Sentenza n. 90 del 1994
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SENTENZA N. 90

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE

Giudici

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, lett. b), della legge 26 luglio 1965, n. 966 (Disciplina delle tariffe, delle modalità di pagamento e dei compensi al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i servizi a pagamento), promosso con ordinanza emessa il 10 dicembre 1992 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi ed altri contro il Ministero dell'Interno ed altri, iscritta al n. 663 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Udito nella camera di consiglio del 23 febbraio 1994 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

 

Ritenuto in fatto

 

l. - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con una ordinanza del 10 dicembre 1992 (pervenuta a questa Corte il 6 ottobre 1993), ha sollevato, in riferimento agli artt. 23 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, lett.b), della legge 26 luglio 1965, n. 966 (Disciplina delle tariffe, delle modalità di pagamento e dei compensi al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i servizi a pagamento), nella parte in cui pone a carico degli enti e dei privati l'obbligo di richiedere al Corpo nazionale dei vigili del fuoco i servizi di vigilanza a pagamento per i locali di pubblico spettacolo.

L'ordinanza è stata emessa in un giudizio promosso con ricorsi proposti dalla Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi (F.I.P.E.), dal Sindacato Italiano Locali da Ballo (S.I.L.B.) e da Zecchi Renato, nella qualità di legale rappresentante della discoteca "AL KALUÀ", contro il Ministero dell'Interno ed il Comando Provinciale dei vigili del fuoco di Brescia e dalla RAI - Radiotelevisione Italiana, contro il Ministero dell'Interno, la Prefettura di Napoli, il Comune di Napoli e la Commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo.

Ricorsi volti ad ottenere l'annullamento degli atti, con i quali si era portato a conoscenza dei ricorrenti l'obbligo, per gli stessi, ai sensi dell'art. 2 della legge 26 luglio 1965, n. 966, di presentare istanza per richiedere la vigilanza dei vigili del fuoco durante gli in trattenimenti, con costo orario del personale addetto di lire duecentomilasettecento, rispettivamente a carico del titolare della discoteca e della RAI.

2. - Il giudice a quo, pur riconoscendo le importantissime finalità di carattere ordinamentale dei servizi di vigilanza antincendio, dubita, però, che la scelta operata dal legislatore, per il rispetto delle stesse, sia del tutto conforme al dettato costituzionale.

In particolare, il Tribunale rimettente ritiene che la norma impugnata sia anzitutto in contrasto con l'art. 23 della Costituzione, in quanto contiene, tra l'altro, la previsione di una forma di contribuzione priva di una specifica regolamentazione degli elementi indispensabili per pervenire alla concreta imposizione, la quale ultima viene lasciata "alla mercè di fonti sublegislative, di carattere amministrativo", anzichè essere determinata direttamente da una norma di rango legislativo.

Il T.A.R. del Lazio rileva, altresì, un contrasto della norma de qua con l'art. 41 della Costituzione, poichè determina una forma di monopolio pubblico dell'attività di vigilanza antincendio nei locali di pubblico spettacolo, comportante l'obbligo, per i soggetti titolari dei predetti locali, di richiedere la prestazione al monopolista pubblico.

Se, infatti - argomenta il giudice rimettente - ai sensi dell'art. 43 della Costituzione, è possibile una riserva allo Stato o ad enti pubblici di servizi aventi carattere di preminente interesse generale, la norma suddetta non può essere ritenuta comprensiva anche dell'obbligo giuridico di contrarre con il monopolista pubblico;altrimenti, più che di situazioni di monopolio, si sarebbe in presenza di un obbligo a contrarre con un determinato monopolista, a prezzi e per quantità di servizi da questo determinati, in violazione, appunto, del disposto dell'art. 41 della Costituzione.

 

Considerato in diritto

 

l. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato, in riferimento agli artt. 23 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, lett.b), della legge 26 luglio 1965, n. 966 (Disciplina delle tariffe, delle modalità di pagamento e dei compensi al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i servizi a pagamento), nella parte in cui pone a carico degli enti e dei privati l'obbligo di richiedere al Corpo nazionale dei vigili del fuoco i servizi di vigilanza a pagamento per i locali di pubblico spettacolo.

2. La questione è infondata.

Il giudice a quo non contesta la legittimità costituzionale della riserva allo Stato del servizio antincendio, cui infatti riconosce "finalità di carattere ordinamentale importantissima", la quale evidentemente è di per sè idonea a qualificare la relativa attività come servizio pubblico essenziale con carattere di preminente interesse generale, e però rientrante senza residui nell'ambito della generale previsione dell'art. 43 della Costituzione.

Lamenta invece che, per raggiungere detta finalità, il legislatore non abbia scelto una delle due possibili vie, consistenti: a) nella pubblicizzazione integrale del servizio, da svolgersi istituzionalmente dal Corpo dei vigili del fuoco e con onere a carico della collettività, ritenendo preminente la tutela dell'interesse pubblico all'incolumità delle persone anche nella fase preventiva di vigilanza; b) oppure nell'addossare il servizio ed il relativo costo ai singoli soggetti titolari dei locali di pubblico spettacolo, obbligandoli all'istituzione di un servizio di vigilanza, da controllare nelle forme tipiche. Ed afferma che, viceversa, la via scelta dal legislatore di imporre il servizio ed il relativo costo ai soggetti titolari dei locali di pubblico spettacolo, obbligandoli però a servirsi di una struttura di carattere pubblicistico a prezzi parimenti imposti, si risolve nella creazione di "un regime di monopolio nella materia, caratterizzato peraltro dal fatto dell'obbligo di contrarre con il monopolista pubblico", nonchè nella "previsione di una forma di contribuzione priva di una specifica regolamentazione degli elementi indispensabili, da prevedersi necessariamente con legge"; con conseguente violazione degli artt. 23 e 41 della Costituzione.

3. Osserva questa Corte che, una volta riconosciuta la legittimità costituzionale d'un monopolio pubblico del servizio antincendi (così come risultante dall'art. 1 della legge 27 dicembre 1941 n.1570 e dagli artt. 1 e segg. della legge 13 maggio 1961 n. 469), la questione sollevata dal giudice rimettente viene ad esorbitare dalla sfera di applicabilità dell'art. 41 della Costituzione, poichè il lamentato obbligo per i titolari dei locali di pubblico spettacolo, di contrarre esclusivamente col monopolista pubblico, costituisce un ineliminabile corollario della menzionata configurazione di tale servizio. Sicchè, quel che viene in considerazione sotto il profilo costituzionale è solo la previsione, quale corrispettivo del servizio stesso, di un prezzo imposto, il cui pagamento è da considerare certamente come "prestazione patrimoniale" ricadente nell'ambito dell'art. 23 della Costituzione. A tale ultimo riguardo infatti è appena il caso di ricordare come questa Corte ha ripetutamente affermato che quando un servizio, in conside razione di una sua particolare rilevanza, venga riservato alla mano pubblica e l'uso di esso sia da considerare essenziale ai bisogni della vita, la determinazione autoritaria delle tariffe deve assimilarsi ad una vera e propria imposizione di prestazioni patrimoniali (v. sentenza n. 72 del 1969), ove - come nella specie - la prestazione sia istituita senza il concorso della volontà del soggetto gravato.

Occorre, allora, soltanto verificare se, con riguardo alla normativa in esame, la determinazione delle tariffe sia assistita da quella garanzia che l'art. 23 della Costituzione ha inteso assicurare, con riguardo appunto ad ogni "prestazione personale o patrimoniale" autoritativamente imposta, attraverso la riserva di legge.

4. Giova premettere, in proposito, che trattasi di una riserva a carattere relativo, giacchè l'art. 23 della Costituzione non esige che la prestazione sia imposta "per legge", cioé che tutti i presupposti e gli elementi di essa risultino dalla legge, ma vuole soltanto che essa sia istituita "in base alla legge". Tanto è che questa Corte ha costantemente ritenuto che il principio di riserva è rispettato anche "in assenza di un'espressa indicazione legislativa dei criteri, limiti e controlli sufficienti a delimitare l'ambito di discrezionalità dell'amministrazione, purchè gli stessi siano desumibili dalla destinazione della prestazione, ovvero dalla composizione e dal funzionamento degli organi competenti a determinarne la misura" (così, da ultimo, sentenza n. 507 del 1988).

Ciò posto, non si può, a fortiori, non considerare rispettato detto principio nel caso in esame, dove è la stessa legge censurata ad aver inizialmente determinato, nelle tabelle ad essa allegate, le tariffe relative all'impiego del personale del Corpo dei vigili del fuoco per i servizi a pagamento. Tabelle che la pubblica amministrazione, per espresso disposto dell'art. 40 della successiva legge 23 dicembre 1980, n.930 (recante norme sui servizi antincendi negli aeroporti e sui servizi di supporto tecnico ed amministrativo-contabile del Corpo nazionale dei vigili del fuoco), si è limitata ad aggiornare nel tempo con decreti (in data 20 gennaio 1982 e in data 29 aprile 1991) del Ministro dell'interno di concerto coi Ministri del tesoro e delle finanze: attraverso cioé un modulo procedimentale che realizza la collaborazione di più organi nell'esplicazione di una mera discrezionalità tecnica, e, dunque, in modo tale che si può escludere quell'eventualità di arbitrii, da cui l'art. 23 della Costituzione ha inteso salvaguardare i soggetti onerati dalle prestazioni.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, lett. b), della legge 26 luglio 1965, n. 966 sollevata, in riferimento agli artt. 23 e 41 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo del Lazio con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/03/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 15/03/94.