Sentenza n.393 del 1994

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SENTENZA N. 393

ANNO 1994

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 287 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 5 luglio 1993 dal Presidente del Tribunale di Firenze sul ricorso proposto dalla Backs Records Ltd contro la s.r.l. Contempo International, iscritta al n.181 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1994 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto in fatto

1. Nel corso di un procedimento per la correzione di errore materiale relativo a decreto ingiuntivo erroneamente emesso nei confronti di una parte (estranea alla domanda), il Presidente del Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa il 5 luglio 1993, ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 287 del codice di procedura civile.

Il giudice a quo, premesso che avverso il decreto in argomento è stata proposta tempestiva opposizione dalla parte erroneamente intimata, impugna la norma nella parte in cui non prevede l'esperibilità del procedimento di correzione di errore materiale avverso il decreto ingiuntivo. Tali provvedimenti, se "non opposti", risulterebbero "incorreggibili iniquamente... senza che espressamente debbano dal giudice dell'opposizione essere corretti gli errori materiali di quelli opposti".

La questione viene ritenuta rilevante sotto il duplice profilo della necessaria reiezione del ricorso - in quanto non previsto - e del rapporto tra procedimento di correzione e giudizio di opposizione.

A sostegno della prospettazione si osserva infine come la norma censurata sia restata immutata anche con la recente riforma del processo civile e come sia agevole prevedere un incremento, per il futuro, del rito monitorio.

2. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato preliminarmente eccependo l'inammissibilità della questione per difetto di rilevanza.

Osserva al riguardo l'Avvocatura che il decreto de quo è stato tempestivamente opposto, sì che, volendosi stabilire un'analogia con le sentenze, tale impugnazione equivale all'appello ai fini della norma impugnata, che, appunto, esclude la correzione delle sentenze appellate.

Nel merito l'Autorità intervenuta sostiene la non fondatezza della questione, ribadendo che, nel caso di opposizione, è in sede di gravame che le parti debbono far valere gli errori che darebbero luogo al procedimento di correzione. Inoltre nel caso de quo non sarebbe configurabile "un errore estrinseco emendabile con la semplice correzione", trattandosi di un provvedimento diretto contro un soggetto anzichè contro un altro, nè la parte erroneamente intimata "potrebbe essere privata attraverso un uso tardivo (se non improprio) del procedimento di correzione delle aspettative che gli derivano dal fatto di essere stata costretta a reagire ad una situazione lesiva".

Considerato in diritto

1. Il giudice a quo sospetta d'illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, l'art. 287 del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede la possibilità di correzione del decreto ingiuntivo.

2. La questione è inammissibile.

L'art. 287 del codice di procedura civile, mentre menziona le <sentenze contro le quali non sia stato proposto appello e le ordinanze non revocabili>, tace in ordine alla intera categoria dei decreti; nè si rinviene altra norma che contempli la possibilità di assoggettare i decreti ingiuntivi al procedimento di correzione degli errori materiali e delle omissioni.

Il Giudice remittente non si è posto il problema se trattasi, in proposito, di una lacuna tecnica, colmabile per autointegrazione dell'ordinamento giuridico à sensi dell'art.12, secondo comma, delle disposizioni sulla legge in generale, stante l'agevole equiparabilità di detti decreti alle sentenze di condanna per via della loro idoneità a conseguire l'efficacia materiale propria della regiudicata ove non tempestivamente opposti (una sorta di pro judicato). Ha invece denunziato la norma a questa Corte per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, pur dopo aver dato atto che nella specie il decreto ingiuntivo era stato opposto e pur considerando <che è già comunque evidente nel giudizio d'opposizione una forma d'impugnazione del condannato>.

Ora, sono appunto questi due dati che rendono priva di qualsiasi rilevanza nel procedimento a quo la sollevata questione. É chiaro infatti che, quand'anche l'indicata lacuna venisse colmata attraverso la richiesta decisione additiva di questa Corte, i decreti ingiuntivi ricadrebbero pur sempre sotto l'uniforme disciplina cui l'art. 287 del codice di procedura civile assoggetta espressa mente le sentenze e le ordinanze. Disciplina, a stregua della quale il potere di correzione deve considerarsi assorbito in quello di decisione sul riesame, in virtù del carattere interamente sostitutivo di questa (sia essa la sentenza di appello o, a maggior ragione, la sentenza sull'opposizione al decreto ingiuntivo) rispetto al provvedimento del quale si chiede la correzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 287 del codice di procedura civile, sollevata in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Presidente del Tribunale di Firenze con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10/11/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 17 Novembre 1994.