comma 1); b) agli artt. 5, 9, 97, 115, 117, 118 e 128 della Costituzione, in quanto introduce nell'ordinamento il principio generale del silenzio assenso per le concessioni edilizie, senza disporre le cautele minime necessarie ad assicurare la salvaguardia degli interessi pubblici, nonchè in quanto fa divieto all'amministrazione di richiedere, ove necessarie, "ulteriori integrazioni documentali" (comma 3); c) agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, in quanto attribuisce la giurisdizione sulla responsabilità per danno del sindaco e del responsabile del procedimento per illegittimo diniego di concessioni edilizie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, senza provvedere alle necessarie modifiche delle regole processuali e senza il necessario coordinamento con la giurisdizione del giudice ordinario per la responsabilità dell'amministrazione (comma 7); che le Regioni Emilia-Romagna, Campania e Liguria, dubitano altresì della legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 del decreto-legge de quo, con riferimento ai parametri dettati dagli artt. 3, 5, 9, 97, 115, 117, 118 e 128 della Costituzione, in ragione della violazione del generale assetto di competenze, nonchè (riguardo all'art. 1) della vanificazione dell'opera di regolamentazione e protezione del territorio e dell'ambiente da parte degli enti territoriali, in conseguenza della riapertura dei termini della sanatoria di cui al capo IV della legge n. 47 del 1985, della irragionevolezza dei limiti quantitativi indifferenziati di condonabilità, anche relativamente a situazioni urbanistiche tra loro diverse e della assimilazione del silenzio delle amministrazioni di tutela dei vincoli ad un parere favorevole, ed infine (relativamente all'art. 2, comma 1), della omissione nella connessa Tabella della previsione di una categoria di contribuzione per le opere di restauro e risanamento conservativo, ordinariamente soggette a concessione onerosa; che le Regioni Toscana ed Umbria impugnano, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 117 e 118 della Costituzione, anche l'art. 5 del decreto-legge in oggetto, là dove sancisce la violazione del generale principio dell'intangibilità del giudicato e del limite dei rapporti esauriti, con ulteriore invasione delle competenze e delle funzioni amministrative regionali; che la sola Regione Emilia-Romagna dubita, inoltre, della legittimità costituzionale dell'art. 7 del decreto-legge n. 468 del 1994, in relazione agli artt. 9, 24, 97, 117, 118 e 128 della Costituzione, nella parte in cui non consente nessuna forma di tutela dell'interesse pubblico nel caso della automatica perdita di efficacia del provvedimento sindacale di sospensione dei lavori (comma 2), prevede la possibilità di "monetizzare" gli abusi sui beni paesistici e storico- artistici (comma 4), riduce drasticamente la sanzione per chi abbia costruito sulla base di concessioni annullate ed introduce una sanzione assolutamente tenue in caso di mutamenti di destinazione d'uso (comma 5), liberizzando totalmente le varianti "non essenziali" ed in parte le stesse varianti essenziali (comma 6); che la Regione Liguria dubita infine della legittimità dell'intero decreto-legge de quo, in riferimento agli artt. 70, 71, 72, 73, 77, 115, 117 e 118 della Costituzione, avuto riguardo alla mancanza dei presupposti per intervenire con la decretazione d'urgenza in una materia già organicamente disciplinata dalle leggi n. 10 del 1977, n. 47 del 1985, n. 493 del 1993 e rispetto alla quale la regolarizzazione degli abusi pregressi non avrebbe alcun rapporto con la assunta finalità di rilanciare le attività economiche e di favorire la ripresa imprenditoriale, nonchè alla complessiva invasione da parte della normativa statale della competenza legislativa e amministrativa regionale in materia urbanistica; che è intervenuto in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che, rigettata la domanda di sospensione dell'impugnato provvedimento normativo (proposta dalle Regioni Campania, Toscana ed Umbria), i ricorsi siano dichiarati inammissibili o comunque respinti; che, con ricorso notificato il 26 ottobre 1994, la Regione Emilia-Romagna, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 11, 2, comma 1, 3, comma 2, 4, 5, comma 3, 7, comma 10, 8, commi 2, 5 e 7, e 9, commi 1, 2, 4 e 7 del decreto-legge 27 settembre 1994, n. 551 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata), in relazione agli artt. 3, 9, 24, 97, 113, 117, 118, 128 e 130 della Costituzione, in base a considerazioni integralmente conformi a quelle svolte nel precedente ricorso avverso il complesso normativo sostanzialmente identico.

CONSIDERATO che le questioni, complessivamente concernenti la medesima normativa, possono essere riunite e congiuntamente decise; che i decreti-legge 26 luglio 1994, n. 468, e 27 settembre 1994, n. 551, non sono stati convertiti in legge entro il termine di sessanta giorni dalla loro pubblicazione, come risulta dai comunicati rispettivamente pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 226 del 27 settembre 1994 e n. 277 del 26 novembre 1994; che, pertanto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, le ordinanze nn. 67 e 43 del 1995), le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili, tanto più che i successivi decreti-legge in materia edilizia - n. 649 del 25 novembre 1994, n. 24 del 26 gennaio 1995, nessuno dei quali convertito in legge, nonchè il decreto-legge 27 marzo 1995, n. 88, attualmente vigente - e la legge 23 dicembre 1994, n. 724, che all'art. 39 regola la medesima materia, hanno un contenuto solo parzialmente riproduttivo della normativa impugnata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, a) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'intero decreto-legge 26 luglio 1994, n. 468 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata), in relazione agli artt. 70, 71, 72, 73, 77, 115, 117 e 118 della Costituzione, nonchè degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, commi 10 e 11, 7, commi 2, 4, 5 e 6, e 8 del medesimo decreto- legge, in relazione agli artt. 3, 5, 9, 24, 77, 97, 113, 115, 117, 118, 119, 128 e 130 della Costituzione, sollevate dalle Regioni Emilia-Romagna, Campania, Toscana, Umbria e Liguria con i ricorsi di cui in epigrafe; b) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 11, 2, comma 1, 3, comma 2, 4, commi 1 e 2, 5, comma 3, 7, comma 10, 8, commi 2, 5 e 7, e 9, commi 1, 2, 4 e 7 del decreto-legge 27 settembre 1994, n. 551 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata), sollevata, in relazione agli artt. 3, 9, 24, 97, 113, 117, 118, 128 e 130 della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/04/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 27/04/95.