Sentenza n. 459 del 1994

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SENTENZA N. 459

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 21 febbraio 1989, n. 63 (Disposizioni per alcune categorie di personale tecnico ed amministrativo delle Università), promosso con ordinanza emessa il 26 novembre 1993 dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana nei giudizi di responsabilità promossi dal Procuratore regionale nei confronti di Stagno d'Alcontres Guglielmo, iscritta al n.235 del registro ordinanze 1994 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di costituzione di Stagno d'Alcontres Guglielmo;

udito nell'udienza pubblica del 25 ottobre 1994 il Giudice relatore Massimo Vari;

uditi gli avvocati Enzo Silvestri e Aldo Tigano per Stagno d'Alcontres Guglielmo.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza emessa il 26 novembre 1993 (R.O. n. 235 del 1994) -nel corso di otto giudizi riuniti di responsabilità promossi dal Procuratore regionale nei confronti del Rettore dell'Università di Messina, Prof.Guglielmo Stagno d'Alcontres- la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, ha sollevato, in riferimento all'art. 97, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 21 febbraio 1989, n. 63 (Disposizioni per alcune categorie di personale tecnico ed amministrativo delle Università).

Il giudice remittente, rammentato il contenuto della norma impugnata che attribuisce, in ogni caso, efficacia giuridica ed economica ai provvedimenti di inquadramento del personale delle università originariamente adottati ai sensi dell'art. 85 della legge n. 312 del 1980 nonchè ai provvedimenti successivi, adottati in difformità da quelli originari, quando abbiano prodotto effetti più favorevoli ai dipendenti, rileva, in sostanza, che, dall'accoglimento della questione, dipende la definizione dei giudizi nel senso propugnato dal Procuratore regionale. Questi agisce, nella specie, per il ristoro del danno erariale conseguente alla avvenuta modifica dei provvedimenti di originario inquadramento di alcuni dipendenti dell'amministrazione universitaria ai sensi dell'art. 85 della legge n. 312 del 1980, con attribuzione di una più elevata qualifica funzionale.

In ordine alla non manifesta infondatezza, il remittente osserva che la norma impugnata, nel "porre nel nulla" o, per il futuro, eventualmente, nel "prevenire" le deliberazioni di annullamento adottate dalla Sezione di controllo della Corte dei conti nei confronti di molti atti di inquadramento disposti dai rettori delle università, in una generalizzata tendenza ad attribuire qualifiche più elevate rispetto a quelle che sarebbero spettate, rappresenterebbe un caso di "palese eccesso di potere legislativo", in contrasto con il principio di buon andamento nonchè con il criterio di ragionevolezza ricollegabile all'interesse protetto dall'art. 97, primo comma, della Costituzione.

2.- Si è costituita in giudizio la parte privata, rappresentata e difesa dagli avvocati Enzo Silvestri ed Aldo Tigano, i quali hanno depositato una memoria con cui si chiede il rigetto della questione proposta, assumendo che la norma impugnata ha voluto salvaguardare le posizioni acquisite, ispirandosi ad un principio ormai riconosciuto, specie nel campo del pubblico impiego, e corrispondente ad un valore avente la stessa dignità di quello che sarebbe stato infranto.

Con una ulteriore memoria depositata in prossimità dell'udienza la difesa della parte privata, nell'insistere per il rigetto della questione, osserva in particolare che:

1) non è necessariamente conseguenziale che norme in contrasto con la legge n. 312 del 1980 -che si assuma rispondente a criteri di buona organizzazione- siano anche in contrasto con il principio di buon andamento, attesa l'ampia discrezionalità nella scelta delle soluzioni organizzative riconosciuta al legislatore anche dalla Corte;

2) la norma impugnata interviene, dopo nove anni dalla legge n.312 del 1980, "a convalidare situazioni forse anche irregolari, ma oramai consolidate". In base ad un principio generale dell'azione amministrativa, ispirato al perseguimento del pubblico interesse, il legislatore "ben potrebbe avere razionalmente ritenuto che una massiccia rimozione di provvedimenti di inquadramento da lungo tempo operanti avrebbe rischiato di compromettere gravemente l'assetto organizzativo delle università";

3) lungi dal proporsi di porre nel nulla gli atti negativi di controllo dell'organo contabile, la norma impugnata avrebbe riparato alle difficoltà e divergenze interpretative della legge n. 312 del 1980, in particolare per quanto attiene all'individuazione delle mansioni svolte "di fatto".

Eventuali errori applicativi sarebbero derivati dalla vaghezza dei criteri indicati dalla normativa, che lascerebbe a chi emana i decreti di inquadramento la responsabilità di una scelta difficile e, per certi versi, necessariamente arbitraria.

Considerato in diritto

1.- Con l'ordinanza in epigrafe la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 21 febbraio 1989, n. 63 recante disposizioni per alcune categorie di personale tecnico e amministrativo delle Università.

La disposizione denunciata stabilisce che i provvedimenti di inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei relativi profili professionali di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 settembre 1981, originariamente adottati ai sensi dell'art. 85 della legge 11 luglio 1980, n.312, dispiegano in ogni caso gli effetti giuridici ed economici in conformità a quanto dagli stessi disposto. La stessa disposizione prevede, nel contempo, che eventuali provvedimenti adottati successivamente a quelli originari di inquadramento e in difformità degli stessi restano conseguentemente privi di effetti, fatti salvi in ogni caso i provvedimenti che abbiano già prodotto effetti più favorevoli ai dipendenti.

Il giudice remittente chiama la Corte a stabilire se la disposizione in questione violi l'art. 97, primo comma, della Costituzione, giacchè la conservazione degli effetti di atti amministrativi comportanti l'attribuzione ai dipendenti di livelli e qualifiche funzionali in contrasto con le norme (art. 85 della legge n. 312 del 1980) precedentemente poste, e specificamente destinate a ristrutturare le carriere dei dipendenti delle università secondo criteri di buon andamento, non risponderebbe ad alcun criterio di ragionevolezza ricollegabile all'interesse costituzionalmente protetto dall'invocato parametro.

2.- La questione non è fondata.

Come risulta anche dagli atti parlamentari, la disposizione di cui trattasi si colloca all'esito di una complessa vicenda, quale quella dell'attuazione, nell'ambito delle amministrazioni universitarie, del sistema delle qualifiche funzionali, di cui alla legge n. 312 del 1980, che, proprio per i suoi caratteri profondamente innovativi, non ha mancato di creare difficoltà e divergenze interpretative ed applicative, attesa anche l'enorme mole di provvedimenti che dovevano essere adottati.

Tanto premesso, occorre considerare che il remittente denuncia l'art. 2 della legge 21 febbraio 1989, n.63, assumendone l'irragionevolezza alla luce dell'art. 97 della Costituzione e dell'interesse ivi protetto.

Orbene, come rammenta lo stesso remittente, questa Corte ha altre volte avuto occasione di affermare che, in sede di giudizio sulla legittimità costituzionale delle leggi la violazione dell'art. 97 della Costituzione, sotto il profilo del principio di buon andamento, non può essere lamentata se non quando si assuma l'arbitrarietà o la manifesta irragionevolezza della disciplina impugnata rispetto al fine indicato dal precetto costituzionale.

La norma denunciata si propone di attribuire stabilità agli assetti organizzativi delle strutture amministrative delle università, considerando ormai irreversibili, a distanza di anni, gli effetti dei provvedimenti di inquadramento del personale adottati in applicazione della legge n. 312 del 1980. Con ciò essa rivela l'intento di evitare le conseguenze di caducazioni di provvedimenti in base ai quali è stato, comunque, garantito lo svolgimento della funzione.

A ben vedere, risulta che proprio l'osservanza dell'invocato principio di buon andamento ha determinato il legislatore -secondo un riconosciuto canone- a considerare prevalente, nella ponderazione degli interessi in contrasto, quello del mantenimento di effetti comunque consolidatisi nel tempo, con il sicuro vantaggio di un servizio garantito, rispetto a quello dell'eventuale recupero della pura regolarità formale di provvedimenti, con il rischio di un probabile diffuso disservizio.

Tale valutazione di prevalenza da parte del legislatore -nei limiti della peculiare situazione di specie e delle specifiche connesse ragioni di opportunità- non appare palesemente irragionevole; onde va escluso il lamentato contrasto con l'art. 97 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 21 febbraio 1989, n. 63 (Disposizioni per alcune categorie di personale tecnico e amministrativo delle Università) sollevata, in riferimento all'art. 97, primo comma, della Costituzione, dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/12/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 30/12/94.

 

 

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