Sentenza n. 432 del 1994

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SENTENZA N. 432

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Abruzzo notificato l'11 aprile 1994, depositato in cancelleria il 19 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito: a) del provvedimento adottato con ordinanza del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Pescara del 2 febbraio 1994 (n. 920/92 R.G.N.R. - n. 3417/92 R.G. G.I.P.) nei confronti del sig. Attilio D'Amico, consigliere regionale, per aver concorso alla formazione del disegno di legge regionale recante "Misure urgenti per il settore trasporti locali" di cui alla delibera della Giunta n. 1476/C del 19 marzo 1987; b) di ogni altro atto di tale procedimento penale, compresa la richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pescara del 27 gennaio 1994; c) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 febbraio 1994 con cui il consigliere D'Amico è stato sospeso dalla carica; ricorso iscritto al n. 7 del registro conflitti 1994.

 

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica dell'8 novembre 1994 il Giudice relatore Enzo Cheli;

 

uditi l'Avvocato Carlo Mezzanotte per la Regione Abruzzo e l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con ricorso in data 11 aprile 1994 la Regione Abruzzo ha sollevato conflitto di attribuzione contro il Presidente del Consiglio dei ministri in relazione al provvedimento restrittivo cautelare disposto, ai sensi degli artt. 284 e 285 c.p.p., dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara, con ordinanza del 2 febbraio 1994, nei confronti del consigliere regionale Attilio D'Amico "per aver concorso alla formazione del disegno di legge regionale avente ad oggetto < < Misure urgenti per il settore trasporti locali>> di cui alla delibera di Giunta n.1476/C del 19 marzo 1987", nonchè in relazione ad ogni altro atto del relativo procedimento penale (ivi compresa la richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pescara del 27 gennaio 1994) ed al conseguente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 8 febbraio 1994, che ha disposto per il D'Amico la sospensione dalla carica di consigliere della Regione Abruzzo.

 

La Regione ricorrente espone che il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Pescara ha adottato nei confronti del consigliere regionale D'Amico il provvedimento restrittivo in contestazione sul presupposto che lo stesso D'Amico avesse "preso parte alla fase dell'iniziativa legislativa e concorso alla formazione ed approvazione" del disegno di legge di cui sopra, predisponendo la bozza di delibera relativa ed il prospetto dimostrativo allegato in modo difforme sia dalle disposizioni della legge statale n. 18 del 6 febbraio 1987, sia dallo stesso testo del disegno di legge regionale successivamente approvato: il tutto al fine di consentire ai titolari di concessioni del trasporto pubblico la percezione di contributi indebiti.

 

Secondo la Regione, l'atto adottato dal giudice per le indagini preliminari e tutti gli altri atti in relazione ai quali viene sollevato conflitto verrebbero a violare l'art.122 della Costituzione nonchè il principio secondo il quale l'esercizio delle funzioni legislative, connotando il livello costituzionale dell'autonomia garantita alle Regioni, non può essere sindacato da organi giurisdizionali.

 

Tali atti inciderebbero, infatti, in via diretta, sulla indipendenza politico-legislativa di un organo regionale, e, in via mediata, sulla stessa posizione costituzionale della Regione, così da giustificare l'ammissibilità del conflitto, mentre, nel merito, risulterebbero lesivi della garanzia costituzionale riconosciuta ai consiglieri regionali, in relazione all'esercizio della funzione legislativa, dal quarto comma all'art. 122 della Costituzione. L'organo giudiziario, imputando ad un consigliere regionale, membro della Giunta, di aver concorso alla formazione di una delibera concernente l'approvazione di un disegno di legge regionale, avrebbe, pertanto, leso tale garanzia di indipendenza e di non interferenza da parte del potere giudiziario disposta a tutela della funzione legislativa della Regione.

 

La ricorrente richiama, a questo proposito, la sentenza di questa Corte n.70 del 1985 ove la guarentigia dell'art. 122 Cost., in quanto disposta a difesa della funzione politico- legislativa, è stata riconosciuta operante anche a favore dei consiglieri regionali che, una volta eletti componenti della Giunta, partecipino a questo titolo all'esercizio della funzione legislativa.

 

La ricorrente ribadisce, infine, che l'esercizio del potere di iniziativa legislativa, statutariamente riconosciuto alla Giunta regionale, attiene indefettibilmente al procedimento legislativo ed è, pertanto, tutelato dalla medesima garanzia costituzionale di insindacabilità propria della funzione legislativa, mentre ai fini del conflitto non potrebbe assumere rilievo il fatto che il giudice abbia ipotizzato una difformità fra una legge ed il disegno di legge approvato dalla Giunta regionale.

 

La Regione conclude chiedendo a questa Corte di voler dichiarare "che non spetta allo Stato, e per esso al giudice per l'indagini preliminari del Tribunale di Pescara ed alla Procura della Repubblica presso lo stesso Tribunale, sindacare - ai fini di accertamento di un eventuale responsabilità penale- l'attività di iniziativa legislativa posta in essere dal consigliere regionale D'Amico in relazione al disegno di legge di cui alla delibera di Giunta n. 1476/C del 19 marzo 1987", con il conseguente annullamento di tutti gli atti del procedimento penale e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ha sospeso il D'Amico dalla carica.

 

2. Si è costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, contestando, in primo luogo, l'ammissibilità del conflitto in quanto l'autorità giudiziaria non avrebbe posto in essere atti di impedimento all'esercizio dell'attività legislativa della Regione.

 

Nel merito, l'Avvocatura obbietta che l'intervento del giudice penale sarebbe da ritenersi legittimo in quanto rivolto a sanzionare il comportamento personale di un consigliere regionale sospettato di aver commesso un fatto illecito nell'esercizio della propria attività.

 

Infine, la difesa del resistente ritiene che sia cessata la materia del contendere nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri per effetto della intervenuta revoca del provvedimento di sospensione del consigliere dalla carica, conseguente alla revoca del provvedimento restrittivo da parte dell'autorità giudiziaria.

 

Considerato in diritto

 

1.- Il conflitto sollevato dalla Regione Abruzzo nei confronti dello Stato investe: a) l'ordinanza 2 febbraio 1994 del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Pescara, che ha disposto nei confronti del consigliere regionale Attilio D'Amico la misura della custodia cautelare in relazione al reato di cui all'art. 323 n. 1 cod.pen.; b) tutti gli atti relativi al procedimento penale, ivi compresa la richiesta della Procura della Repubblica di Pescara del 27 gennaio 1994; c) il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 febbraio 1994 che, in conseguenza del provvedimento di cui sub a), ha disposto la sospensione del D'Amico dalla carica di consigliere regionale.

 

Ad avviso della ricorrente tali atti dovrebbero considerarsi lesivi della garanzia costituzionale disposta, a tutela della funzione legislativa affidata ai consiglieri regionali, dall'art. 122, quarto comma, Cost., dal momento che il D'Amico sarebbe stato perseguito dal giudice penale per il fatto di aver concorso, in qualità di componente della Giunta, all'approvazione di un disegno di legge regionale.

 

2. Va preliminarmente presa in esame l'eccezione di inammissibilità del ricorso prospettata dalla difesa statale.

 

Tale eccezione non può essere accolta.

 

Alla luce di una giurisprudenza da tempo consolidata risulta, infatti, acquisito che "l'impiego del conflitto di attribuzione tra Stato e Regione in relazione ad atti del potere giurisdizionale risponde a esigenza di integrazione della tutela dell'autonomia regionale contro tutte le invasività statali", con la conseguenza che il conflitto di attribuzione può ben trarre origine da un atto giurisdizionale se ed in quanto lo stesso sia ritenuto lesivo di una competenza costituzionalmente garantita alla Regione, una volta considerato che "la figura dei conflitti di attribuzione non si restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per sè, ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate all'altro soggetto" (v. sentt. nn. 110 del 1970; 285 del 1990, 99 del 1991). Situazione, questa, che ricorre pienamente in relazione alla domanda prospettata con il ricorso in esame, dove la lesione della sfera di autonomia connessa all'esercizio della funzione legislativa regionale viene fatta derivare dall'asserita indebita interferenza del potere giudiziario nella sfera di autonomia (immunità) riconosciuta dalla Costituzione al consigliere regionale.

 

D'altro canto, non può neppure essere accolta la domanda avanzata sempre dalla difesa statale in ordine alla cessazione della materia del contendere che si sarebbe determinata in relazione al provvedimento di sospensione dalla carica del consigliere D'Amico adottato dal Presidente del Consiglio dei ministri in data 8 febbraio 1994.

 

É vero che tale provvedimento, con successivo atto in data 25 febbraio 1994, è stato revocato, ma è anche vero che la sospensione - sia pure per un tempo limitato- ha potuto in concreto operare e produrre effetti suscettibili di permanere anche al di là della revoca, preservando, di conseguenza, l'interesse della Regione alla domanda formulata nel ricorso.

 

3.- Nel merito, il ricorso non è fondato.

 

Ad avviso della Regione Abruzzo il provvedimento di custodia cautelare adottato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara nei confronti del D'Amico avrebbe inciso nella sfera delle attribuzioni regionali attraverso la lesione della particolare immunità garantita ai consiglieri regionali dall'art.122, quarto comma, Cost., in base al quale gli stessi "non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni".

 

In proposito, va rilevato che la ricorrente fonda la propria doglianza su due premesse, l'una riferita alla sfera di applicazione della norma costituzionale invocata, l'altra alla qualificazione del fatto in concreto perseguito dal giudice penale.

 

La Regione ritiene, infatti: a) che la speciale guarentigia sanzionata dall'art. 122, quarto comma, Cost., in quanto posta a tutela dell'indipendenza della funzione politico-legislativa regionale, debba valere anche a favore dei consiglieri membri della Giunta regionale, quando quest'organo venga a esercitare il proprio potere statutario di iniziativa legislativa; b) che il giudice penale abbia, nella specie, invaso la sfera coperta da tale guarentigia per il fatto di aver perseguito un consigliere regionale, membro della Giunta, in relazione alla formazione ed approvazione di un disegno di legge regionale d'iniziativa della stessa Giunta, cioè in relazione ad una attività identificabile con l'esercizio della funzione legislativa.

 

La prima di tali premesse va condivisa alla luce del più recente indirizzo espresso in materia dalla giurisprudenza costituzionale. Questa Corte, con la sentenza n. 70 del 1985 - modificando l'avviso in precedenza espresso nella sent. n. 81 del 1975 - ha avuto, infatti, modo di precisare che la speciale immunità sanzionata dal quarto comma dell'art.122 Cost. è destinata a coprire le attività sia dei consiglieri regionali sia del Presidente e dei membri della Giunta regionale, "eletti, questi ultimi, tra i consiglieri regionali e tutti partecipanti, ad uguale titolo, all'esercizio della funzione legislativa". E questo in relazione al fatto che tale immunità "non intende certo assicurare una posizione di privilegio per i consiglieri regionali, ma preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia costituzionalmente riservata al Consiglio regionale".

 

Tale indirizzo va confermato, - atteso lo speciale rapporto di compenetrazione tra Giunta e Consiglio delineato dalla Costituzione (art.121, terzo comma,) - con riferimento al potere di iniziativa legislativa attribuito alla Giunta dalla stessa Costituzione e dallo Statuto regionale (art. 123, primo comma, Cost. e art. 49 dello Statuto della Regione Abruzzo).

 

Non può essere, invece, condivisa, alla luce dei fatti dedotti e documentati negli atti di causa, la seconda premessa.

 

Il fatto è che il consigliere D'Amico - nonostante la dizione impropriamente adottata nella richiesta della Procura della Repubblica di Pescara del 27 gennaio 1994 - non è stato perseguito dal giudice penale per aver concorso, in qualità di membro della Giunta, alla formazione ed all'approvazione di un disegno di legge regionale (delibera di Giunta n. 1476/C del 19 marzo 1987), bensì per comportamenti tenuti anteriormente all'avvio del procedimento legislativo e concretatisi in attività che il giudice penale assume essere state realizzate, in concorso con soggetti non partecipi di tale procedimento (quali il dirigente del settore trasporti della Regione ed il legale investito della cura degli interessi dell'A.N.A.C.), al fine di consentire la percezione di contributi illeciti da parte di alcune imprese concessionarie. Dal che la contestazione del reato di cui all'art. 323 n. 1 cod. pen., che non si riferisce al fatto di aver approvato il disegno di legge regionale, bensì al fatto di aver precostituito, in concorso con soggetti non legittimati all'esercizio del potere legislativo, le condizioni per attribuire ad alcune imprese indebiti vantaggi a danno delle finanze regionali.

 

La diversità dei fatti contestati rispetto agli atti del procedimento legislativo risulta, d'altro canto, confermata dal rilievo che l'azione penale è stata attivata soltanto nei confronti del D'Amico (e degli altri soggetti non investiti di potere legislativo, ritenuti concorrenti nel reato), mentre nulla è stato contestato nei confronti degli altri componenti della Giunta, che pure hanno concorso all'approvazione del disegno di legge in questione.

 

I comportamenti per cui il D'Amico è stato perseguito e sottoposto a misura cautelare, in quanto anteriori e differenziati da quelli specificamente inerenti all'approvazione del disegno di legge regionale da parte della Giunta, non possono, dunque, inquadrarsi nell'esercizio della funzione legislativa regionale nè ritenersi coperti dalla speciale immunità di cui all'art. 122, quarto comma, della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara che spetta allo Stato - e per esso al giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Pescara, al Procuratore della Repubblica di Pescara ed al Presidente del Consiglio dei ministri - adottare nei confronti del consigliere regionale Attilio D'Amico i provvedimenti in relazione ai quali è stato sollevato il conflitto di cui in epigrafe, provvedimenti diretti a perseguire comportamenti tenuti dal D'Amico anteriormente all'avvio del procedimento legislativo di cui alla delibera della Giunta della Regione Abruzzo n. 1476/C del 19 marzo 1987.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/12/94.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Enzo CHELI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 20/12/94.