Sentenza n. 54 del 1995

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SENTENZA N. 54

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, primo comma, ultima parte e dell'art. 3, terzo comma, della legge 29 aprile 1983, n. 167 (Affidamento in prova del condannato militare), promossi con n. 6 ordinanze emesse il 15 marzo 1994 dal Tribunale militare di sorveglianza nei procedimenti di sorveglianza relativi a Bazzica Graziano, Francinella Fabio, Muscarella Roberto, Bartolini Nico, Todaro Caddonio Domenico e Massari Marco, rispettivamente iscritte ai nn. 342, 361, 376, 377, 378, 483 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 25, 26, 27 e 37, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1995 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

Ritenuto in fatto

1.- Con sei ordinanze di identico contenuto - pronunciate in altrettanti procedimenti, relativi alla concessione dell'affidamento in prova di condannati militari per reati originati da obiezione di coscienza, ed iscritte ai nn. 342, 361, 376, 377, 378 e 483 del reg. ord. 1994 - il Tribunale militare di sorveglianza solleva, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, primo comma, ultima parte e 3, terzo comma, della legge 29 aprile 1983, n. 167 (Affidamento in prova del condannato militare).

Secondo il giudice a quo con la pronunzia della Corte costituzionale n. 358 del 1993 (che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 27 del codice penale militare di pace nella parte in cui consente che la conversione della pena della reclusione comune in quella della reclusione militare possa avvenire in relazione alla sanzione penale comminata per il reato previsto nell'art. 8, comma 2, legge 15 dicembre 1972, n. 772) viene posta in discussione la perdurante applicabilità delle disposizioni impugnate. E, per tale motivo, il Tribunale militare di sorveglianza aveva cominciato a sottoporre i condannati per obiezione totale all'affidamento in prova al servizio sociale anziché l'affidamento in prova speciale ex art. 3, terzo comma, legge n. 167 del 1983. Ma un tale indirizzo interpretativo è stato disatteso dalla Corte di cassazione.

Pertanto, il Tribunale militare di sorveglianza pone la questione di costituzionalità, con riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., degli artt. 1, primo comma, ultima parte e 3, terzo comma, della legge n. 167 del 1983, in quanto il regime di affidamento ivi disciplinato appare "ben più gravatorio" rispetto a quello previsto per qualsiasi altro condannato a pena detentiva diversa dalla reclusione militare, concretandosi in una prestazione di servizio (non militare) obbligatoria, da svolgere al di fuori della sfera sociale propria del condannato, con possibile pregiudizio di posizioni affettive, familiari, di studio o di lavoro.

Il Tribunale ritiene in contrasto con il principio di ragionevolezza un sistema che da un lato rinuncia a chiedere la rieducazione particolare connessa al regime carcerario militare (oltre che la prestazione del servizio militare al termine dell'espiazione) dall'altro si limita a differenziare la posizione dell'obiettore da quella del condannato per altri reati, imponendogli l'onere di una prestazione di servizio, ai fini dell'estinzione della pena.

Sotto il profilo della violazione dell'art. 27 Cost., il Tribunale militare di sorveglianza, sottolinea che prevedere come contenuto dell'affidamento la prestazione di un servizio "civile", una volta escluse le finalità rieducative specifiche connesse alla scelta di una sanzione militare peculiare, come la reclusione militare, significa affidare alle misure alternative un onere sganciato dalla idoneità della pena alla rieducazione.

2.- In tre dei giudizi sollevati dal Tribunale militare di sorveglianza (iscritti ai nn. 342, 361 e 483 del reg. ord. del 1994) è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per una declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione.

Osserva l'Avvocatura che la disciplina ex art. 3, terzo comma, legge n. 167 del 1983, a differenza di quanto avviene nel caso della conversione della pena ordinaria in quella militare, si preoccupa di prendere in esame la specifica situazione del condannato obiettore, differenziandola completamente, quanto al rigore dell'affidamento in prova, da quella del condannato militare.

Tale scelta del legislatore non appare censurabile in sede di giudizio di costituzionalità in quanto di per sè non irragionevole.

Considerato in diritto

1.- Le ordinanze del Tribunale militare di sorveglianza sono di identico contenuto; pertanto i relativi giudizi vanno riuniti e decisi congiuntamente.

In particolare, il giudice a quo prospetta la illegittimità costituzionale degli artt. 1, primo comma, ultima parte, e 3, terzo comma, della legge 29 aprile 1983, n. 167 (Affidamento in prova del condannato militare), per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione.

2.- La questione è fondata.

Le disposizioni impugnate, pur contenendo una speciale disciplina dell'affidamento in prova del condannato per reati originati da obiezione di coscienza, fanno parte di una legge che, pi in generale, si rivolge al condannato "militare", tanto che - sia pure con una minore caratterizzazione - anche l'affidamento in prova dei condannati per reati originati da obiezione di coscienza mantiene un carattere "militare". Si attribuisce, infatti, al Ministro della difesa la competenza a individuare gli uffici o enti pubblici - anche se non militari - presso i quali l'affidato in prova deve prestare servizio. In tal modo, si priva il giudice di sorveglianza del potere di individuare le modalità i idonee a un reinserimento nella vita civile e adeguate alla personalità del condannato, per attribuire tale potere - esclusivamente per questa categoria di condannati - al Ministro della difesa che, per la sua posizione istituzionale e funzionale, non ha competenza in ordine al perseguimento delle finalità di rieducazione e di reinserimento sociale del condannato.

D'altro canto, va considerato che il contenuto dell'affidamento in prova, come disciplinato dalla disposizione impugnata, sostanzialmente riproduce, sotto altra veste giuridica, il regime riservato a chi venga ammesso al servizio sostitutivo civile ai sensi della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza). Vale a dire, proprio quel regime che viene rifiutato dall'obiettore "totale", in quanto - sia pure indirettamente - collegato all'organizzazione della difesa.

3.- Come rilevato dal giudice rimettente, una siffatta regolamentazione dell'affidamento in prova del condannato militare per reati originati da obiezione di coscienza non può pi trovare ragionevole giustificazione a seguito della sentenza n. 358 del 1993, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 27 cod. pen. mil. di pace nella parte in cui consente che la conversione della pena della reclusione comune in quella della reclusione militare possa avvenire in relazione alla sanzione penale comminata per i c.d. obiettori totali.

Più particolarmente, la sentenza ora citata ribadisce quanto in precedenza affermato dalla Corte a proposito della finalità rieducativa della pena militare, che consiste nel recupero al servizio militare, contrariamente alla funzione rieducativa della reclusione comune, che, invece, deve tendere al reinserimento sociale del condannato (sentenza n. 414 del 1991).

Ora, poiché la funzione assolta dalle misure alternative alla detenzione non può che rispecchiare quella assegnata alla pena inflitta, appare irragionevole che sia possibile sostituire una pena ispirata al reinserimento sociale del condannato con una misura - quale quella dell'affidamento in prova del condannato militare, per reati originati da obiezione di coscienza - anch'essa, come le altre di cui alla legge n. 167 del 1983, finalizzata al recupero al servizio militare.

4.- Deve pertanto essere dichiarata l'illegittimità costituzionale degli artt. 1, primo comma, ultima parte, e 3, terzo comma della legge n. 167 del 1983, in quanto prevedono l'affidamento in prova del condannato per reati originati da obiezione di coscienza esclusivamente ad uffici ed enti pubblici non militari individuati dal Ministro della difesa anziché al servizio sociale ai sensi della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà).

Va, d'altro canto, sottolineato che appare sempre pi indifferibile un intervento del legislatore che, tenendo conto dell'ormai lunga serie di pronunce della Corte volte a conformare la disciplina dell'obiezione di coscienza ai principi costituzionali, dia una sistematica configurazione alla normativa in materia.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 1, primo comma, ultima parte, e 3, terzo comma, della legge 29 aprile 1983, n. 167 (Affidamento in prova del condannato militare), nella parte in cui prevedono l'affidamento in prova del condannato per reati originati da obiezione di coscienza esclusivamente ad uffici ed enti pubblici non militari individuati dal Ministro della difesa anziché al servizio sociale ai sensi della legge 26 luglio 1975, n. 354.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 1995.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Ugo SPAGNOLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 febbraio 1995.