Sentenza n. 7 del 1995

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SENTENZA N. 7

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

- Prof. Gabriele PESCATORE

- Avv. Ugo SPAGNOLI

- Prof. Antonio BALDASSARRE

- Prof. Vincenzo CAIANIELLO

- Avv. Mauro FERRI

- Prof. Luigi MENGONI

- Prof. Enzo CHELI

- Dott. Renato GRANATA

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione dell'articolo 2, comma 2, della legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato", limitatamente alle parole: "a totale partecipazione pubblica", nonché dell'articolo 1 del decreto legge 19 ottobre 1992, n. 408, recante "Disposizioni urgenti in materia di pubblicità radiotelevisiva", convertito in legge dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483, iscritto al n. 70 del registro referendum.

Vista l'ordinanza del 30 novembre 1994 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum popolare presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta;

udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli.

Ritenuto in fatto

1. L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, ha esaminato la richiesta di referendum popolare presentata da Calderoli Roberto, Maroni Roberto, Magnabosco Antonio e Leoni Orsenigo Luca, concernente l'abrogazione:

a) dell'articolo 2, comma 2,della legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato", limitatamente alle parole "a totale partecipazione pubblica";

b) dell'articolo 1 del decreto legge 19 ottobre 1992, n. 408, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 1992, n. 483, recante "Disposizioni urgenti in materia di pubblicità radiotelevisiva".

2. Con ordinanza in data 30 novembre 1994, l'Ufficio centrale per il referendum, verificati i risultati delle operazioni di riscontro compiute dal Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione, ha dichiarato legittima la richiesta di referendum in oggetto.

3. Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza, il Presidente di questa Corte ha fissato il giorno 9 gennaio 1995 per la conseguente deliberazione in Camera di consiglio, dandone comunicazione, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, ai presentatori della richiesta ed al Presidente del Consiglio dei ministri.

4. I presentatori della richiesta ed il Presidente del Consiglio non hanno presentato memorie né sono comparsi alla Camera di consiglio.

Considerato in diritto

1. Il quesito referendario investe: a) parte del-l'art. 2, secondo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223, che prevede l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiotelevisivo ad una società per azioni "a totale partecipazione pubblica" (il quesito è limitato alle parole richiamate tra virgolette); b) l'intero testo dell'art. 1 del decreto legge 19 ottobre 1992, n. 408 (convertito nella legge 17 dicembre 1992, n. 483), dove si stabilisce che "le azioni della "RAI-Radiotelevisione italiana - Società per azioni" possono appartenere soltanto allo Stato ad enti pubblici o a società a totale partecipazione pubblica".

Il referendum si propone di abrogare le norme che riservano esclusivamente alla mano pubblica (Stato, enti pubblici e società a totale partecipazione pubblica) la titolarità delle azioni della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo (RAI-Radiotelevisione italiana): questo al fine di consentire anche ai privati la possibilità di partecipare al capitale azionario di tale società.

2. Va innanzitutto constatato che il quesito referendario non incorre in alcuna delle cause di inammissibilità espressamente enunciate nell'art. 75, secondo comma, della Costituzione ovvero desumibili, in via di interpetrazione logico-sistematica, da tale norma (v. sent. n. 16 del 1978).

Il quesito risponde anche ai requisiti di omogeneità, univocità e completezza richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di ammissibilità dei referendum. Tale quesito risulta, infatti, ispirato da una matrice razionalmente unitaria, chiaramente percepibile dall'elettore e individuabile nel superamento della disciplina che impone attualmente l'imputazione delle quote azionarie della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo soltanto alla sfera pubblica, rappresentata dallo Stato, dagli enti pubblici e dalle società a totale partecipazione pubblica.

3. Né l'esito referendario, ove fosse positivo, ammettendo una partecipazione privata al capitale azionario della "RAI-Radiotelevisione italiana", potrebbe risultare in contrasto - così da pregiudicare la chiarezza e l'univocità del quesito - con la natura pubblica del servizio radiotelevisivo ovvero con il carattere di società di interesse nazionale riconosciuto, ai sensi dell'art. 2461 cod. civ., alla concessionaria di tale servizio. Tali elementi possono, infatti, operare indipendentemente dalla qualità pubblica o privata dei soggetti titolari del capitale azionario, riguardando, inve ce, la specialità del complessivo regime giuridico del servizio pubblico esercitato tramite concessionaria: specialità connessa al raggiungimento di quei fini di interesse generale cui, in ogni caso, non può non ispirarsi lo svolgimento di tale servizio (v. sent. n. 58 del 1965).

Sempre in caso di esito positivo della vicenda referendaria il legislatore potrà, d'altro canto, adattare e integrare la disciplina di tale regime speciale, in relazione ai possibili riflessi nella gestione sociale della partecipazione privata al capitale della società concessionaria.

4. Il quesito referendario va, di conseguenza, dichiarato ammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione dell'art. 2, comma 2, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato), limitatamente alle parole "a totale partecipazione pubblica", nonché dell'art. 1 del decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 408, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 1992, n. 483 (Disposizioni urgenti in materia di pubblicità radiotelevisiva), richiesta dichiarata legittima dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di Cassazione con ordinanza del 30 novembre 1994.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta l’11 gennaio 1995.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 12 gennaio 1995.