Ordinanza n. 478 del 1994

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ORDINANZA N. 478

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), come sostituito dall'art. 15 del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1992, n. 356, promosso con ordinanza emessa il 15 aprile 1994 dal Tribunale di sorveglianza di Roma nel procedimento relativo alle istanze proposte da Manzoni Mario, iscritta al n. 540 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 novembre 1994 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), come sostituito dall'art. 15 del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1992, n. 356, nella parte in cui prevede che l'affidamento in prova al servizio sociale non possa essere concesso a coloro che, avendo ricoperto un ruolo marginale nel fatto criminoso, rientrante in una delle fattispecie tipicamente indicate dalla medesima disposizione, abbiano necessariamente prestato una condotta di collaborazione con la giustizia "oggettivamente irrilevante", in difetto del riconoscimento di una delle attenuanti previste dagli artt. 62 n. 6, 114, e 116, secondo comma, cod. pen.;

che ad avviso del remittente tale norma contrasterebbe con gli artt.3 e 27 Cost., in quanto l'uguaglianza dinanzi alla pena significa innanzi tutto proporzione della pena rispetto alle personali responsabilità ed alle esigenze che ne conseguono, e il trattamento penitenziario deve, per espresso dettato normativo, essere improntato ai criteri di proporzionalità ed individualizzazione nel corso di tutta l'esecuzione della pena;

che sarebbe inoltre violato l'art. 25, secondo comma, Cost., atteso che l'irretroattività della legge penale sancita da tale precetto costituzionale si estenderebbe "a tutte le norme che si riferiscono al quadro sanzionatorio", e che al momento dell'entrata in vigore della normativa in questione l'istante vantava tutti i requisiti di legge perchè fosse valutata nel merito la concedibilità del beneficio richiesto;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la infondatezza della questione.

Considerato che il procedimento a quo concerne l'applicabilità dell'affidamento in prova al servizio sociale di un condannato alla pena di anni quattro di reclusione per il delitto previsto dall'art. 75 della legge n. 685 del 1975;

che, secondo quanto dedotto dal giudice a quo, sarebbe stata accertata l'assenza di collegamenti attuali dell'istante con la criminalità organizzata, e, tenuto conto del positivo percorso rieducativo seguìto durante l'espiazione della pena, nonchè dell'entità della pena espiata, non sussisterebbero ostacoli, al di fuori di quello derivante dalla norma sottoposta a censura, all'esame del merito della domanda;

che questa Corte, con sentenza n. 357 del 1994, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-bis, primo comma, secondo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, come sostituito dall'art. 15, primo comma, lettera a), del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, nella parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del medesimo comma (tra cui l'affidamento in prova al servizio sociale), possano essere concessi anche nel caso in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, come accertata nella sentenza di condanna, renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata;

che, tenuto conto sia della accertata rottura dei collegamenti del condannato con la criminalità organizzata sia della entità della pena al medesimo inflitta, non è da escludere l'incidenza della suddetta pronuncia nel procedimento pendente dinanzi al giudice remittente;

che, pertanto, appare opportuno disporre la restituzione degli atti al medesimo giudice, affinchè, alla luce del nuovo quadro normativo, valuti se la questione da esso sollevata sia tuttora rilevante.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/12/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 30/12/94.