Ordinanza n. 66 del 1995

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ORDINANZA N. 66

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Avv. Ugo SPAGNOLI, Presidente

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 100, 122, 577 del codice di procedura penale e dell'art. 37 delle norme di attuazione del medesimo codice promosso con ordinanza emessa il 4 luglio 1994 dalla Corte di appello di Torino nel procedimento civile vertente tra Barbiero Ivano ed altro iscritta al n. 617 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43 prima serie speciale dell'anno 1994;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'8 febbraio 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli.

RITENUTO che nel corso del giudizio di appello del procedimento penale nei confronti di Barbiero Ivano e Bramardo Carlo, imputati per i reati di ingiuria e diffamazione, la Corte d'appello di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di costituzionalità degli artt. 100, 122, 577 del codice di procedura penale e dell'art. 37 delle norme di attuazione del medesimo codice nella parte in cui consentono al difensore di parte civile di proporre impugnazione, anche se non munito di procura speciale a proporre appello rilasciata dopo l'emanazione del provvedimento da impugnare (R.O. n. 617 del 1994);

che il giudice a quo ha premesso che l'appello in questione è stato proposto dalle parti civili per mezzo del loro difensore, al quale era stata conferita procura speciale per rappresentarle "nel presente e negli eventuali gradi di giudizio", e che l'ampia formulazione della norma contenuta nell'art. 37 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, in relazione all'art. 122 dello stesso codice, pare consentire al difensore della parte civile di proporre impugnazione anche in base a procura speciale rilasciata in epoca anteriore alla pronuncia del provvedimento da impugnare;

che nell'ordinanza di rimessione si afferma che tale potere, riconosciuto al difensore della parte civile, comporta una disparità di trattamento nei confronti del difensore dell'imputato rimasto contumace, al quale non è consentito proporre impugnazione se non in forza di una procura speciale rilasciatagli successivamente alla pronuncia dell'atto da impugnare, con la specifica indicazione del medesimo atto;

che tale disparità di trattamento, sempre ad avviso del giudice remittente, appare priva di ragionevolezza e lesiva del principio della parità di posizione tra le parti;

che nel giudizio davanti alla Corte ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sollevata sia dichiarata manifestamente infondata.

CONSIDERATO che, in riferimento all'invocato parametro di cui all'art. 24 della Costituzione, le norme impugnate non configurano alcuna lesione del diritto di difesa, dal momento che attribuiscono la più ampia possibilità di impugnazione alla parte civile e al suo difensore, munito di procura speciale rilasciata anche in epoca anteriore all'emanazione del provvedimento da impugnare;

che, diversamente da quanto si afferma nell'ordinanza di remissione, l'art. 571, primo comma, del codice di procedura penale riconosce espressamente, e in via generale, anche all'imputato che abbia proceduto alla nomina di un procuratore speciale, secondo le modalità previste dall'art. 122 del medesimo codice, la facoltà di conferire a tale procuratore la delega all'impugnazione anche in epoca anteriore all'emissione del provvedimento da impugnare;

che la disposizione contenuta nell'art. 571, terzo comma, del codice di procedura penale, disciplina l'autonomo potere di impugnazione del difensore dell'imputato, prevedendo un limite speciale a tale potere di impugnazione nel caso dell'imputato che sia rimasto contumace, richiedendo il conferimento di "specifico mandato, rilasciato con la nomina o anche successivamente nelle forme per questa previste";

che pertanto le norme impugnate non configurano alcuna disparità di trattamento tra imputato contumace e parte civile che abbiano proceduto alla nomina di un procuratore speciale, al quale possono entrambe conferire, in epoca precedente all'emissione di provvedimenti appellabili, ampia delega alla rappresentanza in giudizio, mentre è diversa - in relazione al fondamento dei poteri esercitati - la posizione del difensore dell'imputato contumace rispetto a quella del procuratore speciale;

che, pertanto, la questione sollevata nel presente giudizio va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 100, 122, 577, del codice di procedura penale e 37 delle disposizioni di attuazione del medesimo codice, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/02/95.

Ugo SPAGNOLI, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 24/02/95.