Sentenza n. 383 del 1994

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SENTENZA N. 383

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 3, del D. Lgs. 10 novembre 1993 n. 470 (Disposizioni correttive del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29, recante razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego), promossi con ricorsi della Regione autonoma Friuli- Venezia Giulia e delle Province autonome di Bolzano e Trento, notificati il 22 e 23 dicembre 1993, depositati in cancelleria il 24, 28 e 29 dicembre 1993 ed iscritti ai nn. 79, 80 e 82 del registro ricorsi 1993.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 ottobre 1994 il Giudice relatore Enzo Cheli;

uditi gli Avvocati Renato Fusco per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano, Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e l'Avvocato dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. Con ricorso del 20 dicembre 1993 (n. 80/93) la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, terzo comma; 4, primo comma; 8, primo comma, nn.1 e 19; 16, primo comma; 107 dello statuto speciale per la Regione Trentino- Alto Adige e relative norme di attuazione; 2, primo comma, del D.Lgs. n. 266 del 1992 e 76 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del nuovo testo dell'art. 13, terzo comma, del D.Lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 3 del D.Lgs n. 470 del 1993 (Disposizioni correttive del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, recante razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego).

La disposizione impugnata stabilisce che "le Regioni a statuto ordinario, quelle a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano "provvedono ad adeguare i propri ordinamenti ai principi del presente capo" (cioé del capo II del titolo II del D. Lgs. n. 29 del 1993, dove si è stabilita la nuova disciplina della dirigenza).

Secondo la Provincia, la formulazione della norma impugnata sarebbe tale da far ritenere che il legislatore delegato abbia inteso introdurre un obbligo di adeguamento "particolare ed ulteriore" rispetto a quello previsto, in sede di norme di attuazione dello statuto speciale, dall'art. 2 del D.Lgs n. 266 - che ha disciplinato il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali - mediante una disposizione derogatoria del regime ordinario di tale rapporto e del relativo contenzioso costituzionale. Per questa ragione la Provincia afferma che, pur considerando esaustiva ed inderogabile la disciplina stabilita dall'art. 2 del D.Lgs n. 266, ha ritenuto necessario proporre in via cautelare il presente ricorso.

Dopo aver richiamato le proprie competenze esclusive in materia di ordinamento degli uffici e del relativo personale, la Provincia rileva che sia l'art. 2 della legge di delegazione n. 421 del 1992, sia il successivo decreto delegato n. 29 del 1993, hanno rispettato tali competenze.

Infatti, l'art. 2, secondo comma, della legge ha stabilito che le disposizioni contenute in tale articolo nonchè quelle espresse nei decreti legislativi da emanare costituiscono "principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione", diretti, quindi, a vincolare le Regioni ordinarie, mentre le Regioni speciali e le Province autonome sono tenute soltanto al rispetto dei principi "desumibili" dalle disposizioni dello stesso articolo in quanto "norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica". A sua volta, il successivo decreto n. 29 del 1993, all'art. 1, terzo comma, richiamando il contenuto dell'art. 2, secondo comma, della legge n. 421, ha ribadito che il vincolo per le Province autonome è costituito solo dai principi desumibili da detto articolo e non da altre disposizioni stabilite dal legislatore delegato.

La nuova formulazione dell'art. 13, terzo comma, del D.Lgs n. 29, introdotta dall'art. 3 del D. Lgs. n. 470 del 1993, pretenderebbe, invece, vincolare la legislazione provinciale di tipo esclusivo ai principi stabiliti dal decreto delegato in tema di disciplina della dirigenza, e cioè a norme che, secondo lo stesso decreto n. 29 (art. 1, terzo comma), sarebbero in grado di vincolare solo la competenza legislativa concorrente delle Regioni ordinarie. In altri termini, la norma impugnata, imponendo alle Province autonome un obbligo di adeguamento dei propri ordinamenti nei riguardi di tutti i "principi" ricavabili dal capo II del titolo II del D.Lgs n.29, equiparerebbe la competenza esclusiva della Provincia autonoma a quella concorrente delle Regioni ordinarie, in violazione degli artt.4 e 8 dello statuto speciale e, contestualmente, dell'art. 76 della Costituzione, dal momento che l'art. 2 della legge di delegazione n.421 del 1992 stabiliva che le sole norme suscettibili di vincolare le Regioni speciali e le Province autonome fossero costituite dai principi desumibili dal medesimo art. 2.

Sotto diverso profilo, la Provincia impugna il nuovo testo dell'art. 13 del D.Lgs n. 29 per contrasto con l'art. 2 del D.Lgs n. 266 del 1992 e con l'art. 107 dello statuto. Dopo aver richiamato i contenuti della speciale procedura per l'adeguamento della legislazione provinciale a quella statale prevista dall'art. 2 del D.Lgs. n. 266, nel ricorso si osserva che la norma impugnata modifica tale procedura, stabilendo per la Provincia l'ulteriore obbligo di adeguare la propria legislazione esclusiva anche ai principi fondamentali di cui all'art.117 Cost.: e questo in violazione della costante giurisprudenza della Corte, che ha affermato che le norme di attuazione degli statuti speciali non sono derogabili da una legge ordinaria ma solo da disposizioni approvate mediante il procedimento previsto dall'art. 107 dello statuto speciale.

La Provincia sostiene inoltre, in via subordinata, che in ogni caso la disciplina contenuta nel capo II del titolo II del D.Lgs n. 29 non potrebbe essere assimilata alle norme fondamentali di riforma economico-sociale, dal momento che le norme sulla dirigenza contenute negli artt. 13 e ss. del D.Lgs.n. 29 difetterebbero di quei caratteri di innoatività nell'ambito della vita economico-sociale e di tutela di un interesse unitario dello Stato, che caratterizzano le norme in questione.

2. Anche la Provincia autonoma di Trento ha impugnato, con ricorso del 22 dicembre 1993 (n. 82/93), in riferimento agli artt. 4, 8, nn. 1 e 16 dello statuto speciale, nonchè dell'art. 76 della Costituzione, l'art.13, terzo comma, del D. Lgs n. 29 del 1993, nel nuovo testo introdotto dall'art. 3 del D.Lgs n. 470 del 1993.

La Provincia, richiamando la propria competenza legislativa primaria in materia di ordinamento del personale, osserva che per giustificare un obbligo di adeguamento dell'ordinamento provinciale nei riguardi di tutti i principi sulla dirigenza contenuti nel capo II titolo II del D.Lgs n.29 occorrerebbe ipotizzare che i principi in questione si configurino come norme fondamentali di riforma economico- sociale. Questa ipotesi sarebbe peraltro smentita, secondo la ricorrente, dallo stesso testo della norma impugnata, dal momento che l'equiparazione delle Regioni ordinarie con quelle speciali e con le Province autonome comporta che le seconde siano soggette agli stessi limiti derivanti dai "principi fondamentali" che vincolano le prime, in tal modo negandosi la distinzione tra competenza primaria e competenza concorrente.

Anche la Provincia di Trento ribadisce che il D.Lgs n. 470 del 1993, come il decreto n. 29, non poteva legittimamente porre nuove norme di riforma economico-sociale, dal momento che l'oggetto e i criteri della delega previsti dall'art. 2 della legge n. 421 precludevano tale potere al legislatore delegato. A conferma di tale conclusione si osserva che il legislatore delegante aveva già identificato, all'art. 2 della legge n. 421, le sole disposizioni da cui devono dedursi le norme di riforma economico-sociale vincolanti per le Regioni speciali e le Province autonome, mentre le disposizioni degli artt. da 14 a 29 del decreto n. 29, nel nuovo come nel vecchio testo, per il loro carattere specifico e di dettaglio, non potrebbero costituire norme fondamentali di riforma economico-sociale.

3. Infine, anche la Regione Friuli-Venezia Giulia, con ricorso del 22 dicembre 1993 (n. 79/93), ha impugnato, in riferimento all'art. 4, n. 1 dello statuto speciale e all'art.76 della Costituzione, l'art. 3, terzo comma, del D.Lgs. n.470 del 1993. La Regione, con argomentazioni analoghe a quelle espresse nei precedenti ricorsi delle due Province autonome, contesta la violazione della propria competenza esclusiva in materia di ordinamento del personale e dei principi di cui all'art. 2 della legge di delegazione n.421 del 1992.

4. In tutti i giudizi ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che le questioni sollevate siano dichiarate inammissibili e infondate.

In prossimità dell'udienza di discussione l'Avvocatura dello Stato ha presentato due memorie. In esse si eccepisce, in primo luogo, l'inammissibilità dei ricorsi per sopravvenuto difetto di interesse, in relazione alla pubblicazione del D. Lgs. n. 546 del 23 dicembre 1993 recante "ulteriori modifiche" al D.Lgs. n. 29 del 1993. A giudizio dell'Avvocatura, quest'ultimo decreto legislativo, pur senza modificare la norma impugnata, verrebbe a incidere profondamente sui principi relativi alla dirigenza richiamati dall'art. 3 del D.Lgs. n. 470 del 1993, determinando, di conseguenza, una sopravvenuta inammissibilità dei ricorsi.

Nel merito, l'Avvocatura osserva che la norma impugnata non intenderebbe collocare su un medesimo piano di rilevanza costituzionale le Regioni a statuto speciale, le Province autonome e le Regioni a statuto ordinario, ma si limiterebbe a richiamare tutti i diversi soggetti autonomi alla necessità di adeguare i propri ordinamenti alla nuova normativa, ciascuno nel rispetto delle proprie prerogative. In particolare, la proiezione della norma sugli ordinamenti delle ricorrenti sarebbe espressamente circoscritta al solo rispetto dei "principi", da intendersi come gli stessi principi di cui al secondo comma dell'art. 2 della legge n.421 del 1992.

L'Avvocatura richiama, infine, la sentenza n. 359 del 1993 con la quale questa Corte, pronunciandosi sui ricorsi contro la legge n. 421 ed il D.Lgs. n. 29, ha riconosciuto il potere dello Stato di formulare, in sede di riassetto della funzione dirigenziale, principi suscettibili di vincolare la sfera regionale.

5. Anche le due Province autonome hanno presentato memoria per confutare le eccezioni prospettate dall'Avvocatura e insistere nelle tesi enunciate nei ricorsi.

In particolare, le Province rilevano che il sopravvenuto decreto n. 546 del 1993 non reca alcuna modificazione alla specifica norma impugnata e che, pertanto, esso non sarebbe tale da influire sul presente giudizio nè sull'interesse delle ricorrenti allo stesso. Il giudizio verterebbe, infatti, non tanto sul contenuto della disciplina, quanto sulla pretesa statale di imporre alle Province un obbligo di adeguamento alle disposizioni del D. Lgs. n. 29 del 1993, che non potrebbero comunque costituire norme fondamentali di riforma economico-sociale.

Considerato in diritto

1. I ricorsi proposti dalle Province autonome di Trento e di Bolzano e dalla Regione Friuli-Venezia Giulia impugnano la stessa disposizione legislativa con riferimento a profili sostanzialmente analoghi.

I giudizi relativi vanno, pertanto, riuniti per essere decisi con la stessa pronuncia.

2. L'art. 2 della legge 21 ottobre 1993, n. 421, ha delegato il Governo ad emanare "uno o più decreti legislativi, diretti al contenimento, alla razionalizzazione ed al controllo della spesa per il settore del pubblico impiego, al miglioramento dell'efficenza e della produttività, nonchè alla sua riorganizzazione", stabilendo i criteri direttivi, alcuni dei quali specificamente riferiti al settore della dirigenza (lett. f e g).

Lo stesso art. 2, al secondo comma, ha statuito testualmente che "le disposizioni del presente articolo e dei decreti legislativi in esso previsti costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione", mentre "i principi desumibili dalle disposizioni del presente articolo costituiscono altresì per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica".

In attuazione di tale delega è stato emanato il D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 che, al capo II del titolo II, ha formulato un'ampia disciplina della dirigenza.

Il D. Lgs. n. 29 del 1993, all'art. 1, terzo comma, ha, tra l'altro, confermato la disposizione già posta nell'art.2, secondo comma, della legge n. 421 del 1992, riconoscendo, da un lato, il valore di principi fondamentali, suscettibili di vincolare le Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'art.117 della Costituzione, a tutte le disposizioni formulate nello stesso D. Lgs. n. 29 e, dall'altro, la natura di norme fondamentali di riforma economico-sociale, in grado di vincolare le Regioni speciali e le Province autonome, soltanto ai principi desumibili dall'art. 2 della legge di delegazione n. 421 del 1992.

Ma, successivamente, il Governo, con il D. Lgs. 10 novembre 1993, n. 470, ha adottato - ai sensi dell'art. 2, quinto comma, della legge n. 421 del 1992 - alcune disposizioni correttive del D. Lgs. n.29, sostituendo l'originario testo dell'art. 13 dello stesso decreto - concernente l'individuazione delle amministrazioni destinatarie della disciplina sulla dirigenza - con un nuovo testo, dove si è stabilito, al terzo comma, che "le Regioni a statuto ordinario, quelle a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i propri ordinamenti ai principi del presente capo" (cioé del capo II del titolo II dello stesso decreto legislativo n.29).

Questa disposizione viene impugnata con i ricorsi in esame in quanto ritenuta lesiva: a) della competenza legislativa esclusiva spettante alle Province autonome di Trento e di Bolzano ed alla Regione Friuli-Venezia Giulia in tema di pubblico impiego, per avere la norma in questione indebita mente equiparato gli enti ricorrenti alle Regioni ordinarie e conferito il carattere di norme di riforma economico-sociale a disposizioni di dettaglio; b) dell'art. 76 della Costituzione, per avere la norma stessa violato i criteri direttivi della delega legislativa espressi nell'art. 2, secondo comma, della legge n. 421 del 1992.

La Provincia di Bolzano contesta altresì la violazione dell'art. 2, primo comma, del D. Lgs. 16 marzo 1992, n. 266 e dell'art. 107 dello statuto speciale, per avere la disposizione impugnata, dotata del valore di legge ordinaria, derogato alla disciplina posta mediante norme di attuazione in tema di adeguamento della legislazione provinciale alla legislazione statale.

3. Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa dello Stato con riferimento al D. Lgs. n. 546 del 23 dicembre 1993, che, nel porre "ulteriori modifiche" al D. Lgs. n.29 del 1993, avrebbe determinato, per il suo contenuto fortemente innovativo, una carenza di interesse rispetto ai ricorsi proposti avverso l'art. 3 del precedente D. Lgs. n. 470 del 10 novembre 1993.

L'eccezione non può essere accolta.

In proposito basti solo osservare che il D. Lgs. n. 546 del 1993 non ha introdotto alcuna innovazione, nè formale nè sostanziale, suscettibile di incidere sulla disposizione impugnata o di modificarne gli effetti.

Nè il carattere innovativo dei principi in tema di dirigenza introdotti con il D. Lgs. n. 546 rispetto a quelli in precedenza formulati sia nel D.Lgs. n. 29 che nel D. Lgs. n. 470 può assumere rilievo, dal momento che, nella specie, la controversia viene a investire non tanto il contenuto di tali principi quanto l'obbligo di adeguamento imposto dalla norma impugnata nei con fronti sia delle Regioni a statuto speciale che delle Province autonome, determinando, di conseguenza, un livellamento nella posizione di tali enti rispetto a quella delle Regioni ordinarie.

4. Nel merito i ricorsi sono fondati.

La modifica del terzo comma dell'art. 13 del D. Lgs. n. 29 del 1993 introdotta con l'art. 3 del D. Lgs. n. 470 del 1993 è incorsa nella violazione di uno dei principi espressi nella legge di delegazione, quale quello formulato nel secondo comma dell'art. 2 della legge n. 421 del 1992.

Con quest'ultima disposizione, infatti, la posizione delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome - con riferimento ai vincoli derivanti dalla nuova disciplina in tema di pubblico impiego - è stata differenziata da quella delle Regioni a statuto ordinario, nel senso che, mentre nei confronti delle prime il carattere di "norme fondamentali di riforma economico-sociale" suscettibili di vincolare la competenza primaria di tali enti è stato attribuito soltanto ai principi desumibili dall'art. 2 della legge di delegazione, nei confronti delle seconde operano, invece, come "principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione" sia le disposizioni contenute nello stesso art.

2 della legge di delegazione sia quelle espresse nelle conseguenti leggi delegate. Distinzione, questa, attraverso cui si è inteso palesemente preservare il carattere esclusivo della competenza riconosciuta dagli statuti alle Regioni speciali ed alle Province autonome in tema di ordinamento degli uffici e del personale ad essi addetto.

Ma l'art. 3 del D. Lgs. n. 470 del 1993, nel sostituire il terzo comma dell'art. 13 del D. Lgs. n. 29 del 1993, ha cancellato tale distinzione imponendo, in tema di dirigenza, sia alle Regioni a statuto ordinario sia alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome l'identico obbligo di adeguare i propri ordinamenti ai principi desumibili dal capo II del titolo II del D. Lgs. n. 29. Con tale innovazione il vincolo di adeguamento imposto alle Regioni speciali ed alle Province autonome è stato, pertanto, aggravato, con una estensione del parametro dai principi desumibili dalla sola legge di delegazione anche ai principi, più dettagliati, desumibili dalla legge delegata: e questo in violazione del principio fissato in sede di delegazione dall'art. 2, secondo comma, della legge n. 421, al cui rispetto il legislatore delegato era tenuto anche in sede di adozione delle disposizioni correttive di cui al quinto comma dello stesso articolo. Dal che la conseguente violazione dell'art. 76 della Costituzione.

L'eccesso di delega in cui è incorso il legislatore delegato non può, d'altro canto, non riflettersi anche in una lesione delle competenze spettanti, in tema di disciplina del pubblico impiego, sia alla Regione Friuli-Venezia Giulia, ai sensi dell'art. 4, primo comma, n. 1 dello statuto speciale di tale Regione (L. cost. 31 gennaio 1963, n. 1), sia alle Province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'art. 8, primo comma, n. 1 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670).

L'art. 3 del D. Lgs. 10 novembre 1993, n. 470, nella parte in cui ha sostituito l'art. 13, terzo comma, del D. Lgs. 3 febbraio 1993, n.29, va, pertanto, dichiarato incostituzionale.

Restano assorbiti gli altri profili di censura enunciati nei ricorsi.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 del D.Lgs. 10 novembre 1993, n. 470 (Disposizioni correttive del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, recante razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego), nella parte in cui ha sostituito il terzo comma dell'art. 13, del D. Lgs. 3 febbraio 1993, n.29.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/10/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 07/11/94.