Sentenza n. 102 del 1995

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SENTENZA N. 102

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Siciliana notificato il 15 aprile 1994, depositato in Cancelleria il 28 aprile 1994, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota della Banca d'Italia del 10 febbraio 1994, n. 00036497, avente ad oggetto "Regione Siciliana. Competenze in materia di sportelli" ed iscritto al n. 12 del registro conflitti 1994.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 7 marzo 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli; uditi l'avv. Valerio Onida e l'Avvocato dello Stato Antonino Freni per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso in data 15 aprile 1994 la Regione Siciliana ha sollevato conflitto di attribuzione contro lo Stato in relazione alla nota della Banca d'Italia del 10 febbraio 1994, prot.00036497, avente ad oggetto "Regione Siciliana. Competenze in materia di sportelli".

La Regione ricorrente ricorda che con la nota impugnata è stata prospettata una interpretazione dell'art. 13 del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 481 (Attuazione della direttiva 89/646/CEE) e degli artt. 15 e 159 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) secondo la quale l'apertura di succursali di istituti di credito, per effetto del principio della "libertà di stabilimento", non sarebbe più sottomessa al preventivo rilascio di provvedimenti autorizzativi da parte dell'autorità pubblica, ma potrebbe soltanto essere vietata per motivi di inadeguatezza delle strutture organizzative o della situazione finanziaria, economica e patrimoniale delle banche interessate, cioè per motivi attinenti a valutazioni di vigilanza esclusivamente riservate alla Banca d'Italia. Pertanto, ad avviso della Banca d'Italia, dovrebbero ritenersi superate le attribuzioni finora spettanti alle Regioni a statuto speciale in materia di sportelli bancari, con la conseguenza che le banche operanti in tali Regioni "dovrebbero d'ora innanzi avere la possibilità di procedere liberamente all'apertura di nuove dipendenze, salvo che sussistano controindicazioni di vigilanza".

La nota in questione conclude affermando che, per il futuro, la Banca d'Italia non potrà più "provvedere a fornire il consueto parere tecnico alla Regione, ma intratterrà direttamente le banche interessate all'apertura di nuovi sportelli ove ritenga di esercitare il potere di veto attribuitole dalla legge".

2.- A giudizio della ricorrente, la nota della Banca d'Italia sarebbe basata su una interpretazione erronea della normativa richiamata, lesiva delle attribuzioni spettanti alla Regione in materia di autorizzazione all'apertura di sportelli bancari, ai sensi dell'art. 17, lett. e), dello Statuto speciale e delle norme di attuazione in materia di credito e risparmio di cui agli artt. 2, lett. c) e d), e 6 del d.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133.

Infatti, secondo la Regione, l'art. 15 del testo unico - oltre ad essere meramente riproduttivo della disposizione già espressa dall'art. 13, comma 1, del decreto legislativo n. 481 del 1992 - non determinerebbe un superamento delle competenze regionali, ma soltanto una trasformazione del potere di autorizzazione all'apertura di sportelli in un potere di divieto, con una limitazione dei motivi che possono giustificare detto provvedimento negativo. Tra le due suddette forme di controllo non vi sarebbe, infatti, una sostanziale differenza, potendo il medesimo interesse pubblico essere ugualmente perseguito sia attraverso l'istituto dell'autorizzazione, sia nella forma tacita del silenzio-assenso, sia attraverso l'espressione di un eventuale divieto.

Pertanto - sempre ad avviso della ricorrente - anche il nuovo potere di divieto, al pari del precedente potere di autorizzazione, si iscriverebbe nel sistema di riparto delle competenze già definito dallo Statuto speciale, continuando a far capo alle attribuzioni della Regione.

Nè, di contro, potrebbe sostenersi - insiste la Regione - che il potere di divieto rientri nelle funzioni di vigilanza sull'attività bancaria riservate alla Banca d'Italia, essendo piuttosto attinente all'ordinamento del credito, quale controllo sull'adeguatezza dei soggetti e della loro organizzazione. Infine, non sarebbe rilevante in ordine alla rivendicata competenza il fatto che l'art. 159 del testo unico dichiari la disposizione dell'art. 15 dello stesso testo unico inderogabile e prevalente sulle disposizioni contrarie già emanate.

La Regione conclude chiedendo che sia dichiarato che non spetta allo Stato, e per esso alla Banca d'Italia, avocare a sè ogni potere di vietare lo stabilimento di succursali di banche nel territorio della Regione Siciliana, con esclusione dei poteri attribuiti in materia alla Regione, intrattenendo direttamente e in esclusiva i rapporti con le banche interessate all'apertura di nuovi sportelli; con il conseguente annullamento dell'impugnata nota della Banca d'Italia.

3.- Si è costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, opponendo, in primo luogo, l'inammissibilità del ricorso.

A giudizio del resistente l'atto impugnato non sarebbe, infatti, idoneo a radicare un conflitto di attribuzione sia per il suo carattere meramente riproduttivo di norme di legge non impugnate dalla ricorrente, sia per il suo contenuto interlocutorio e non direttamente dispositivo.

Nel merito, il conflitto è ritenuto infondato.

Secondo l'Avvocatura dello Stato la soppressione del regime autorizzatorio, conseguente all'attuazione della normativa comunitaria, comporterebbe il venir meno del presupposto in base al quale le disposizioni statutarie avevano attribuito alla Regione competenze in materia di apertura di sportelli bancari, competenze che, pertanto, nel mutato sistema normativo, non potrebbero più essere esercitate da alcun soggetto.

Nè detto potere autorizzatorio potrebbe essere confuso con il diverso potere di vigilanza spettante alla Banca d'Italia, al quale sarebbe da riferire il potere di vietare, per specifici motivi, lo stabilimento di succursali. Il potere autorizzatorio riconosciuto alla Regione risultava, infatti, volto a commisurare lo sviluppo territoriale delle banche alle esigenze economiche delle zone di insediamento, mentre l'attuale potere di divieto attiene unicamente a valutazioni sulla corretta gestione delle banche e, quindi, all'esercizio della funzione di vigilanza, estranea alle competenze regionali.

Il potere autorizzatorio verrebbe, pertanto, meno in tutte le sue articolazioni, essendo ormai precluso all'autorità pubblica - sia statale che regionale - ogni controllo sulla struttura del mercato.

4.- In prossimità dell'udienza l'Avvocatura dello Stato ha presentato una memoria nella quale si sottolinea che nelle more del presente giudizio è intervenuta la sentenza di questa Corte n. 224 del 1994 che ha dichiarato non fondate le censure di incostituzionalità degli artt. 15, comma 1, e 159, comma 3, del testo unico delle leggi in materia bancaria, sollevate dalle Province autonome di Bolzano e di Trento con motivazioni del tutto analoghe a quelle che la Regione Siciliana ha posto a fondamento del ricorso introduttivo del presente conflitto.

L'Avvocatura dello Stato insiste, pertanto nella richiesta di rigetto del conflitto.                                                 

Considerato in diritto

1.- Il conflitto in esame è stato promosso dalla Regione Siciliana in relazione alla nota indirizzata, il 10 febbraio 1994, dalla Banca d'Italia all'Assessorato bilancio e finanze di tale Regione e avente a oggetto le competenze regionali in materia di sportelli bancari.

Con detta nota la Banca d'Italia - dopo aver richiamato la disciplina introdotta, in attuazione della direttiva CEE 89/646, dal decreto legislativo n. 481 del 1992 (art. 13) e dal decreto legislativo n. 385 del 1993 (art. 15) in tema di "libertà di stabilimento" e di "libera prestazione dei servizi" degli istituti bancari - esprime l'avviso che siano da considerarsi "superate" le attribuzioni delle Regioni a statuto speciale in materia di sportelli, spettando esclusivamente alla Banca d'Italia "il potere di vietare lo stabilimento di nuove succursali solo per motivi di vigilanza, cioè attinenti all'adeguatezza delle strutture organizzative o della situazione finanziaria, economica e patrimoniale delle banche interessate". Di conseguenza, la stessa nota precisa che "la Banca d'Italia non potrà più, per il futuro, provvedere a fornire il consueto parere tecnico alla Regione, ma intratterrà direttamente le banche interessate all'apertura di nuovi sportelli ove ritenga di esercitare il potere di veto attribuitole dalla legge".

La Regione Siciliana, ritenendo la nota in questione lesiva dell'art. 17, lett. e) dello Statuto speciale e degli artt. 2, lett. c) e d), e 6 delle norme di attuazione in materia di credito e risparmio di cui al d.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133, chiede a questa Corte di voler dichiarare "che non spetta allo Stato, e per esso alla Banca d'Italia, avocare a sè ogni potere di vietare lo stabilimento di succursali di banche nel territorio della Regione siciliana, con esclusione dei poteri attribuiti in materia alla Regione, e dunque intrattenendo direttamente e in esclusiva i rapporti con le banche interessate all'apertura di nuovi sportelli", con il conseguente annullamento dell'atto impugnato.

2. Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa dello Stato.

Tale eccezione non può essere accolta.

Diversamente da quanto si prospetta nell'atto di costituzione dell'Avvocatura dello Stato, la nota della Banca d'Italia di cui è causa non può essere qualificata nè meramente riproduttiva o esplicativa di norme di legge nè semplicemente interlocutoria rispetto alle possibili, successive fasi del procedimento.

Al contrario tale nota, quando ha richiamato le norme contenute nell'art. 13 del decreto legislativo n. 481 del 1992 e nell'art. 15 del decreto legislativo n. 385 del 1993, ha offerto alle stesse un'interpretazione che è venuta immediatamente a incidere nella sfera delle attribuzioni regionali (ritenute "superate" alla luce della nuova disciplina), manifestando, al tempo stesso, la volontà definitiva della Banca d'Italia di interrompere l'attività consultiva svolta in precedenza nei confronti della Regione.

L'atto in questione, per il suo autonomo contenuto dispositivo, appare, pertanto, idoneo a legittimare la proposizione del conflitto .

3. Nel merito il ricorso non è fondato.

L'art. 15, comma 1, del d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), nel recepire la norma già enunciata nell'art. 13, comma 1, del d. lgs. 14 dicembre 1992, n. 481, attuativo della direttiva CEE 89/646/, ha statuito, in tema di "libertà di stabilimento" degli istituti bancari, che "le banche italiane possono stabilire succursali nel territorio della Repubblica e degli altri Stati comunitari" e che "la Banca d'Italia può vietare lo stabilimento di una nuova succursale per motivi attinenti all'adeguatezza delle strutture organizzative o della situazione finanziaria, economica e patrimoniale della banca".

A sua volta, l'art. 159 dello stesso testo unico ha sanzionato, al comma 1, che "le valutazioni di vigilanza sono riservate alla Banca d'Italia" e, al comma 3, che "sono inderogabili e prevalgono sulle contrarie disposizioni già emanate le norme dettate dai commi 1 e 2 nonchè dagli articoli 15, 16, 26 e 47".

Come questa Corte ha già avuto modo di rilevare nella sentenza n. 224 del 1994 - adottata, con riferimento all'impugnativa dell'art. 15, comma 1, del d. lgs. n. 385 del 1993, su ricorsi proposti dalle Province autonome di Bolzano e di Trento - i poteri deliberativi e consultivi in materia di sportelli bancari, già affidati alle Province autonome dallo Statuto speciale e dalle relative norme di attuazione in relazione all'esigenza di regolare la distribuzione delle imprese bancarie anche in funzione dello sviluppo dell'economia e della società locale, "non appaiono più rispondenti al quadro della nuova disciplina del credito conseguente al recepimento della direttiva CEE 89/646 che, in funzione della definizione del mercato interno europeo e della concorrenza tra le imprese bancarie comunitarie, ha introdotto la <libertà di stabilimento> per le succursali di tali imprese, salva la <vigilanza prudenziale> affidata all'autorità monetaria dello Stato membro di origine (v. artt. 6, 13 e 18 della direttiva 89/646)". Con la conseguenza che la "libertà di stabilimento" oggi operante "deve ritenersi incompatibile con la previsione di autorizzazioni aggiuntive rispetto a quella rilasciata dallo Stato membro all'ente creditizio per l'inizio della propria attività (v. art. 3 direttiva CEE 77/780) ovvero con la previsione di limiti connessi a finalità diverse da quelle inerenti alla <vigilanza prudenziale>, spettante all'autorità competente dello Stato membro di origine". In proposito, questa Corte, nella stessa sentenza, ha altresì rilevato come la particolare forza dello Statuto speciale non possa essere invocata per giustificare la sopravvivenza delle competenze provinciali, "una volta che le stesse vengano a contrastare con discipline adottate in sede comunitaria nonchè con il riassetto organico dell'intera materia operato, in attuazione della direttiva comunitaria, nell'ambito del diritto interno": riassetto che ha fatto venir meno l'"originario presupposto" su cui le competenze in questione risultavano fondate.

Tali principi, ancorchè riferiti nella sent. n. 224 del 1994 alle Province autonome di Bolzano e di Trento, non possono non valere anche nei confronti delle competenze spettanti, in materia di sportelli bancari, alla Regione Siciliana: competenze che - pur nel rispetto della specialità della disciplina statutaria - si presentano in tutto assimilabili, nei loro presupposti e nelle loro finalità, a quelle assegnate dallo Statuto del Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione alle suddette Province autonome.

Va, dunque, affermato che anche per quanto concerne la Regione Siciliana le competenze in tema di sportelli bancari, in conseguenza del recepimento della direttiva CEE 89/646 e della nuova disciplina introdotta con il d. lgs. n. 385 del 1993, sono venute a cessare, mentre risulta affidato in via esclusiva alla Banca d'Italia il potere di divieto di nuove succursali per motivi attinenti all'adeguatezza delle strutture organizzative o della situazione finanziaria, economica e patrimoniale degli istituti bancari.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta allo Stato, e per esso alla Banca d'Italia, il potere di vietare lo stabilimento di succursali di banche nel territorio della Regione Siciliana, essendo cessati i poteri già attribuiti in materia alla stessa Regione; con la conseguente possibilità per la Banca d'Italia di intrattenere direttamente e in esclusiva i rapporti con le banche interessate all'apertura di nuovi sportelli.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/03/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 31/03/95.