Sentenza n. 87 del 1995

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SENTENZA N. 87

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), novellato dall'art. 2 della legge 1° agosto 1978, n. 436 (Norme integrative della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), e dall'art. 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), promosso con ordinanza emessa il 25 febbraio 1994 dalla Corte di appello di Torino nel procedimento civile vertente tra Nata Ida Angela e l'INPS iscritta al n. 394 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di costituzione dell'INPS; udito nell'udienza pubblica del 21 febbraio 1995 il Giudice relatore Luigi Mengoni; udito l'avv. Carlo De Angelis per l'INPS.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio promosso da Ida Angela Nata contro l'INPS per ottenere la pensione di riversibilità in seguito alla morte del marito divorziato, la Corte di appello di Torino, con ordinanza del 25 febbraio 1994, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2, della legge 1° dicembre 1970, n. 898, novellato dalla legge 6 marzo 1987,n. 74, "nella parte in cui condiziona il diritto alla pensione di riversibilità alla titolarità di assegno attribuito giudizialmente ai sensi dell'art. 5, e non anche alla titolarità di assegno attribuito convenzionalmente".

La norma denunziata é ritenuta contrastante col principio di ragionevolezza perché esclude, senza giustificato motivo, il riconoscimento del beneficio nell'ipotesi in cui la prestazione dell'assegno sia stata pattuita convenzionalmente fra le parti prima della sentenza di divorzio.

2. Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si é costituito l'INPS chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata alla stregua della valutazione della nuova disciplina dell'art. 9 della legge sul divorzio, come novellato dalla legge del 1987, espressa dalla sentenza n. 777 del 1988.

In una memoria depositata in prossimità dell'udienza pubblica l'INPS osserva che la questione é mal posta, perché presuppone l'equiparabilità tra sentenza e convenzione, mentre solo la prima, non la seconda, può fare stato nei confronti dell'Istituto, che é terzo estraneo ai rapporti tra i coniugi.

Considerato in diritto

1.- La Corte di appello di Torino ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2, della legge 1° dicembre 1970, n. 898, novellato dalla legge 6 marzo 1987, n. 74, "nella parte in cui condiziona il diritto alla pensione di riversibilità alla titolarità di assegno attribuito giudizialmente ai sensi dell'art. 5, e non anche alla titolarità di assegno attribuito convenzionalmente".

2. - La questione non é fondata.

Secondo l'art. 9 della legge sul divorzio, nel nuovo testo sostituito dall'art. 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74, il diritto dell'ex coniuge superstite alla pensione di riversibilità non é la continuazione, mutato debitore, del diritto all'assegno di divorzio precedentemente percepito dal coniuge defunto, ma é un diritto nuovo di natura previdenziale, collegato a una fattispecie legale i cui elementi (titolarità di pensione diretta da parte del coniuge defunto in virtù di un rapporto anteriore alla sentenza di divorzio, titolarità da parte del coniuge superstite di assegno divorzile disposto dal giudice ai sensi dell'art. 5) non richiedono alcuna valutazione da parte del giudice. In tale fattispecie l'elemento della titolarità dell'assegno giudizialmente riconosciuta non é surrogabile da una convenzione privata, perché solo il giudice, non l'autonomia privata, ha il potere di accertare i presupposti, attinenti alle condizioni economiche dei coniugi e alle ragioni della decisione di scioglimento del matrimonio, che giustificano, nei rapporti con l'INPS, la prosecuzione, nella forma della pensione di riversibilità, della funzione di sostentamento del coniuge superstite prima indirettamente adempiuta dalla pensione di cui era titolare il coniuge defunto, debitore dell'assegno (cfr. sentenza n. 777 del 1988).

Un diritto per il cui esercizio la legge predispone lo strumento del processo - quale il diritto di uno dei coniugi, concorrendo certe condizioni, di ottenere l'assegno di divorzio previsto dall'art. 5 della legge n. 898 - ammette l'alternativa dell'attuazione mediante un atto di autonomia privata solo con efficacia circoscritta ai rapporti tra le parti, mentre nessuna rilevanza la convenzione privata può avere nei confronti dell'INPS (terzo) ai fini dell'integrazione della fattispecie costitutiva del diritto alla pensione di riversibilità prevista dall'art. 9.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), novellato dall'art. 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte di appello di Torino con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 17 marzo 1995.