Sentenza n. 443 del 1994

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SENTENZA N. 443

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 28, 72, 73 e 75 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, promosso con ordinanza emessa l'8 febbraio 1994 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Savona nel procedimento penale a carico di Porta Giuseppe ed altra, iscritta al n. 262 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1994 il Giudice relatore Renato Granata;

Ritenuto in fatto

1. Nel corso di un procedimento penale nei confronti di Porta Giuseppe e di Fusco Mirella, imputati del delitto di cui agli artt. 110 c.p. e 73, commi 1 e 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 per avere, in concorso fra loro e senza la prescritta autorizzazione, coltivato due piante di canapa indiana, il g.i.p. presso il Tribunale di Savona ha sol levato, con ordinanza dell'8 febbraio 1994, questione incidentale di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 28, 72, 73 e 75 d.P.R. n. 109/90 come modificati a seguito del d.P.R. n. 171/93, per violazione dei principi di parità di trattamento e di ragionevolezza della norma penale incriminatrice, nella parte in cui non escludono la illiceità penale delle condotte di coltivazione o fabbricazione di sostanze stupefacenti o psicotrope univocamente destinate all'uso personale proprio.

Premesso che, a seguito dell'abrogazione referendaria, recepita nel d.P.R. n. 171/93, non è più penalmente perseguibile chiunque "per farne uso personale, illecitamente importa, acquista o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope", ne ha inferito infatti il giudice a quo che sarebbe per ciò appunto ingiustificatamente discriminatoria la permanente punibilità, alla stregua delle norme denunciate, della condotta (assolutamente omogenea) di colui che (come nella specie) dette sostanze coltivi o fabbrichi, sempre per uso esclusivamente personale.

2. Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per eccepire l'infondatezza della questione così sollevata.

Considerato in diritto

La questione di legittimità delle norme incriminatrici della "coltivazione o fabbricazione" di sostanze stupefacenti o psicotrope univocamente destinate all'uso personale (artt. 28, 72, 73 e 75 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) è, come in narrativa detto, prospettata dal giudice a quo, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sotto il duplice profilo della irragionevolezza e della ingiustificata disparità di trattamento rispetto alle omogenee condotte - non più penalmente perseguibili a seguito dell'abrogazione referendaria recepita con d.P.R. 171/93 - di importazione, acquisto o detenzione delle medesime sostanze, per l'identico uso personale.

La stessa autorità rimettente non si è però neppur posta il problema se, proprio alla luce, e nel quadro del riferito ius superveniens, l'operata depenalizzazione della condotta di <<chi ... comunque detiene>> sia già interpretativamente estensibile alle condotte di chi <<coltiva e fabbrica>> (le sostanze in oggetto, per il fine indicato), quale previste dalla normativa denunciata.

E tale radicale omissione della pur doverosa previa verifica della possibilità di una esegesi adeguatrice del dato normativo impugnato costituisce - come già puntualizzato - motivo assorbente di inammissibilità della questione sollevata (cfr. sent. 456/89): a fortiori quando, come nella specie, i primi interventi giurisprudenziali e dottrinali già risultino orientati proprio nel senso della interpretazione conforme al precetto costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 28, 72, 73 e 75 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Savona, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 23/12/94.