Ordinanza n. 481 del 1994

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ORDINANZA N. 481

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 242, comma 1, lett.c), del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 17 novembre 1993 dal Tribunale di Caltagirone nel procedimento penale a carico di Gasco Stefano, iscritta al n. 229 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 novembre 1994 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

Ritenuto che nel corso del procedimento penale a carico di Maggiore Antonino e altri diciassette imputati il giudice istruttore del Tribunale di Caltagirone rinviava a giudizio Gasco Stefano, senza la preventiva contestazione dell'accusa;

che, avanti il Tribunale della stessa città, la difesa del Gasco eccepiva la nullità dell'ordinanza di rinvio a giudizio per violazione dell'art. 376 del codice di procedura penale abrogato, il quale vieta il rinvio a giudizio senza che l'imputato sia stato interrogato sul fatto o che esso sia stato enunciato in un mandato rimasto senza effetto;

che il Tribunale ha sollevato questione di costituzionalità dell'art.242, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale);

che, ad avviso del Tribunale rimettente, l'art. 242, comma 1, lettera c), delle norme transitorie, dispone, per i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del codice di rito, l'applicazione delle norme anteriormente vigenti ove si tratti di procedimenti connessi ai sensi dell'art. 45 del codice di procedura penale abrogato, purchè le condizioni indicate nella lettera a) dello stesso articolo (avvenuto compimento di un atto di istruzione del quale è previsto il deposito e contestazione del fatto all'imputato ovvero sua enunciazione in un mandato o in un ordine rimasto senza effetto) ricorrano anche relativamente a uno solo degli imputati ovvero a una sola delle imputazioni, sempre che i procedimenti siano già riuniti;

che, nella specie, in considerazione della norma impugnata, il fatto è stato contestato soltanto ad alcuni imputati nel procedimento, accresciutosi a norma dell'art. 45 del codice di procedura penale abrogato, ma non al Gasco, e tanto in evidente contrasto con tutta la giurisprudenza formatasi sotto il vigore del codice di procedura penale abrogato, che - con il combinato disposto de gli artt. 376 e 185, n.3 - sanzionava, per effetto della nullità insanabile, il rinvio a giudizio dell'imputato che non avesse avuto notizia, sostanziale o formale, dell'imputazione ascrittagli;

che tali norme sarebbero, comunque, un'applicazione del principio generale di inviolabilità del diritto di difesa sancito dall'art.24, secondo comma, della Costituzione;

che, pertanto, l'art. 242, comma 1, lett.c), delle norme transitorie del codice di procedura penale vigente sarebbe illegittimo, per contrasto con il menzionato principio di difesa, ove interpretato - come spesso avverrebbe, e come la sua formulazione letterale consentirebbe - nel senso che l'imputato di un reato connesso può essere rinviato a giudizio anche se non sia stato interrogato sul fatto (o che questo sia stato enunciato in un mandato rimasto senza effetto), essendo sufficiente la ricorrenza di dette condizioni pure per un solo coimputato;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o l'infondatezza della questione;

che, ad avviso dell'Avvocatura, l'interpretazione dell'art. 242, comma 1, lett. c) delle disposizioni transitorie non conduce alla soluzione proposta dal giudice a quo, essendo possibile (ed anzi doverosa) altra e diversa interpretazione scevra dal prospettato dubbio di legittimità costituzionale, riguardando, la norma, esclusivamente la scelta del rito.

Considerato che il giudice a quo ha sollevato questione di costituzionalità dell'art. 242, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale) <se interpretato come spesso avviene e come la sua formulazione letterale sembra consentire> nel significato ritenuto non conforme a Costituzione;

che, difettando nella specie un visibile orientamento giurisprudenziale, la questione è proposta in via meramente ipotetica e deve, dunque, dichiararsi manifestamente inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 242, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), sollevata in relazione all'art.24 della Costituzione, dal Tribunale di Caltagirone con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/12/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 30/12/94.