Sentenza n. 14 del 1995

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SENTENZA N. 14

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente

-        Prof. Gabriele PESCATORE

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili

delle imprese, nonchè per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale) promosso con ordinanza emessa il 3 aprile 1993 dalla Commissione tributaria di primo grado di Cagliari sul ricorso proposto da Cossu Maria Rosaria contro l'Intendenza di finanza di Cagliari, iscritta al n. 296 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1994 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza emessa il 3 aprile 1993 (R.O. n. 296 del 1994), nel giudizio promosso da Cossu Maria Rosaria avverso il provvedimento con cui l'Intendente di finanza di Cagliari ha respinto l'istanza di rimborso della imposta sull'indennità erogata il 2 febbraio 1989 per la cessione volontaria sostitutiva dell'esproprio di un'area della ricorrente, la Commissione tributaria di primo grado di Cagliari ha sollevato -in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione- questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

Il giudice a quo ritiene che "la norma denunciata incida, alterandolo, sul rapporto tra imposizione e capacità contributiva", tanto più in quanto l'istituzione dell'imposta non era ragionevolmente prevedibile. Inoltre, gli atti di cessione volontaria sostitutiva dell'esproprio sono di solito frutto di accordi sulla misura dell'indennizzo, accordi che, "nel periodo in cui opera la retroattività dell'imposta sostitutiva, erano verosimilmente influenzati dalla prospettiva della totale esenzione tributaria delle somme concordate".

In relazione all'art. 3 della Costituzione, il remittente sostiene, poi, che alla retroattività della norma in esame si contrappone il diverso trattamento stabilito per le plusvalenze realizzate a seguito di cessione delle aree fabbricabili, "alle quali accede la libera scelta del tempo e del modo dell'operazione".

2.- Nel giudizio di fronte alla Corte costituzionale è intervenuto il Presidente del consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

Considerato in diritto

1.- La Commissione tributaria di primo grado di Cagliari, con l'ordinanza in epigrafe, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, che estende le disposizioni sulla tassazione delle plusvalenze conseguite in occasione di procedimenti ablatori, ovvero a seguito di cessioni volontarie di aree nel corso dei procedimenti stessi, alle "somme percepite in occasione di atti anche volontari o di provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino alla data di entrata in vigore della legge".

Ad avviso del giudice remittente, la norma sarebbe in contrasto con l'art. 53 della Costituzione, perchè inciderebbe, alterandolo, sul rapporto tra imposizione e capacità contributiva, in un caso nel quale non era ragionevolmente prevedibile l'istituzione di un'imposta. Questa, infatti, "avendo ad oggetto un prelievo di natura reddituaria realizzato a distanza di oltre due anni dalla data in cui il cespite sottoposto a tassazione è affluito nel patrimonio del contribuente, presuppone apoditticamente la permanenza di una certa capacità contributiva". Osserva, altresì, l'ordinanza che gli atti di cessione volontaria sostitutiva dell'esproprio nella maggior parte dei casi sono frutto di accordi sulla misura dell'indennizzo, verosimilmente influenzati dalla prospettiva della totale esenzione tributaria delle somme percepite.

Con riferimento, poi, all'art. 3 della Costituzione, l'ordinanza rileva che alla retroattività stabilita per i casi di esproprio o di cessione volontaria sostitutiva dell'esproprio stesso, si contrappone, in termini che non appaiono giustificati da scelte razionali, il trattamento stabilito per le plusvalenze realizzate a seguito di cessione di aree fabbricabili, alle quali accede la libera scelta del tempo e del modo dell'operazione.

2.- La questione non è fondata.

Sotto il profilo del lamentato contrasto con l'art. 53 della Costituzione, va rammentato che la questione ha già formato oggetto di esame da parte di questa Corte, conclusosi con una pronunzia di infondatezza (sentenza n. 315 del 1994) che si è rifatta al principio secondo il quale, per accerta re se una legge tributaria retroattiva comporti violazione del principio della capacità contributiva, occorre verificare, di volta in volta, se la legge stessa, nell'assumere a presupposto della prestazione un fatto o una situazione passati, abbia spezzato il rapporto che deve sussistere tra imposizione e capacità contributiva, violando così il precetto costituzionale sopra richiamato.

Sulla base di tale principio, questa Corte ha ritenuto sussistente -nel caso della retroattività conferita dall'art. 11, comma 9, della legge n. 413 del 1991, alla norma sulla tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione volontaria di terreni sottoposti ad espropriazione- un elemento di prevedibilità dell'imposta non privo di significato, quanto alla verifica della permanenza della capacità contributiva, specie a tener conto del breve lasso di tempo entro il quale il legislatore ha stabilito che tale retroattività è destinata ad operare.

La questione viene ora riproposta nella ordinanza in esame senza che siano introdotti nuovi profili ed argomentazioni, tali da indurre a diverso avviso, sicchè la stessa va dichiarata manifestamente infondata.

3.- Quanto poi alla denunciata violazione dell'art. 3 della Costituzione, giova ricordare l'altro principio che, del pari, emerge dalla giurisprudenza costituzionale, secondo il quale è rimessa alla discrezionalità del legislatore l'individuazione degli indici concretamente rivelatori di ricchezza da assumere a presupposto dell'imposizione, salvo il limite dell'arbitrarietà e dell'irragionevolezza, e comunque dell'esigenza del pari trattamento quando sussista identità nelle situazioni di fatto prese in considerazione dalla legge.

In effetti, la norma denunciata dispone retroattivamente soltanto per le imposte sulle plusvalenze conseguite a seguito di procedimenti espropriativi o di acquisizioni coattive conseguenti ad occupazioni di urgenza divenute illegittime, e non su quelle realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso estranee a detti procedimenti e situazioni, alle quali si riferisce il primo comma, lettera f), del medesimo art. 11.

Tuttavia, tale diverso trattamento non può reputarsi irragionevole, se si considera che, alla data della entrata in vigore della legge n. 413 del 1991, le plusvalenze derivanti da cessione negoziale privatistica erano e sono, sia pure nei limiti di cui all'art. 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, comunque soggette alla imposta sull'incremento di valore degli immobili, mentre quelle realizzate a seguito di procedimenti espropriativi erano e sono escluse da tale imposizione (art. 2, ultimo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643). La retroattività della norma trova, quindi, la sua giustificazione nella assenza dell'altra imposta sul plusvalore immobiliare in capo al dante causa, come è testimoniato dallo stesso tenore della norma impugnata: infatti il comma 9, dell'art. 11 dispone sì retroattivamente, in ordine alle somme percepite in conseguenza di atti anche volontari o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988, ma soltanto "se l'incremento di valore non è stato assoggettato all'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili".

La questione va, pertanto, dichiarata infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, sollevata, in riferimento all'art. 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Cagliari con la ordinanza in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 11 , comma 9, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla medesima ordinanza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 1995.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 19 gennaio 1995.