Sentenza n. 70 del 1995

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SENTENZA N. 70

 

ANNO 1995

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

 

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-        Avv. Mauro FERRI

 

-        Prof. Luigi MENGONI

 

-        Prof. Enzo CHELI

 

-        Dott. Renato GRANATA

 

-        Prof. Giuliano VASSALLI

 

-        Prof. Francesco GUIZZI

 

-        Prof. Cesare MIRABELLI

 

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

-        Avv. Massimo VARI

 

-        Dott. Cesare RUPERTO

 

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Toscana notificato il 9 agosto 1994, depositato in Cancelleria il 17 agosto 1994, per conflitto di attribuzione sorto a seguito degli artt. 1 e 2 del d.P.R. 22 aprile 1994, n. 368 avente ad oggetto:

 

"Regolamento recante semplificazione del procedimento di programmazione ed esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria su edifici di interesse storico-artistico", ed iscritto al n. 29 del registro conflitti 1994.

 

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1995 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

 

uditi l'avvocato Alberto Predieri per la Regione Toscana e l'avvocato dello Stato Plinio Sacchetto per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Con ricorso notificato il 9 agosto 1994 la Regione Toscana ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, denunciando come invasivo di competenze ad essa costituzionalmente riservate il regolamento che semplifica il procedimento di programmazione ed esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria su edifici di interesse storico-

 

artistico, adottato con d.P.R. 22 aprile 1994, n. 368 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136, serie generale, del 13 giugno 1994. La Regione ha chiesto di conseguenza l'annullamento degli artt. 1 e 2 del regolamento, quanto meno nella parte in cui - con gli incisi "e beni non statali" (nell'art. 1) e "di proprietà di enti pubblici o di privati" (art. 2) - le due disposizioni si riferiscono ad interventi di manutenzione straordinaria su edifici non statali.

 

La Regione Toscana sottolinea che il d.P.R. n. 368 del 1994 è stato adottato per attuare la regolamentazione dei procedimenti amministrativi prevista dall'art. 2, settimo comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nel quadro della delegificazione disciplinata dall'art. 17, secondo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Con l'entrata in vigore del regolamento n. 368 del 1994 è stata difatti abrogata la legge 14 marzo 1968, n. 292, concernente la competenza del Ministero dei lavori pubblici per opere che interessano il patrimonio storico e artistico, compresi la manutenzione straordinaria ed il restauro di edifici, statali e non statali, soggetti alla legge di tutela delle cose d'interesse artistico e storico (legge 1° giugno 1939, n. 1089).

 

Il regolamento n. 368 del 1994 disciplina, nell'ambito delle competenze proprie del Ministero per i beni culturali ed ambientali, il procedimento relativo agli interventi di restauro e manutenzione straordinaria di immobili appartenenti al patrimonio architettonico, archeologico, artistico e storico.

 

Questi interventi hanno ad oggetto beni non solo statali ma anche non statali, soggetti alla legge n. 1089 del 1939, di proprietà sia di enti pubblici che di privati (art. 1). Il soprintendente competente individua gli immobili non statali che necessitano di restauro o manutenzione straordinaria, indica gli interventi necessari a garantire la loro conservazione, ingiunge al proprietario di redigere il progetto esecutivo degli interventi da attuare, approva il progetto e lo notifica al sindaco, perchè possa esprimere il suo parere, ed al proprietario interessato, il quale deve iniziare i lavori nei tempi fissati dal soprintendente (art. 2). Lo stesso regolamento prevede interventi sostitutivi, che possono comprendere l'assunzione dell'onere a carico dello Stato, cui corrisponde l'obbligo di mantenere l'edificio aperto al pubblico, secondo modalità concordate con gli interessati.

 

La Regione Toscana ritiene che questa disciplina violi le competenze ad essa attribuite dall'art. 117 della Costituzione, confermate dall'art. 12 della legge n. 537 del 1993. Difatti gli interventi di restauro e manutenzione straordinaria si inseriscono nel recupero del patrimonio edilizio esistente, materia compresa in quella urbanistica, di competenza regionale, che la Regione Toscana ha disciplinato con la legge 21 maggio 1980, n. 59.

 

La ricorrente ritiene, inoltre, che l'art. 12, primo comma, della legge n. 537 del 1993 abbia trasferito alla competenza regionale anche gli interventi finanziati con gli stanziamenti del capitolo di bilancio n. 8701, relativo a "spese per gli immobili che interessano il patrimonio storico- artistico delle Regioni e di altri soggetti" giacchè ha trasferito gli stanziamenti stessi ai fondi destinati alle regioni di sviluppo.

 

L'individuazione del capitolo sarebbe solo un mezzo per il trasferimento delle competenze relative alla materia oggetto del finanziamento.

 

Il regolamento, ad avviso della Regione, violerebbe anche la legislazione statale in materia di beni culturali. Gli interventi di restauro e di manutenzione straordinaria hanno natura conservativa. Essi - in base all'art. 6, secondo comma, della legge n. 1089 del 1939 - sarebbero affidati allo Stato solo per gli immobili di interesse storico e artistico di proprietà statale.

 

La Regione sostiene, infine, che la disciplina dettata dal d.P.R. n. 368 del 1994, consentendo ad un ufficio periferico del Ministero per i beni culturali ed ambientali di imporre lavori di restauro e di manutenzione straordinaria, prefiguri provvedimenti che interferiscono con l'applicazione delle norme regionali concernenti gli interventi di manutenzione sul patrimonio edilizio esistente, creando disordine e distonia, in contrasto con i criteri di buona amministrazione stabiliti dall'art. 97 della Costituzione. L'attribuzione del potere di imporre coattivamente interventi su immobili non statali ad un soggetto estraneo al sistema regionale-comunale, cui è rimesso il governo del territorio, altererebbe l'ordine costituzionale delle competenze.

 

2.- È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza del ricorso.

 

Ad avviso dell'Avvocatura, quanto prevede l'art. 12 della legge n. 537 del 1993 (che ha ad oggetto "interventi correttivi di finanza pubblica") consente solo di dedurre l'attribuzione alle regioni del potere-dovere di realizzare le opere necessarie per il mantenimento dei beni con gli stanziamenti trasferiti. Restano invece ferme le altre e diverse competenze che spettano a soggetti titolari della cura di altri interessi pubblici relativi agli stessi beni. Il trasferimento di fondi, disposto dalla legge n. 537 del 1993, non interferirebbe quindi con il potere di tutela statale dei beni culturali, secondo i criteri generali stabiliti della legge n. 1089 del 1939.

 

L'Avvocatura sostiene che la disciplina dettata con il d.P.R. n. 368 del 1994 è coerente con il sistema normativo ed adeguata ai principi delineati dalla giurisprudenza costituzionale, in particolare dalle sentenze n. 921 del 1988 e n. 277 del 1993, sulla ripartizione di competenze tra Stato e regioni in materia di beni culturali.

 

L'Avvocatura ritiene, infine, che il trasferimento alle regioni dei fondi insistenti nel capitolo 8701 del bilancio dello Stato non avrebbe alcun rilievo in ordine alle competenze. Difatti la previsione che il Ministero dei lavori pubblici dovesse provvedere ai lavori di manutenzione straordinaria, di natura statica e strutturale, di edifici statali e non statali di interesse storico- artistico (art. 1 della legge n. 292 del 1968) non aveva fatto venire meno la competenza del Ministro della pubblica istruzione, ora per i beni culturali ed ambientali, basata sulla legge n. 1089 del 1939.

 

L'abrogazione della legge n. 292 del 1968 riporta la competenza ad eseguire gli interventi sugli immobili artistici dello Stato nell'ambito del Ministero per i beni culturali ed ambientali. Per i beni non statali l'intervento previsto dal d.P.R. n. 368 del 1994 presenta le caratteristiche di un intervento sostitutivo, che ha luogo in caso di inerzia o di impossibilità del possessore del bene di provvedere alla sua conservazione. Affidare al soprintendente il compito di individuare, anche dietro segnalazione o richiesta degli interessati, i beni che necessitano di restauro o manutenzione non prefigura un conflitto, ma una forma di collaborazione.

 

Considerato in diritto

 

1.- Il conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Toscana concerne il regolamento che disciplina il procedimento di programmazione ed esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria su edifici di interesse storico-artistico, adottato con d.P.R. 22 aprile 1994, n. 368.

 

Il regolamento - autorizzato dall'art. 2 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 nel quadro della delegificazione prevista dall'art. 17, secondo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400 - disciplina gli interventi di restauro e manutenzione straordinaria di immobili appartenenti al patrimonio architettonico, archeologico, artistico e storico. Gli interventi possono avere ad oggetto beni non solo statali, ma anche di proprietà di enti pubblici o di privati, sottoposti alle disposizioni della legge di tutela delle cose d'interesse artistico e storico (legge 1° giugno 1939, n. 1089).

 

La ricorrente ritiene che l'estensione dell'ambito di applicazione del regolamento, che comprende anche gli immobili non statali (art. 1 del d.P.R. n. 368 del 1994), e le procedure previste per gli interventi, incentrate sul potere di un organo periferico del Ministero per i beni culturali ed ambientali di individuare gli immobili e determinare gli interventi necessari per garantire la loro conservazione, di ingiungere la redazione e di approvare il progetto esecutivo (art. 2), invadano competenze costituzionalmente riservate alla Regione dall'art. 117 della Costituzione e ad essa trasferite con l'art. 12 della legge n. 537 del 1993.

 

Quest'ultima disposizione, attribuendo alle regioni i fondi del Ministero dei lavori pubblici destinati alle spese per gli immobili che interessano il patrimonio storico-artistico (capitolo 8701), avrebbe trasferito le relative competenze. Gli interventi di conservazione edilizia, inoltre, rientrerebbero nella materia edilizia ed urbanistica, rimessa alla competenza regionale.

 

2.- Il regolamento denunciato come invasivo si inserisce nel contesto di un assetto di competenze delle diverse amministrazioni dello Stato in relazione ad interventi su edifici, in ordine ai quali si manifesta la coesistenza di una molteplicità di interessi pubblici.

 

Il sistema delineato dalla disciplina normativa preesistente conferiva al Ministero dei lavori pubblici - nella prospettiva del mantenimento funzionale degli immobili e della competenza tecnica dell'amministrazione chiamata a provvedervi - la cura e l'onere finanziario per lavori di natura statica e strutturale, di restauro e di impianto delle apparecchiature tecniche, in edifici statali e non statali di interesse storico-artistico soggetti alla legge n. 1089 del 1939. Rimaneva tuttavia salvaguardata la competenza dei soprintendenti ai monumenti o alle antichità per la tutela dei caratteri monumentali degli edifici (art. 1, secondo comma, della legge 14 marzo 1968, n. 292).

 

Non mancava tuttavia una diversa e coesistente disciplina diretta a consentire la tutela dei beni, preservandone la conservazione e l'integrità, in ragione esclusivamente dell'interesse culturale da essi espresso. In connessione con la facoltà attribuita al Ministero per i beni culturali ed ambientali di provvedere direttamente alle opere necessarie per assicurare la conservazione ed impedire il deterioramento delle cose di interesse artistico e storico, anche di proprietà privata (artt. 14 e 15 della legge n. 1089 del 1939), la legge 21 dicembre 1961, n. 1552 ha disciplinato le modalità degli interventi, prevedendo che per opere di particolare interesse la spesa possa essere posta definitivamente, in tutto o in parte, a carico dello Stato. In tal caso gli immobili di proprietà privata restano accessibili al pubblico secondo modalità fissate con apposite convenzioni.

 

È chiara la diversa caratterizzazione degli interventi attribuiti alla competenza del Ministero dei lavori pubblici rispetto a quelli propri del Ministero per i beni culturali ed ambientali, anche se le due distinte finalità possono parzialmente sovrapporsi e concorrere in ragione della loro insistenza sui medesimi beni.

 

L'attribuzione alle regioni dei fondi in precedenza attribuiti al Ministero dei lavori pubblici per la manutenzione straordinaria ed il restauro di immobili non statali di interesse artistico o storico, anche ove implichi trasferimento delle relative competenze, non vale ad escludere o ad assorbire le diverse e distinte competenze del Ministero per i beni culturali ed ambientali, dirette ad assicurare la conservazione e ad impedire il deterioramento delle cose di interesse artistico e storico, anche mediante i necessari interventi di restauro e di manutenzione straordinaria degli immobili che presentano tale interesse. Ed è questa la prospettiva nella quale muove il regolamento n. 368 del 1994, che riguarda espressamente "la necessità di interventi volti a garantire la conservazione" del bene (art. 2), circoscrivendo così nell'ambito della cura di tale interesse le opere rimesse alla residua competenza statale.

 

Per quanto riguarda le attribuzioni regionali nell'ampia accezione della tutela e della valorizzazione dei beni culturali, l'ambito delle relative competenze avrebbe dovuto essere stabilito da apposita legge, prevista dall'art. 48 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sicchè "in attesa della preannunciata normativa di trasferimento o di delega, nella quale dovrebbero essere definite le diverse competenze e il loro congiunto operare per la tutela e l'incremento di valori culturali, la situazione normativa è caratterizzata dall'attribuzione allo Stato dei poteri inerenti alla protezione del patrimonio storico e artistico della Nazione" (sentenze n. 339 del 1994, n. 277 del 1993 e n. 921 del 1988).

 

Non si può pertanto ritenere esclusa la competenza dello Stato a prescrivere le opere di restauro o di manutenzione straordinaria o a provvedere direttamente ad esse, quando siano necessarie per assicurare la conservazione ed impedire il deterioramento degli immobili di rilevante interesse artistico e storico, tanto più se chi potrebbe provvedervi, o vi sia altrimenti tenuto, non vi adempia.

 

3.- La specifica finalità degli interventi di competenza del Ministero per i beni culturali ed ambientali, così chiarita, vale a circoscrivere il contenuto degli interventi, ristretti alla necessità di conservare ed impedire il deterioramento delle cose di interesse artistico e storico. Risulta quindi escluso il contrasto con le competenze regionali, che permangono intoccate in materia urbanistica e per gli interventi diretti al recupero funzionale del patrimonio edilizio esistente, anche mediante opere di manutenzione straordinaria degli immobili. Le competenze statali e regionali sono differenziate nella cura di interessi pubblici diversi e complementari. Quando esse incidano sugli stessi immobili, la cura dei due interessi richiede, secondo principi generali, la cooperazione tra amministrazioni diverse, che è sempre necessaria quando vi sia concorso di competenze.

 

Il ricorso non è pertanto fondato.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara che spetta allo Stato il potere di programmazione ed esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria su edifici di interesse storico-artistico, esercitato con il d.P.R. 22 aprile 1994, n. 368.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 1995.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Cesare MIRABELLI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 1 marzo 1995.